Alberto Somekh
In vista della prossima festività di Sukkòt sono in circolazione in alcune Comunità italiane cedri israeliani con l’etichetta “Otzàr Bet Din”. Di cosa si tratta? Come è noto l’anno 5768 appena trascorso è stato un Anno Sabbatico (shenàt shemittah): in esso erano in vigore restrizioni halakhiche per quanto riguarda i lavori e i prodotti agricoli in Eretz Israel, come prescrive la Torah in Wayqrà, cap. 25. Contrariamente a quanto molti credono, i frutti dell’Anno Sabbatico non sono affatto proibiti, ma sono invece dotati di una qedushah particolare. La Torah dice infatti: “E lo Shabbat della terra sarà per voi affinché ve ne cibiate (le-okhlah)” (v. 6) e si interpreta questo versetto come una vera e propria Mitzwah. Nello stesso tempo, la Torah vuole insegnarci che la qedushah di questi frutti esige da noi che ci asteniamo dal farne commercio (le-okhlah we-lò li-skhorah) e dal danneggiarli o sprecarne in alcun modo (le-okhlah we-lò le-hefsèd – Mishnah Shevi’it 8, 1 segg.; ‘Avodah Zarah 62a).
Per evitare di infrangere le numerose restrizioni prescritte durante l’Anno Sabbatico, in Eretz Israel si istituisce l’Otzar Bet Din (lett. “deposito del Tribunale Rabbinico”). Tramite un documento scritto gli agricoltori che osservano l’Anno Sabbatico mettono a disposizione del Rabbinato i loro depositi di frutta con l’intesa di rimanere come lavoranti al servizio del Rabbinato stesso. Il ricavato dagli acquirenti non sarà a titolo di pagamento della frutta medesima, bensì ricompensa del lavoro fisico eseguito dai lavoranti.
Questi frutti sono dotati di qedushat shevi’it (“sacralità del Settimo Anno”) e restano soggetti a tutte le caratteristiche e restrizioni connesse anche una volta terminato l’Anno Sabbatico. Benché a priori non sia permesso portare questi frutti fuori da Israel (Mishnah Shevi’it 6,5; Maimonide, Hil. Shemittah we-Yovèl 5,13), una volta avvenuta l’esportazione essi possono essere mangiati, mantenendo la loro qedushah. Nel caso degli etroghim di Sukkòt, per certi aspetti il fatto che abbiano qedushat Shevi’it costituisce hiddùr (un elemento in più alla Mitzwah) e si esce d’obbligo con essi dalla Mitzwah anche fuori da Israel (Chazòn Ish 10,6).
Tuttavia essi devono essere trattati con cura particolare prima, durante e dopo Sukkòt. Secondo alcuni, occorre fare attenzione a non strofinarli eccessivamente, perché ciò potrebbe provocare un danno (Sukkah 35b). Terminata la festa possono essere mangiati, stando attenti a non buttarne gli scarti direttamente in pattumiera: questi dovranno essere avvolti preventivamente in un sacchetto di plastica. In alternativa possono essere dedicati come rèach tov per la Havdalah del Sabato Sera (in base al principio: “dal momento che sono stati impiegati per una Mitzwah, impieghiamoli per un’altra Mitzwah”) finché non si consumano naturalmente. Dopo che avranno mutato aspetto potranno essere gettati. Chi invece non intende impiegarli in nessun modo al termine di Sukkòt farà bene a consegnarli al Rabbino.
Con i migliori auguri di Mo’adim le-Simchah.