Il 17 febbraio del 1600 l’ambasciatore francese si lamentò dell’odore di carne umana bruciata che dalla vicina Piazza Campo de’ Fiori arrivava fin su le finestre della sua sede a Piazza Farnese. Che un eretico fosse messo al rogo dal Sant’Uffizio non era così grave, ma che almeno lo facessero un po’ più lontano da casa sua! Se l’odore si percepiva, non si sentivano invece le grida di Giordano Bruno, cui era stato messo un bavaglio sulla bocca per paura che proferisse bestemmie e ingiurie. A ricordo del rogo, nel 1889 fu eretta nella piazza una statua di bronzo, suscitando forti proteste da parte della Chiesa.
Non c’è romano che non abbia visto almeno una volta la statua di Giordano Bruno; non tutti però hanno forse notato che sul piedistallo della statua sono affissi dei medaglioni di bronzo con le effigi di otto altri personaggi condannati per eresia (alcuni a morte): Michele Serveto, un medico e teologo spagnolo, che fu perseguitato sia dai cattolici che dai protestanti per le sue idee eretiche sul concetto di trinità e venne alla fine processato e arso vivo nel 1553 dai calvinisti di Ginevra con i suoi scritti appesi al collo; Tommaso Campanella, che passò ben 27 anni della sua vita fra un carcere e l’altro, accusato d’eresia, pratiche demoniche e cospirazione, salvandosi dalla pena capitale solo perché si finse pazzo; Pietro Ramo, assassinato da un sicario cattolico a Parigi nella tragica notte di S. Bartolomeo nel 1572; Aonio Paleario, condannato dal tribunale dell’inquisizione come eretico, impiccato nel 1570 (il suo cadavere fu bruciato davanti a ponte Sant’Angelo, sul Lungotevere di Roma); Lucilio (Giulio Cesare) Vanini, arso sul rogo a Tolosa nel 1619 per ateismo e bestemmie, dopo essergli stata tagliata la lingua ed essere stato strangolato; Paolo Sarpi, morto a Venezia nel 1623, denunciato più volte al tribunale del Sant’Uffizio (fra l’altro anche per sospetti legami con ebrei veneziani), subendo diversi attentati; il ceco Jan Hus, arso sul rogo nel 1415 a Costanza (Germania) per eresia contro la chiesa cattolica; e infine John Wycliffe, teologo inglese dissidente, morto nel 1384 e dichiarato eretico dal Consiglio di Costanza nel 1415, il che portò nel 1428 all’esumazione del cadavere e al rogo dei suoi resti (e dei suoi libri).
Poco lontano dalla statua di Giordano Bruno, sul lastricato della piazza, da qualche mese è presente una lapide che ricorda un altro rogo, quello del Talmud messo in atto il 9 settembre 1553. Bruciare un uomo è certamente più grave che bruciare un libro. Nel Talmud stesso è scritto che, quando i romani misero al rogo Rabbi Chaninà ben Teradion avvolto nella pergamena del Sefer Torah, il libro bruciava (insieme al corpo del rabbino), ma le lettere salivano inalterate in alto. E infatti sono arrivate fino a noi. Anche lo studio del Talmud, nonostante i roghi in tutta Europa, è più vivo che mai, tanto vivo che una sua traduzione (in qualsiasi lingua, italiano incluso) non è affatto inutile né impossibile.
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