Yosef Tiles
Ki mi Bologna tetzè Torah u-mi-Chevrat ha-nizharim dvar Ad-onai
Il titolo costituisce una frase presa dagli statuti di una confraternita religiosa sorta a Bologna nella prima metà del Cinquecento, chiamata Confraternita dei Nizharim. In questa frase, parafrasando il noto versetto di Isaia, si fa allusione al fatto che da Bologna nel 1482 era uscita per la prima volta dai torchi della tipografia di Yosef Caravita la Torah, e che da questa confraternita uscirà il messaggio della Bibbia. Bologna e Gerusalemme sono in questo modo legate da un vincolo profondo.
Il 12 dicembre 1999 è stata inaugurata a Gerusalemme una mostra sui frammenti di manoscritti ebraici medievali trovati e recuperati in Italia nelle legature di registri d’archivio, specialmente nella regione Emilia Romagna. Titolo della mostra è “Frammenti dalla Genizah italiana”. Essa è anche accompagnata da un video intitolato Da Bologna a Gerusalemme. Nello stesso giorno è stato celebrato presso l’Università Ebraica, nel campus del Monte Scopus, un convegno internazionale sulle nuove scoperte fatte nella cosiddetta “Genizah europea”, in particolare a Girona in Catalogna.
Questo evento è stato organizzato in Israele dal Professor Mauro Perani , docente di lingua e letteratura ebraica presso l’Università di Bologna, segretario dell’Associazione Italiana per lo Studio del Giudaismo (AISG), nonchè membro dell’Associazione Biblica Italiana, della European Association for Jewish Studies e direttore dello “Hebrew Fragments in Italy Project”.
Alla vigilia dell’inaugurazione abbiamo intervistato il Prof. Perani.
Il prof. Perani è nato in provincia di Mantova nel 1949.
Nel 1975 ha conseguito presso l’Università di Bologna la prima laurea in filosofia con una tesi su : La concezione ebraica del tempo nella riflessione storiografica moderna, con un tentativo di analisi sulla terminologia temporale nel libro di Giobbe.
Presso la stessa Università di Bologna il 26.II.1982 ha conseguito la laurea in Storia orientale, seguendo ancora un piano di studi che privilegiava le discipline semitistico-ebraistiche. La tesi è consistita in una indagine dal titolo Testimonianze storiche ed archeologiche sulla presenza di comunit‡ giudaiche nella Sardegna antica, nella quale ha dedicato un’attenzione particolare alla documentazione epigrafica rinvenuta nelle catacombe ebraiche del sec. IV e.v. scoperte a Sant’Antioco; questa indagine, con un aggiornamento bibliografico, è stata pubblicata su “La rassegna mensile di Israel” nel 1991.
Ha perfezionato i suoi studi in Israele con diversi soggiorni di studio.
Autore ed organizzatore di numerosi convegni internazionali sulla cultura ebraica, studioso apprezzato dell’esegesi ebraica medievale, con particolare riferimento a Nachmanide o Ramban, su cui ha pubblicato un testo insieme a Moshe Idel: “Nachmanide esegeta e cabbalista”, il Prof. Perani ha dedicato gli ultimi 15 anni alla scoperta e al recupero di manoscritti ebraici medievali rinvenuti negli archivi italiani.
Il Prof. Perani ha un’ottima conoscenza della lingua, della storia e della cultura ebraica, come dimostrano le sue numerose pubblicazioni ed è apprezzato negli ambienti accademici internazionali.
Il Prof. Perani racconta di essere arrivato allo studio dei frammenti ebraici grazie all’incontro con il Prof. Giuseppe Sermoneta, fondatore di questo progetto di recupero, che gli chiese nel 1984 di occuparsi dei frammenti in Emilia Romagna, non immaginando le sorprese che questa indagine gli avrebbe riservato. Infatti, pur essendo a conoscenza del fenomeno del riciclaggio delle pergamene ebraiche medievali come copertine di registri notarili, non avrebbe mai immaginato di scoprirne una quantità tanto grande.
In realtà il riciclaggio delle pergamene dei manoscritti ebraici è stato molto più diffuso di quanto non ci si potesse immaginare e, in seguito, il Prof. Perani ne ha recuperate anche da copertine di registri conservati in archivi comunali, ecclesiastici o privati.
La ricchezza e la qualità dei ritrovamenti entusiasmÚ il Prof. Perani , che si dedico’ con grande passione a questa ricerca, visitando in breve tempo gli archivi di stato di tutte le città dell’Emilia Romagna e molti altri archivi.
Solo nell’Archivio di Stato di Bologna egli ha rinvenuto 650 registri ricoperti con pergamene ebraiche ricavate dallo smembramento di manoscritti pergamenacei medievali, per un totale di 850 frammenti, molti dei quali costituiti da pagine di grande formato.
In Emilia Romagna il Prof. Perani, coadiuvato dai suoi collaboratori, ha recuperato fino ad oggi oltre 4500 pergamene di manoscritti ebraici copiati nei secoli XI-XV su un totale di circa 7000 frammenti recuperati in tutt’Italia.
Recuperi di questo tipo sono stati fatti anche in altri stati europei, ma solo in Italia ed in particolare in Emilia Romagna, la ricerca è stata cosi’ capillare e sistematica da dare questi risultati.
L’Italia è stata il centro della cultura ebraica nei secoli XV e XVI. In essa si è determinata una feconda temperie culturale, anche grazie all’incontro tra la cultura sefardita, portata nella penisola dagli esuli espulsi dalla Spagna nel 1492 e la cultura ashkenazita, portata in Italia dagli ebrei che in essa migravano scendendo dall’Europa centrale. Infatti, mentre i frammenti coperti in Spagna sono tutti in grafia sefardita e quelli scoperti in Austria, Germania e Ungheria sono tutto in grafie tedesche, solo in Italia sono stati recuperati frammenti scritti con grafia sia ashkenazita che sefardita oltre, naturalmente, a quella italiana.
Infatti dalla fine del Trecento in poi ci sono state delle migrazioni di popolazione ebraica verso il centro-nord Italia provenienti sia dal sud della penisola, sia dalla Spagna, dalla Francia e dall’area tedesca.
Nel Cinquecento, quindi, si ritrova nel nord Italia una popolazione ebraica mista che, venendo a stabilirsi negli stati della penisola, aveva portato con sè i propri manoscritti, spesso copiati due o tre secoli prima nei paesi di origine.
Attorno alla metà del Cinquecento, con l’affermarsi e il diffondersi del libro stampato, che metteva a disposizione i testi in minor tempo e ad un costo assai competitivo, si verifico’ un crollo nel mercato del manoscritto in generale, che perse il suo valore in quanto testo, riducendosi ad essere venduto come materiale da riciclare in quanto fatto di pergamena. Questa sorte tocco’ ad ogni genere di manoscritto, anche non ebraico. Negli archivi si ritrovano, infatti, pergamene riciclate come copertine smembrate da manoscritti latini, greci, liturgici, musicali e non solo ebraici, perchè questo fu il destino del manoscritto in pergamena, che aveva raggiunto il momento del massimo splendore nei secoli XIV e XV.
Per quanto riguarda i manoscritti ebraici, tuttavia, si devono fare anche altre considerazioni.
Innanzitutto non esistevano nel mondo ebraico degli scriptoria, ossia dei luoghi di produzione sistematica dei manoscritti, come esistevano nel mondo cristiano ad esempio nei conventi o nelle grandi abbazie; in secondo luogo non c’erano luoghi sicuri in cui i manoscritti ebraici potessero essere conservati, al riparo da saccheggi, furti, guerre: i testi degli ebrei seguirono la stessa sorte dei loro possessori, dei quali non furono meno erranti, spesso cacciati dalle loro terre, caratterizzati da una notevole mobilità ed esposti a persecuzioni, restrizioni e confische e roghi del loro patrimonio librario.
Non ultimo bisogna ricordare che i testi sacri ebraici, una volta non più utilizzabili per non essere profanati dovevano essere sepolti in una Ghenizà. Se questa prassi ha portato all’eccezionale ritrovamento della Ghenizah del Cairo, grazie al clima secco dell’Egitto, in Europa ha determinato la distruzione sistematica di larga parte del patrimonio librario degli ebrei poichè, nel suo clima umido, i manoscritti sepolti ben presto si decomponevano. C’è stata quindi una distruzione sistematica dei manoscritti interna al mondo ebraico e determinta da motivi religiosi, e c’è stata una distruzione sistematica compiuta dall’esterno ad opera della Chiesa, mediante i sequestri e i roghi compiuti nel corso dei secoli, per cercare di sradicare la religione ebraica e di convertire gli ebrei al cristianesimo. Per questi motivi il numero dei manoscritti ebraici giunti fino a noi è davvero esiguo rispetto a quelli prodotti nel mondo cristiano.
Il riciclaggio dei manoscritti ebraici come legature e copertine, costituisce un fenomeno di segno opposto a quello della riposizione rituale nelle ghenizot: se il senso di quest’ultima è evitare la profanazione, il riciclaggio si puo’ definire il massimo grado di profanazione. Ma, di fatto, tutte e due queste prassi, seppur di segno opposto, hanno lo stesso risultato: ossia da un lato la distruzione del libro ebraico ma, dall’altro, anche la parziale conservazione di migliaia di frammenti di antichi manoscritti. E’ per questo che gli archivi italiani, a motivo delle migliaia di registri avvolti da copertine ebraiche in essi conservati, sono stati chiamati per analogia la “Ghenizah italiana”.
Come è possibile che dei manoscritti sacri come il Talmud o la Torah siano stati smembrati per essere riciclatia?
Oltre alle cause menzionate, nel caso dei codici ebraici se ne deve ricordare anche un’altra.
Secondo il Prof. Perani, infatti, nel determinare questo fenomeno ebbe un ruolo importante anche l’Inquisizione.
Pur non avendo ritrovato un documento che testimoni l’ordine di riciclare i testi confiscati, il Prof. Perani, da uno studio condotto a Bologna e a Modena delle date del riciclaggio – che si ricavano esaminando la prima data degli atti contenuti nei registri – ha notato una coincidenza tra il massimo incremento del reimpiego dei manoscritti ebraici e le date che videro la più dura persecuzione ed espulsione degli ebrei da queste città, nonchè una concomitanza con le bolle papali che ordinavano il sequestro e il rogo nelle pubbliche piazze del Talmud e di altri testi ebraici. Infatti, i picchi del riciclaggio dei manoscritti ebraici a Bologna si registrano negli anni attorno al 1569 e al 1593 (date rispettivamente della prima e della seconda e definitiva espulsione degli ebrei dalla città). A Modena, invece, il picco della curva risulta negli anni successivi al 1637-38, periodo in cui un inquisitore dal pugno di ferro, Giacomo Tinti da Lodi, processo’ degli ebrei per il possesso di manoscritti e promulgo’ delle liste di libri ebraici proibiti che dovevano essere sequestrati. Pertanto il nesso con i fatti locali dell’Inquisizione risulta chiaro.
Ma come venivano riciclate queste pergamene?
I legatori le acquistava da commercianti che si procuravano i vecchi codici in pergamena – verosimilmente in parte sfuggiti ai roghi grazie al valore intrinseco del materiale di cui erano costituiti – e preferivano i fogli di grande formato, perchè più adatti ad essere riutilizzati come copertine. I bifogli in genere venivano staccati partendo dal centro del fascicolo smembrato dal manoscritto. Nel casodel bifoglio centrale, si riesce a recuperare quattro pagine di testo consecutivo. Ma i legatori potevano anche utilizzare fogli di formato medio o piccolo, incollandoli l’uno all’altro.
Nella mostra a Gerusalemme il Prof. Perani presenta per la prima volta in Israele 56 frammenti di manoscritti, di cui 55 recuperati in Emilia Romagna, specialmente a Bologna e Modena. Il pezzo più antico è costituito da una pagina e mezza di un manoscritto della Tosefta trovato a Norcia (Perugia) e risalente al X secolo. Tra questi frammenti ci sono brani importantissimi, contenenti testi che erano andati perduti, come alcune parti del commento di Yosef Qara — un contemporaneo di Rashi – ai Salmi e alla Torah, oltre a brani del Talmud babilonese e yerushalmi databili al secolo XI o XII.
La mostra è stata realizzata all’interno delle manifestazioni culturali di Bologna 2000, città europea della cultura, con la collaborazione anche di altri enti.
Il convegno svoltosi il 12 dicembre, giorno dell’inaugurazione della mostra, era dedicato al tema “Nuove scoperte nella Gheniza europea. Dagli archivi di Bologna a quelli di Girona”, e si prefiggeva di fare il punto sulle scoperte fatte in Italia, in particolare a Bologna, confrontandole con i recenti rinvenimenti fatti a Girona. Negli archivi di questa città catalana sono emerse migliaia di pagine di manoscritti ebraici cartacei riciclati, a partire dagli inizi del Trecento, per fare i cartoni delle legature dei registri notarilie. Il convegno ha cercato anche di pianificare lo studio e procurare i fondi per il recupero di questo nuovo importante giacimento, che ha conservato una parte considerevole dei manoscritti prodotti dagli ebrei in Spagna prima dell’espulsione, in larga parte altrimenti andati perduti .
Il Prof. Perani ha visitato gli archivi di Girona nel 1998, avendo sentito parlare di manoscritti riciclati come legature anche nei registri conservati negli archivi di quella città. In quella occasione ha scoperto centinaia di registri dai cui cartoni si potranno recuperare molte migliaia di pagine di manoscritti ebraici di carta, prodotti nei secoli XII-XIV e incollati tra loro a decine per fare i cartoni delle legature nel Trecento e nel Quattrocento. Egli è rimasto sorpreso dalla quantità di frammenti che sarà possibile recuperare con un lavoro sistematico. La cosa che più lo ha colpito è stata la peculiarità di questi frammenti, che provengono da manoscritti cartacei il cui riciclaggio avviene due o tre secoli prima dell’equivalente fenomeno riguardante i manoscritti di pergamena in Italia e negli altri paesi europei.
Tornando a Bologna, il Prof. Perani sostiene che questa città è stata uno dei centri culturali ebraici più importanti nel tardo Medio Evo.
Già nel 1418 si è svolto a Bologna un convegno di tutti i rabbini dell’Italia centro-settentrionale, per discutere dei rapporti con il Papa e lo stato della chiesa.
Nella seconda metà del Quattrocento gli ebrei stampano a Bologna alcuni importanti libri ebraici, dando vita a una vera rivoluzione culturale; infatti qui fu stampata per la prima volta la Torah nel 1482 dall’editore Yosef Caravita, preceduta di pochi anni dall’editio princeps (defus rishon) del libro dei Salmi che vide la luce in questa città nel 1477. Questa edizione è accompagnata dal commento di David Kimchi, prima che esso fosse censurato dai passi ritenuti anticristiani, ad opera della Chiesa. Con l’editore Caravita collaborava un abilissimo compositore di nome Abraham Ben Chaim Dei Tintori da Pesaro, che per primo risolse il problema di stampare il testo ebraico della Bibbia con le vocali (nequddot) e gli accenti.
A Bologna nella prima metà del Cinquecento era attiva una famosa scuola talmudica guidata da Ovadia Sforno; questi, asieme ad alcuni soci, promosse numerose edizioni a stampa di scritti ebraici.
Il Prof. Perani si rammarica che non siano mai stati fatti gli Annali della tipografia ebraica a Bologna, peraltro nota in tutto il mondo, nè che sia mai stata organizzata una mostra in tal senso.
Alla domanda: “Come spiega il fatto che nel Museo Ebraico inaugurato quest’anno non sia messa in primo piano questa importanza culturale di Bologna ebraica, mentre si dà maggior risalto ai banchieri e ai prestatori ebrei?”. Il Prof. Perani risponde: “In realtà nei percorsi virtuali del Museo non è assente la dimensione culturale; io, ad esempio, ho curato un itinerario in cui si parla anche della cultura ebraica a Bologna, in particolare dei manoscritti prodotti dagli scribi a Bologna e dei frammenti rinvenuti nella città. Il rischio, comunque, di una certa deformazione prospettica nell’uso delle fonti effettivamente esiste. In parte è un problema dovuto alla grande abbondanza della documentazione giunta fino a noi, la quale è appunto relativa ai banchi di prestito, una documentazione in latino o in italiano accessibile anche agli storici che non conoscono l’ebraico. Ma sarebbe sbagliato pensare che se una grossa percentuale di fonti riguarda i banchieri ebrei, tutti gli ebrei fossero banchieri o che non sia esistita nella comunità ebraica bolognese anche una intensa vita culturale e religiosa, in genere documentata da fonti o da testi in ebraico, spesso studiata da ricercatori in Israele e ignorata in Italia. A questo si puo’ aggiungere forse anche la mancanza di un riferimento costante ad un comitato scientifico internazionale qualificato. Infine si puo’ menzionare il fatto che l’elite culturale dell’ebraismo italiano – che nel Sette e Ottocento perse progressivamente la sua importanza e si ridusse di molto anche numericamente rispetto allo splendore del Rinascimento – da anni si è trasferita in Israele e questo ha indubbiamente impoverito la ricchezza culturale delle comunità ebraiche in Italia. Sono certo che se nel Museo ebraico assieme a molte ricchezze ci possono essere anche delle lacune, esse saranno presto colmate, arricchendo e completando il quadro della ricchezza culturale, artistica e religiosa della comunità ebraica di Bologna nel Quattro e Cinquecento, una delle comunità più importanti d’Italia, seconda per numero di abitanti solo a quella di Roma”.