Rabbini italiani in “odore di eresia”/2
Azarià de’ Rossi
Azarià de’ Rossi, medico e studioso ebreo, nacque nel 1513 a Mantova nel 1578. Dopo aver esercitato per lungo tempo e in varie località la professione di medico, nel 1573 pubblicò il Meòr ‘Enaim (Illuminazione degli occhi), un libro che suscitò aspre polemiche, di cui è testimonianza il fatto che i rabbini del tempo ne proibirono la lettura prima dei venticinque anni. Le polemiche erano causate principalmente dal contenuto della terza sezione del libro Imrè Binà (Detti di intelligenza), in cui venivano analizzati svariati argomenti storici, scientifici, cronologici ecc. Attraverso il confronto tra le fonti ebraiche e quelle “esterne”.
A titolo esemplificativo riportiamo un brano del cap. 16°, dal titolo “Sul fatto della zanzara che entrò nella narice di Tito raccontato dai nostri Maestri”.
La zanzara di Tito
Nei Pirkè de-Rabbi Eliezer, che sono i più antichi tra la maggioranza degli scritti dei Tannaim (1) che noi conosciamo, si trova, al capitolo 49° questo racconto: “Tito il perfido entrò nel Santo sei Santi e disse: ‘Non c’è oppressore e nemico che possa fare nulla contro di me’. Cosa fece il Signore Santo benedetto? Inviò contro di lui una zanzara che entrò nella narice e proseguì fino a giungere al cervello e diventò come un piccolo di colomba del peso di 2 selaim, per dimostrargli che la sua forza non valeva niente…”.
In una Baraità (2) è riportato: “Disse Rabbi Eliezer a nome di R. Josè: — Io ero tra i grandi di Roma e quando morì Tito spaccarono il suo cervello e vi trovarono come una rondinella dal peso di due selaim —”; mentre, nella nostra Mishnà si insegna: “Come un pulcino di un anno del peso di due litrin”. Disse Abbayè: “il suo becco era di rame e gli artigli di ferro. Lo posero in una padella. Tutto ciò che accadeva a lui accadeva all’altro: volò la zanzara e Tito esalò l’ultimo respiro…”. Ogni uomo dotato di discernimento si chiederà alcune cose. Primo che il fatto è pieno di impedimenti dal punto di vista naturale e se vi fossero realmente possibilità nella legge di Dio di metterli e superarli tutti insieme, ci si dovrebbe stupire molto che un tale miracolo non abbia avuto le conseguenze e la notorietà che avrebbe meritato. Infatti, ammettiamo che “l’animale” sia entrato dal naso e sia salito e si sia fermato al di sopra della membrana, poiché questo è effettivamente un canale bucherellato, come hanno scritto i chirurghi, ed in particolare Fernellio (3) nel capitolo 69° del libro di medicina, quando sostiene che la via giusta per svuotare la parte alta del cervello non è attraverso medicine prese per bocca, ma che va svuotato tramite il naso o le orecchie, o la cervice, o la giuntura delle ossa del cranio…
E come giudicare che il suo becco era di rame e gli artigli di ferro quando tutti i metalli, secondo gli scienziati, si generano all’interno della Terra tramite l’attività degli elementi primordiali e del calore del Sole, e il ferro in particolare è prodotto da zolfo denso incandescente mischiato con un po’ di argento vivo non raffinato, mentre il rame da argento vivo tendente alla purezza con zolfo rosso e scuro, come si trova facilmente nella seconda sezione della seconda parte del libro “La porta del Cielo” di Ibn Latif (4)…
Inoltre vi sono delle difficoltà anche dal punto di vista storico… Durante il mio tempo libero ho scorso tutti i libri famosi degli storici (5), sui quali io applico le parole di Geremia 180, 3: “Così dice il Signore: orsù domandate ai popoli”, per sapere cosa hanno scritto sulla morte di Tito e sul tipo di malattia, ho trovato otto storici importanti che concordano riguardo a queste cose e dicono che morì di malaria,… (cita i vari storici)… Ecco dunque dieci opinioni da tutte le culture dei popoli che, inconsapevolmente, hanno detto ed espresso cose importanti contro il racconto dei Maestri e chiaramente, per coloro che riconoscono la verità, ad essi va ascritta una conoscenza dei particolari di cose molto maggiore di quella dei nostri Maestri…
In verità da tutte le cose ora ricordate appare molto chiaro che il fatto di Tito narrato dai Maestri non è comprensibile secondo il senso letterale, come la narrazione di colui che sradicò un monte di tre parsà (miglia) nel capitolo Haroè (Talmud B, Berachot) e quella di Rabà bar bar Channà nel capitolo Ha-mochèr (TB, Bavà Batrà 73a), ed altri simili, che già sono stati definiti tra le cose non razionali che ha ricordato Maimonide nella sua introduzione alla Guida dei Perplessi nella seconda parte, cap. 6°, come allegorie e parabole…
Riguardo al fatto di Tito ricordato, si può dire che il racconto non è che un’invenzione ed è il modo di studiare abituale dei semplici, finalizzato a fissare nel cuore delle masse l’idea che il nostro Signore è grande e potente nel ripagare coloro che gli si oppongono, ed in particolare i superbi e i malvagi, anche attraverso la più piccola delle sue creature. Con grande saggezza i maestri hanno collegato l’invenzione che hanno immaginato al perfido Tito, a cui si adatta perfettamente.
… Non ti nasconderò, caro lettore, che alcuni sapienti del nostro popolo, sentendo le cose che ho scritto a proposito della zanzara di Tito, mi hanno accusato di attribuire die difetti alle sante parole dei nostri Maestri. La mano del Signore non è corte nel ripagare i suoi nemici, come era Tito (6); tuttavia io non mi sono trattenuto dallo scrivere queste cose nel libro.
… Delle due l’una: o il lettore crede a tutte le cose che hanno detto i Maestri esattamente come sono scritte, ritenendo che l’accettare ogni cosa strana significhi onorare il Cielo, e allora questo capitolo sarà per lui inesistente, senza bene e senza male; oppure egli cerca di chiarirle con la ragione e non ci riesce, e allora sarà secondo me saggio spiegandole a fin di lode come è stato detto (7).
Benedetto colui che attribuisce la sua sapienza ai Maestri e sia benedetto dalle loro labbra che sussurrano nella tomba (8).
(traduzione di Benedetto Carucci)
NOTE
(1) Sono i Maestri della Mishnà, compilata da Rabbi Jehudà ha-nasì nel secondo secolo.
(1) È un insegnamento dei Tannaim, ma non inserito da Rabbi Jehudà ha-nassi’ nella Mishnà.
(3) Johannes Femelius, medico francese, autore del Terapeutice universalis seu medendi ratio, pubblicata a Parigi nel 1554.
(4) Riferimento non molto chiaro.
(5) Da notare che Azarià afferma che i libri degli storici non ebrei li ha letti nel tempo libero.
(6) Questa affermazione conferma l’assunto principale del racconto dei Maestri. Azarià vuole mostrare che lui contesta la verità storica non il significato.
(7) Altra conferma del discorso generale. La critica è stata fatta, ma la spiegazione del “falso” è servita ugualmente lode die Maestri.
(8) Talmud B. Bekhorot 31b: il De’ Rossi vuole esprimere la sua speranza di essere ricordato. Il passo talmudico dice che ogni volta che si ripete l’insegnamento di una persona citandola, le labbra di quest’ultima sussurrano nella tomba.