Un uomo del rinascimento
Rabbì Ovadià Sforno
L’operosità culturale degli ebrei italiani durante il Rinascimento fu talmente vasta e multiforme, e il numero degli studiosi così elevato, da sorprendere, se riferita all’esiguità numerica dell’ebraismo italiano. Fra numerosi dotti ebrei italiani che si distinsero nei vari rami degli studi ebraici, è esemplare la figura di Rabbì Ovadià Sforno (1470-1550). Nato a Cesena, studiò a Roma, oltre alle materie tradizionali ebraiche, filosofia, matematica, filologia e, in particolare, medicina. A Roma insegnò l’ebraico al celebre umanista cristiano Giovanni Reuchlin, su raccomandazione del cardinale Grimani. Stabilitosi a Bologna, istituì e diresse una scuola di studi talmudici, oltre che esercitare la professione del medico.
Quest’uomo dalla cultura poliedrica, come tutti i buoni umanisti del tempo,si distinse nella medicina, ed anche nella filosofica, nell’esegesi biblica e nella ritualistica.
Fra le sue numerose opere, quella più conosciuta è il Commento al Pentateuco, che compare, accanto ai commenti di Rashì, Ibn Ezra e Nachmanide, in tutte le edizioni ebraiche classiche della Torà commentata.
Nel suo commento, Sforno si lasciò guidare sempre dal significato letterale dei testi, evitando interpretazioni mistiche e cabbalistiche. In più punti si rivela la personalità profondamente umanistica di Sforno, come quanto incita gli ebrei all’amore per l’umanità in generale, e non solo per i propri fratelli: infatti “tuttavia la specie umana è cara” al Signore, e a Lui “cari sono certamente i giusti delle nazioni del mondo” (commento a Esodo 19:5).
g.d.s.