Vale più un Maestro, un buffone o un porcaio?
Un Midrash visto da Giacoma Limentani ed Emanuele Luzzati
Racconta il “Midrash Rabbah” che prima di diventare imperatore, Diocleziano faceva il porcaro, e cioè teneva dei maiali che di notte chiudeva al riparo in una capanna e di giorno portava a spasso in modo che potessero grufolare dappertutto e così saziarsi. Tutto ciò accadeva a Tiberiade e un porcaio come Diocleziano avrebbe potuto sbarcare il lunario senza troppe preoccupazioni perfino a Tiberiade, se proprio a Tiberiade non ci fosse stata l’accademia di Rabbi.
Bisogna sapere che Rabbi era un maestro molto scrupoloso, ma, come la maggior parte dei suoi concittadini, del resto, non amava molto i Romani, e quel particolare Romano che se ne andava in giro a spasseggiar maiali poteva sembrare una provocazione vivente, l’incarnazione stessa di uno dei tanti insulti che Roma infliggeva agli Ebrei. In nessun posto è scritto che Rabbi istigasse al corrente delle loro prodezze, ma il fatto è che quando Diocleziano arrivava nei pressi della sua accademia, questi uscivano e gliele suonavano di santa ragione.
Il caso volle, però, e questo caso potrebbe sembrare la dimostrazione pratica di quanto fossero strambi e imprevedibili i Romani, che un bel giorno Diocleziano venisse eletto imperatore. Fu elevato di punto in bianco dallo strame del porcile agli allori dell’impero, e appena se ne fu cinto il capo, stabilì la sua reggia a Banias e di lì inviò a Tiberiade una lettera così concepita: “Io ordino e decreto che i Maestri degli Ebrei si presentino qui a Me domenica mattina, ecc… ecc… ecc…” Questi tre “eccetera” stanno a significare che se non si fossero presentati puntualmente sarebbero stati condannati a pene durissime.
Il midrash non lo specifica, ma queste pene durissime avrebbero potuto contemplare anche quella capitale, visto che a quei tempi e in quei luoghi si rischiava il capestro per molto meno. In compenso, il midrash specifica che Diocleziano si procurò di ordinare al messaggero di non consegnare la convocazione ai destinatari “prima del pomeriggio del Venerdì”, il che equivaleva a dire “Non voglio che i Maestri Ebrei riescano ad obbedire al mio ordine”, perché egli non ignorava che gli Ebrei non viaggiavano di Sabato e chela strada da Tiberiade a Banias era troppo lunga perché si potesse percorrerla in una sola notte.
È questo il motivo per cui, recandosi al bagno il pomeriggio del Venerdì, Rabbi Shmuel Ben Nachman si trovò faccia a faccia con un Rabbi che non somigliava neanche più al solito Rabbi, tanto era pallido e angosciato. Ne chiese il motivo e Rabbi lo informò della convocazione imperiale e dell’impossibilità di aderirvi. acque solo che l’imperatore convocante era Diocleziano perché non lo sapeva ancora e mai avrebbe immaginato che un porcaio potesse venire eletto imperatore. Fu così che entrarono entrambi nel bagno molto giù di corda e, benché come sempre fiduciosi nell’aiuto del Signore, non con l’animo di chi si accinge a festeggiare un lieto Sabato di pace.
Per distoglierli dalla tristezza, un buffone che si aggirava per il bagno dedicò a loro i suoi canti e i suoi sberleffi irritando Rabbi che fece il gesto sprezzante di scacciarlo, ma subito Rabbi Shmuel lo trattenne: “Non cacciarlo per carità! Sai bene che a volti buffoni sono portatori di miracoli”! Infatti, pur continuando a saltare e a fare il pazzo, il buffone sussurrò loro sotto i baffi: “Andate in pace, mangiate e trascorrete un buon Sabato, perché l’Eterno opererà miracoli per voi, e io vi farò arrivare dall’imperatore Domenica mattina”. Il midrash non descrive né lo stupore né il sollievo dei due maestri. Si limita a dire che essi si recarono dal buffone immediatamente dopo l’uscita del Sabato, e che questi li prese e li posò davanti alle mura di Banias, dove le guardie di Diocleziano, obbedendo a un ordine già da tempo ricevuto, chiusero loro le porte in faccia. Senza scomporsi, il buffone li portò oltre le mura della città, dove altri fedeli servi di Diocleziano, obbedendo a un altro suo ordine già da tempo ricevuto, li condussero a un bagno di cui già da tre giorni andavano scaldando l’acqua, e annunciavano che non li avrebbe fatti uscire finché non si fossero ben lavati. Il buffone trovò subito — e Dio solo sa dove — dell’acqua fredda con cui rendere sopportabile quella bollente del bagno, i due si lavarono e poterono così presentarsi puntualmente a Diocleziano, che li accolse con queste parole: “Vi sembra giusto disprezzare un imperatore solo perché avete un Dio che sa fare miracoli?”
Riconoscendo il porcaio, Rabbi rispose con un certo imbarazzo: “Anche se qualcuno di noi ha potuto forse disprezzare il porcaio Diocleziano, dell’Imperatore Diocleziano siamo tutti sudditi rispettosi e fedeli”. Al che Diocleziano, pronto: “Non avevate il diritto di disprezzarmi solo perché ero un povero e umile romano!”.
A questo punto il racconto del midrash termina, e proprio perché termina a questo punto il senso dei miracoli che in esso occorrono appare tanto più chiaro. Non perché due suoi Maestri glorificassero il Suo Nome, il Santo Benedetto li ha operati, ma per insegnare a dei Maestri che non si deve disprezzare nessuno, mai e in alcun caso, perché perfino il più umile dei porcai potrebbe un giorno assurgere alle più alte cariche. Oltre che un insegnamento di prezioso rispetto umano, questo midrash ce ne dà un altro, altrettanto prezioso, di prudenza pratica… Visto mai l’umile, diventato potente, diventasse anche vendicativo… Nelle migliori delle ipotesi, il primo spregiatore farebbe la figura di uno spregevole buffone, che neanche sa far ridere né annunciare miracoli.
Giacoma Limentani