Maimonide e la Scolastica
A. J. Heschel nel suo libro su Maimonide ricorda che il filosofo ebreo fu considerato da uno scrittore del sec. XVI il maestro della scolastica cristiana. È certo infatti che non solo teologi dell’Università di Parigi nel sec. XIII come Guglielmo d’Auvergne, Alessandro de Hales, Vincenzo di Beauvais lo citano, ma che gli stessi Alberto Magno e Tommaso d’Aquino si servirono delle sue affermazioni “come di mattoni per edificare il loro proprio sistema”. Ciò suggerisce che i più importanti creatori della scolastica cristiana appresero da Maimonide a risolvere le contraddizioni tra la fede e la metafisica, in altre parole appresero da lui le prove dell’esistenza di Dio, gli attributi di Dio e la creazione del mondo. Ed anche un grande mistico Mastro Eckart subì profondamente la sua influenza al punto da sostenere che Maimonide era un’autorità “alla quale solo si antepone quella di S. Agostino”.
L’influenza delle teorie di Rambam sugli scolastici medioevali ha il suo maggiore riscontro in Tommaso d’Aquino.
In una pubblicazione delle opere dell’Aquinate del 1964 si dice che ben 84 volte viene citato in esse il nome di Maimonide, del quale lo scolastico deve aver conosciuto per lo meno il More Nebukhim in quell’epoca già tradotto in latino con il titolo di Dux neutrorum et dubiorum.
Un primo punto di avvicinamento tr ai due si può riscontrare già nello scopo che entrambi si prefiggono nelle loro opere essenziali la Summa Theologica e il More Nebukhim. Lo scopo è nei due casi chiarire le idee dei discepoli che si trovano pieni di perplessità fra tanti e così grandi problemi che partono dall’accostamento fede-ragione. Tra essi i punti in cui si stende su Tommaso l’influenza del pensiero maimonideo, anche quando non è specificatamente citato, sono appunto la relazione tra fede e ragione, le prove dell’esistenza in Dio, l’opinione che la creazione del mondo nel tempo non può essere dimostrata con argomenti filosofici.
Per quanto si riferisce all’esistenza di Dio l’Aquinate nell’esaminare il III argomento sulle nozioni di contingenza e di necessità risente chiaramente, dell’influenza di Maimonide quando sostiene che gli esseri cosmici in quanto contingenti potrebbero anche non esistere, ma siccome in realtà esistono se ne conclude l’esistenza di un essere necessario primo, essendo inammissibile una serie infinita di esseri necessari (v. Guida 2, 1).
Ancora maimonideo è il ragionamento che porta Tommaso a sostenere la tesi che solo dalla fede si ha certezza dell’inizio temporale del mondo, perché con la ragione non si può provare con evidenza l’impossibilità della creazione eterna. Dice Maimonide: “È ben noto a tutti i pensatori chiari e corretti che non vogliono ingannarsi che questa questione, cioè se l’universo è stato creato o è eterno, non può essere risolto con certezza matematica; qui l’intelletto deve fermarsi” (v. Guida II, 15-16).
Anche per quanto si riferisce alla profezia e all’eccellenza di Mosè in essa le idee dei due saggi convergono.
Ma Maimonide non solo è presente in Tommaso nelle coincidenze, ma anche nelle contrapposizioni, come per esempio nel concetto di Provvidenza divina. Per Maimonide la Provvidenza divina riconosciuta per la specie umana è però limitata a colui che raggiunge una certa emanazione dell’intelligenza divina, il quale così parteciperà di tale provvidenza nella misura in cui si sia profondamente imbevuto di essa. Tommaso scrive a questo proposito (S.T.I. 22, 2) “altri sostennero che solamente gli esseri incorruttibili sono soggetti alla provvidenza e per quanto si riferisce ai corruttibili, lo sono le specie che, come tali sono incorruttibili, ma non gli individui… Eppure Rabbi Mosè ha eccettuato fra gli esseri corruttibili l’uomo in quanto essere partecipe della luce. Ma bisogna dire che tutti gli esseri sono soggetti alla provvidenza divina, non solo nel loro insieme ma anche individualmente”.
Con questi brevi appunti si è voluto ricordare come, anche in un’epoca di chiaro trionfalismo cristiano, le idee del savio ebreo Maimonide furono conosciute, discusse ed apprezzate, fermo restando le divergenze che partano da un divario essenziale: da una parte una scolastica che con Tommaso si sforza ad impartire a tutti la conoscenza dei dogmi più essenziali, dall’altra un pensatore radicalmente ebreo che è ansioso di insegnare ai più il cammino della condotta pratica, riservando ai meno la filosofia.
L.S.