A 88 muore Lucien Freud
«A un dipinto chiedo di stupire, disturbare, sedurre, convincere». Così sintetizzava il suo credo artistico Lucian Freud, il grande pittore inglese morto ieri a Londra all’età di 88 anni. Nipote di Sigmund (il padre Ernst era il quartogenito del fondatore della psicanalisi), l’artista era nato a Berlino nel 1922 ma dall’età di 11 anni aveva vissuto nel Regno Unito, dove la sua famiglia si era trasferita pochi mesi dopo che in Germania Hitler era divenuto cancelliere e si apprestava a trasformare la Repubblica di Weimar nel Terzo Reich. E dove nel 1938, poco prima di morire, giunse anche il nonno Sigmund.
Dell’ambiente culturale ebraico-tedesco abbandonato in fretta e furia, tutta la famiglia dell’artista conservò a Londra una struggente nostalgia che ebbe conseguenze profonde sull’adolescenza e la giovinezza di Lucian, pessimo studente prima e pittore fuori dagli schemi poi che visse a lungo nel quartiere «out» di Paddington e sempre ai margini della società inglese e delle correnti artistiche dominanti. Nonostante questo, Lucian Freud fu molto legato ai due grandi Bacon e Hopper, con i quali lo scambio fu intenso. Ma il suo percorso pittorico realistico marca dall’inizio alla fine una sostanziale solitudine nel panorama inglese. Freud, celebrato per nudi e ritratti, scelse il figurativo. Anzi, era sua convinzione che «il pittore che si limita alla pura astrazione» si privasse «della possibilità di provocare qualcosa in più di un’emozione estetica». E i suoi punti di riferimento, da buon figlio della Germania spazzata via dal nazismo, furono i grandi del passato: i ritrattisti olandesi come Frans Hals e poi Watteau, Corot e Cézanne. Dai quali prese l’abitudine a una pittura lentissima che per i modelli diventava esasperante. Per dipingere il «Grande Interno» impiegò oltre due anni. La sua tecnica sopraffina lo pose vicino ai mostri sacri dell’arte tedesca del secondo Novecento: Gerhard Richter e Anselm Kiefer.
Ma Freud divenne, per restare fino a ieri, il più grande pittore inglese vivente per come riuscì a realizzare, con fatica e puntiglio, la sua «ossessione per il soggetto» che «deve rivelare tutto se stesso in modo che si possa selezionare cosa ritrarne». Il suo ritratto di Elisabetta II (nel riquadro), che tanto scandalo creò in Inghilterra, trasmette tutte le ansie e le incertezze della regina, che prima osservò lo sgretolamento del suo impero e poi vide persino a rischio il futuro della monarchia.
Il prezzo record per un’opera di un artista vivente, 33,6 milioni di dollari, è suo dal 2008 con «Benefits supervisor sleeping», ritratto di una donna nuda dormiente. Stupire in fondo è la cosa più facile, molto più difficile è «disturbare, sedurre e convincere».
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