Delphine Horvilleur 39 anni, guida la sinagoga di Beaugrenelle. Manda i figli alla scuola pubblica e lotta per la laicità.
Anais Ginori
Nella sinagoga di Beaugrenelle la chiamano Rabbi Horvilleur oppure, semplicemente, Madame le Rabbin. «Ognuno trova, come può, un compromesso linguistico», scherza Delphine Horvilleur. L’unica definizione che non accetta è “rabbina”, nome con cui si chiama di solito la moglie del rabbino. Sono sfumature, piccoli aggiustamenti semantici di una rivoluzione in corso. A 39 anni Horvilleur guida la sinagoga del XV arrondissement sfidando i pregiudizi. «Certo – ammette – capita ancora di trovare persone che mi chiedono se posso lavorare mentre ho il ciclo mestruale, ma non importa». Sposata, madre di tre figli, ha appena firmato un libro sulla presunta misoginia nella religione, dal titolo En tenue d’Ève, in un periodo in cui si parla tanto di integralismi soprattutto islamici. «Le tre religioni monoteiste – ricorda – sono state tutte più o meno misogine a seconda dei periodi della Storia».
Una delle benedizioni ebraiche che bisogna recitare al mattino recita: «Benedetto Signore che non mi hai fatto nascere donna». Frasi ambigue, umilianti, che si ritrovano nella Bibbia, nel Corano e nella Torah. «Il problema – continua Horvilleur – non sono i testi sacri ma gli interpreti che possono strumentalizzarli». Madame le Rabbin parla di un «eccesso di testosterone» nella trasmissione dei testi. Non è solo una questione di parole ma di quale visione della società si vuole dare attraverso la religione. Horvil Horvilleur ha deciso di pubblicare un libro per combattere le forme di integralismo ricomparse anche nella religione ebraica.
È di pochi mesi fa la battaglia di un gruppo di donne per poter pregare al muro del pianto di Gerusalemme con lo stesso rituale e abbigliamento degli uomini. Nel 2011 Tanya Rosenblit, una ragazza di 28 anni, ha rifiutato di sedersi in fondo a un autobus israeliano solo perché donna, come le avevano prescritto alcuni ultraortodossi. Sempre nel 2011 alcuni soldati di Tsahal si sono alzati durante una cerimonia perché alcune donne cantavano: nonostante l’esercito israeliano sia uno dei primi ad aver integrato le soldatesse, il gruppo di militari era stato indottrinato da un rabbino ultraortodosso secondo cui la voce femminile equivale alla “nudità”. Intanto, ricorda ancora Horvilleur, nelle strade di Gerusalemme c’è chi ha incominciato a strappare manifesti pubblicitari con volti femminili.
«Tutti questi recenti avvenimenti – racconta Horvilleur – mi hanno convinto ad analizzare pubblicamente la nozione di pudore, nudità, genere». Il sottotitolo del libro è infatti Femminile, pudore, giudaismo. Molti ebrei parigini nßon praticanti si sono avvicinati ai suoi “café biblici” , discussioni intorno ai testi sacri, organizzati nella sede del Mjlf, Mouvement juif liberal de France, di cui è una delle più note rappresentanti. Horvilleur non è solo una guida spirituale, ma anche un’intellettuale in prima linea nella battaglia per un riformismo delle religioni. Una figura nuova e ancora minoritaria nella più grande comunità ebraica d’Europa.
Oltre a lei c’è soltanto una altra donna rabbino, Pauline Bebe, ordinata negli anni Novanta. Entrambe non vengono riconosciute dal Concistoro. «L’ebraismo in Francia – commenta Horvilleur – è tuttora ortodosso e tradizionalista, anche se qualche segno di cambiamento si incomincia a intravedere anche qui». Horvilleur è cresciuta a Epernay, nella regione dello Champagne, in una famiglia ebraica tradizionalista. Suo padre era medico, sua madre professoressa di economia. Ha frequentato da bambina i corsi di Talmud e Torah al Concistoro, rendendosi presto conto della differenza di trattamento tra i sessi. «La mia bar-mitzvah è stata celebrata nello stesso giorno di quella di mio fratello. Lui ha avuto una lettura della Torah mentre a me è stato concesso solo un breve discorso». Dopo la maturità scientifica, nel 1992, Horvilleur si iscrive alla facoltà di medicina Haddassah di Gerusalemme. È una breve parentesi di speranza in Israele, con gli accordi di pace firmati a Oslo. Poco dopo, c’è l’omicidio di Rabin. «Un trauma», ricorda Horvilleur che ha vissuto l’assissinio in diretta.
Per pagarsi gli studi, lavora anche come mannequin, posando per la copertina di alcune riviste femminili. Ha una bellezza raffinata e discreta che, ancora oggi, alcuni frequentatori della sinagoga di Beaugrenelle le fanno notare. Ma Horvilleur non vuole fare la mannequin e neanche la biologa. Tornata in Francia, inizia una carriera di ricercatrice all’Institut Pasteur ma presto capisce di aver sbagliato mestiere. «Non avevo la pazienza necessaria». Frequenta una scuola di giornalismo, viene presa in stage da France 2, il principale canale di Stato. La mandando a seguire la cronaca della seconda Intifada. Ma nel 2003, quando France 2 le propone un contratto a tempo indeterminato, rifiuta. I suoi colleghi non capiscono. Horvilleur ha trovato la sua vocazione. Parte per studiare in una yeshivah , un centro studi religioso. Non in Francia, dove questi istituti sono riservati esclusivamente agli uomini, ma negli Stati Uniti.
A New York il rabbinato femminile esiste da quarant’anni e il movimento ebraico liberal è ormai forte. Horvilleur studia per 5 anni con Larry Hoffman, celebre liturgista dell’Hebrew Union College. Quando avviene la sua ordinazione, nel 2008, sceglie però di tornare a Parigi, costringendo suo marito Ariel Weil a rinunciare alla sua carriera americana. «Sarebbe stato molto più facile essere rabbino negli Stati Uniti. Ma è proprio per raccogliere questa sfida qui in Francia, che sono partita. Ci sono così tante cose da fare». Ora vive nel Marais, ha tre figli, l’ultimo di poco più di un anno. Horvilleur dirige la rivista Tenou’a, scrive spesso su Le Monde des religions . È stata una delle poche rappresentanti religiose a sostenere pubblicamente la nuova “Carta della laicità” promossa dal ministro socialista dell’Istruzione, Vincent Peillon. «I miei figli – spiega – vanno alla scuola pubblica e partecipano a dibattiti appassionanti sulle diverse abitudini tra religioni. È questa la laicità: poter vivere insieme». Ha anche difeso la riforma per bandire il velo islamico nelle scuole. «Dobbiamo però evitare il dogmatismo e cercare sempre il dialogo».
Femminista, ma attraverso i testi sacri che Horvilleur non smette di studiare come prevede il suo ruolo. «Per secoli l’esegesi è stata appanaggio di soli uomini ». Il caso di Eva, spiega, è clamoroso. «Fino a un certo periodo è stata descritta come un’eroina poi, attorno al primo secolo, in alcune esegesi è diventata un simbolo negativo». Eva, dicono ancora tutti, è stata creata dalla costola di Adamo. No, ribatte invece Horvilleur. Si tratta della parola ebraica tzela che, altrove nella Bibbia, significa non costola ma lato. Nella Genesi si dice: «Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò». Anche in questo caso, continua Madame le Rabbin, si tratta dei termini zakhar e nekeva , che possono significare sia “maschio e femmina”, sia “maschile e femminile”, dando quindi un’accezione più larga e non una semplice contrapposizione tra sessi. E alla fine Madame le Rabbin può ringraziare, ogni mattina, il Signore di essere nata donna.
D Donna N° 870