Tante le testimonianze della loro presenza in città
Mirella Cives
La storia della presenza ebraica a Molfetta si apre con un atto notarile avente ad oggetto l’acquisto di un uliveto, effettuato nel maggio 1197 dall’ebreo tranese Seniore di Giacobbe. A questi anni dovrebbe risalire il costituirsi della “Closoria Iudeorum”, un esteso oliveto situato in contrada Valascia, sulla strada per Bitonto. Nei primi anni del Quattrocento, l’uliveto della Valascia non si trovava più in possesso degli ebrei, ma si ignorano le modalità di passaggio in mani cristiane. Forse fu lasciato dagli stessi ebrei quando, alla fine del XIII secolo, gli Angioini li costrinsero ad una scelta: o abiurare la fede ebraica, o andare in esilio. Ma è più probabile che nel corso dei secoli essi continuassero ad avere la proprietà del terreno, essendo in realtà divenuti loro stessi cristiani. Un’altra testimonianza della presenza in quegli anni degli ebrei a Molfetta, è provata dalla esistenza nella campagna molfettese di un palmeto, denominato “Lo palmeto de li Iudei”.
Nel periodo Svevo-Angioino gli ebrei esercitarono attività di commercio o di prestito di denaro nella nostra città e successivamente a motivo dell’intolleranza cristiana, si allontanarono dalla Puglia, salvo poi nuovamente ritornare a fine 1300. Ma fu sotto gli Aragonesi, subentrati nel 1442 agli Angioini, che riacquistarono la piena libertà di immigrazione e di movimento. Di un ebreo che visse a Molfetta vi è notizia in un documento del 1490. Vi si narra la storia di mastro Salomone di Leone Origer, in fuga da Arles con la sua famiglia dopo le ultime rappresaglie contro gli ebrei, che si rivolse al re Ferrante per ottenere la facoltà di esercitare la professione di medico nel Regno, chiedendo di essere esaminato proprio a Molfetta. Il re acconsentì alla sua richiesta, ricordando che “se gli errori giudaici dovevano invece essere rigettati dai cattolici, i giudei dovevano essere invece accolti per i vantaggi che in molte cose apportavano, utili alla salute del corpo e per nulla nocive a quelle dell’anima”. Venne dunque permesso al medico molfettese Antonello de Lacertis, di esaminare Salomone di Leone Origer che fu interrogato sui vari trattati di medicina. Egli superò brillantemente la prova, ed ottenne così la licenza e la piena autorità di esercitare la professione di medico in tutto il Regno. Successivamente altri due ebrei che provenivano dal Mezzogiorno della Francia, diventarono cittadini molfettesi: si trattava di Isac de Largentière e suo figlio Iacob, mercanti e prestatori di denaro. Non sempre riuscivano a riscuotere i crediti, e spesso la cosa era assai ardua visti i tempi difficili, come quelli che accompagnarono la discesa di Carlo VIII re di Francia nel Regno di Napoli. La nostra città infatti chiese una proroga di quattro anni per il pagamento dei debiti contratti da non pochi cittadini presso “molti iudei habitanti in Molfetta et in altre parti del regno”. Re Federico accolse la richiesta, ma in parte: la dilazione dei debiti sarebbe dovuta avvenire in due anni, non in quattro.
All’inizio del XVI secolo gli spagnoli e i francesi si contesero il regno di Napoli, che si erano segretamente spartiti con l’accordo di Granata dell’11 novembre 1500. I legati dell’Università di Molfetta si presentarono allora davanti al comandante delle truppe spagnole, Consalvo di Cordoba, per domandare la conferma dei capitoli e dei privilegi fino allora goduti. Uno di questi riguardava i cristiani novelli (gli ebrei convertiti) di Trani, venuti ad abitare a Molfetta e si chiedeva che questi ultimi continuassero a dimorare nella nostra città. I capitoli vennero approvati ed i cristiani novelli, assieme agli ebrei, rimasero a Molfetta. Ottennero inoltre che i re cattolici, nel caso avessero deciso di espellerli – come era accaduto in Spagna – concedessero loro quattro mesi di tempo per predisporli a uscire, senza molestia per le persone e i beni. In seguito allo scoppio della guerra tra spagnoli e francesi, molti ebrei e cristiani novelli si convinsero ad abbandonare la Puglia per recarsi altrove, specialmente in Turchia, salvo poi farvi ritorno dopo qualche anno. Nel 1510 difatti, si contavano a Molfetta sette nuclei ebraici. Nel 1541 però, gli ebrei furono definitivamente cacciati dall’Italia meridionale, ed ebbero il permesso di rimanere solo i discendenti di antichi ebrei, che divenuti cristiani, avevano dato buona prova di essere rimasti fedeli al cattolicesimo. Tuttavia questi cristiani continuavano ad essere denominati “cristiani novelli” nonostante fossero trascorse diverse generazioni dalla conversione dei loro avi. Ciò accadde anche alla nobile famiglia molfettese, i de Buctunis, nel 1600, sebbene il loro albero genealogico contasse anche dei sacerdoti.
Nel 1700, dopo Il tentativo fallimentare di Carlo di Borbone di riammettere gli ebrei nel Regno, un altro ebreo fu ospite a Molfetta, protagonista di un episodio curioso avvenuto proprio nella nostra città. Si chiamava Israele Coen, ed era un ragazzo ebreo di Trieste di ventotto anni. Nel 1760 fu ricoverato d’urgenza nell’ospedale di Molfetta, e avendolo i medici dato per spacciato, il cappellano, il parroco di Santo Stefano e il gesuita irlandese P. Lorenzo Mac Egan, gli stavano per conferire l’unzione degli infermi. Il Coen rivelò di essere ebreo, ma i tre sacerdoti invece di desistere, cercarono di dissuadere l’uomo nel continuare a professare la religione ebraica, chiedendogli di abbracciare la fede cristiana. Alla fine “convinto dagli evidentissimi argomenti e pervaso di luce divina”, il ragazzo chiese di essere battezzato. La sua richiesta fu subito esaudita e gli furono imposti i nomi di Giuseppe Maria Pietro Fortunato. Con grande meraviglia di tutti, subito dopo essere stato battezzato, il Coen cominciò a stare meglio. Trascorse la convalescenza a Molfetta e poi una volta guarito del tutto, riprese il suo cammino per Napoli, per esercitare il mestiere di orefice e incisore di gemme.
Per ulteriori approfondimenti, consiglio la lettura del lavoro di Cesare Colafemmina “Presenza e attività di ebrei a Molfetta nei secoli XII-XVIII”.
Molfetta Viva – 1.11.2017