Pinhas P. Punturello
“In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno.”
Questi primi versetti della Genesi sono ben noti al mondo occidentale, sia esso laico che religioso e sono talmente noti da essere recepiti in maniera acritica, mentre invece dovremmo porci la domanda del perché Dio abbia scelto di iniziare la Creazione proprio con la luce. La luce, nella sua essenza assoluta, ha valore solo se relazionata alla sua utilità: sono le creature, piante, animali e uomo, che danno un senso alla luce perché ne recepiscono l’esistenza ed i benefici.
Comprendiamo quindi che se Dio ha iniziato il mondo attraverso la luce essa non è un semplice mezzo di Creazione, ma probabilmente ne è anche lo scopo, perché se la luce fosse stata creata secondo una visione utilitaristica, non avrebbe avuto senso il suo posto all’inizio di Bereshit, della Genesi, ma avremmo dovuto incontrarla dopo la creazione di piante, animali ed esseri umani.
La luce della Creazione, la luce primordiale che noi leggiamo con il veloce passaggio: “Sia la luce!” non è uno strumento, bensì uno scopo. Per questo motivo il suo ingresso nel Creato è un presupposto alla Creazione stessa e non una sua conseguenza: Dio ha come scopo l’introduzione della luce nel mondo e la luce quindi è il progetto stesso della Creazione, il suo orizzonte più completo.
Quando Dio afferma: “Sia la luce!” Non esprime solo una volontà creativa, ma ci indica un comportamento, una strada da percorrere, la giusta via da seguire che è quella di portare luce, di essere fonti di luce e di sentire la luce come scopo della nostra esistenza e non solo come mezzo di utilità.
La sfida primordiale che Dio consegna all’uomo non è quella di non vivere al buio, di non essere complice del buio, cosa che possiamo fare in maniera passiva semplicemente non compiendo il male, la sfida posta di fronte all’umanità è quella di essere fonte di luce, di impegnarsi affinché in questo mondo vi sia luce e per fare questo la passività di un comportamento che non fa il male non basta, bisogna agire per il bene, bisogna agire portando luce.
Noi iniziamo lo Shabbat con la luce delle candele e lo concludiamo con il fuoco della cerimonia dell’Havdalà, apriamo e chiudiamo il nostro riposo settimanale con la luce, come monito di impegno per il mondo e di richiamo creativo e morale che si esprime illuminando il posto di Dio in ognuna delle nostre realtà.
Parash? Bereshit – La Luce