Intervista a Gilad Atzmon, jazzista che vive a Londra, per il quale “Israele è peggio della Germania nazista”.
Manuel Talens – Rinascita
“Noi dobbiamo espellere gli arabi e prenderci i loro posti” (David Ben Gurion, 1937, Ben Gurion and the Palestine Arabs, Oxford University Press, 1985) “Dobbiamo usare il terrore, l’assassinio, l’intimidazione, la confisca delle terre e l’eliminazione di ogni loro cultura…”. Ben Gurion
Chi è veramente Gilad Atzmon?
Ottima domanda! Io sono sicuramente l’ultimo a saperlo. Presumo di essere un musicista jazz, e questo significa che sono impegnato nel reinventarmi. Per potermi reinventare, mi occupo soprattutto di questioni che riguardano me stesso. Una buona domanda iniziale è, chi potrei essere. Una gran parte dei miei scritti e della mia critica al sionismo e all’economia globale trae spunto dalla mia tendenza a riflettere su me stesso e a rivedermi criticamente.
Giochiamo a fare l’analista e l’analizzato: io deduco che se hai bisogno di reinventarti, è perché non sei felice di ciò che sei. Hai qualche problema con il fatto di essere ebreo?
Dico sempre che concedere interviste mi fa risparmiare il denaro che avrei speso per andare dallo psicanalista. Credo che la necessità di reinventarsi non costituisca necessariamente una fuga. Piuttosto, si tratta di una ricerca della vera essenza. Infatti, il processo di reinvenzione trae la propria forza da un chiaro assalto all’io. Cominci a suonare quando smetti di pensare. Per usare la terminologia di Lacan, potresti dire “tu sei là dove non pensi”. Può sembrare strano, ma mi rendo conto adesso che è stato il mio amore per il jazz a rendermi sempre più critico nei confronti dell’identità ebraica e del sionismo. All’età di diciotto anni, quando sarei dovuto diventare un soldato del suprematismo giudaico, mi sono innamorato di Coltrane e Bird. Fu allora che mi resi conto che la cultura che mi ispira (quella afroamericana) non aveva nulla a che vedere con la cultura per cui io avrei dovuto combattere.
Ma non hai risposto alla domanda, almeno non nei termini in cui io l’avevo pensata. Ti voglio ricordare che questa intervista sarà soprattutto rivolta a lettori ispanofoni non ebrei, che non sono necessariamente al corrente delle idiosincrasie del popolo ebraico. Io voglio sapere se ti senti a tuo agio come ebreo – considerando il fatto che nessuno sceglie le proprie origini – e lo faccio perché alcune delle mie domande successive tratteranno le delicate questioni dell’antisemitismo e del cosiddetto odio di sé ebraico. Ripeto: è un problema per te essere ebreo?
Niente affatto, perché non mi considero ebreo. Ciò detto, provo simpatia per gli ebrei religiosi, proprio come provo simpatia per i gruppi religiosi e la fede religiosa in generale, ma provo molto meno simpatia per l’identità ebraica laica. Io sostengo che una volta che spogli l’ebraismo dal suo contenuto spirituale, ti rimane solo il razzismo. Vedi, io non sono né un ebreo religioso né un ebreo laico. Quindi non posso considerarmi ebreo.
Beh, è un’affermazione piuttosto forte, che non mi aspettavo. A dire il vero, se accettiamo il concetto semiotico che afferma che la lingua costituisce il mondo interiore in cui viviamo, un mondo che non è mai neutrale e che modella il nostro modo di pensare, dopo averti sentito parlare in ebraico con tua moglie e con i tuoi figli, mi aspettavo di trovarti a tuo agio – anche se ovviamente critico – all’interno del campo linguistico in cui sei cresciuto. Va ricordato che l’ebraico non è una lingua franca più o meno denazionalizzata, come il francese o l’inglese, ma è la lingua resuscitata degli ebrei. Quindi, se sei stato allevato come un ebreo laico, ma non accetti più di esserlo, cosa sei adesso, un uomo di cultura?
In realtà, mi considero un palestinese di lingua ebraica. Parlo infatti l’ebraico, e la mia patria è la Palestina. Al contrario di Israele, una struttura politica razzista e nazionalista, la Palestina è un pezzo di geografia. La Palestina è autentica e genuina; Israele è artificiale e imposto. Vedi, quando provo nostalgia di casa, vado a un ristorante libanese piuttosto che a un ristorante di falafel israeliano. Però non oserei dire di essere riuscito a farmi assimilare da qualunque gruppo nazionale e sociale; e ti dirò che la cosa non mi preoccupa troppo. Il mio inglese è incerto e il mio accento rivela la mia provenienza entro pochi secondi. Ho imparato a conviverci. Sono nato e cresciuto in un certo luogo, e non ci posso fare niente. Ma ritengo che la compassione e l’empatia siano qualità umanistiche universali. Per me, staccarsi dall’ebraicità vuol dire, diventare un essere che prova empatia. Ecco verso dove sto andando, e il viaggio mi piace.
Adesso dimmi perché affermi che l’ebraicità laica sarebbe semplicemente una forma di razzismo. Ci sono milioni di persone oneste di estrazione ebraica che non sono affatto religiose eppure si sentono e si ritengono ebrei, e quindi la tua affermazione mi sorprende. Me la puoi spiegare? E allo stesso modo, potresti dirmi in parole semplici cosa è il sionismo? Ti ricordo che stai dialogando con gentili occidentali, i cui geni culturali – i cosiddetti memi – sono cristiani, e che quindi si sentono spesso perplessi quando devono affrontare nozioni come il sionismo, il semitismo o i loro antonimi, l’antisionismo e l’antisemitismo.
Bene, qui bisogna chiarire una cosa. Non è l’origine ebraica che ti fa diventare razzista, quanto piuttosto l’adesione a un’identità ebraica laica che può farti diventare razzista. Come già dissi prima, una volta che togli il contenuto religioso dall’ebraicità, rimani con il concetto di sangue ebraico. Il sionismo è infatti una visione nazionalista che associa l’ebraicità alla razza piuttosto che a una fede religiosa. In quanto tale, il sionismo è essenzialmente la credenza che Sion (la Palestina) sia la patria nazionale del popolo ebraico.
Questa curiosa credenza è basata, fondamentalmente, su una promessa biblica. In altre parole, i sionisti trasformano il testo spirituale (la Bibbia) in un documento del catasto. Ma, ci possiamo chiedere, che cosa è allora il popolo ebraico? Da un punto di vista sionista, gli ebrei sono coloro che il caso ha voluto fossero ebrei per razza. Infatti, il sionismo precede il nazismo. I primi sionisti parlavano di sangue ebraico e di eugenetica razziale quando Hitler ancora indossava i pannolini. Il problema è che mentre il sionismo è cominciato come un movimento politico esoterico e marginale, ed è stato criticato dalla maggior parte delle scuole ideologiche e religiose ebraiche, esso viene presentato oggi come la voce ufficiale del popolo ebraico. Io tendo a ritenere che molti ebrei – e questo include anche molti cosiddetti “ebrei antisionisti” – non sono altro che criptosionisti.
In uno dei miei articoli più recenti sostengo che quelli che chiamano se stessi ebrei si possono dividere in tre categorie principali: 1. quelli che seguono il giudaismo; 2. quelli che si considerano esseri umani casualmente di origine ebraica; 3. quelli che mettono la propria ebraicità prima di ogni altra loro caratteristica. Ovviamente, non ho alcun problema con le prime due categorie, ma la terza è piuttosto problematica. L’ebreo della terza categoria è, ad esempio: un ebreo che vive in America (piuttosto che un americano casualmente di discendenza ebraica), un ebreo che suona il sassofono (piuttosto che un sassofonista casualmente ebreo), un ebreo antisionista (piuttosto che un antisionista casualmente ebreo). Per l’ebreo della terza categoria, l’appartenenza razziale è una qualità primaria e questa, in realtà, è l’essenza stessa del sionismo. Nascere come ebreo è una cosa assolutamente innocente, ma essere ebreo non è necessariamente innocente. Tutto dipende dalla categoria che si sceglie. Se non si appartiene a una delle prime due categorie, non si è necessariamente innocenti.
Quando dici “non si è necessariamente innocenti”, suggerisci che si può ancora appartenere alla terza categoria senza essere razzisti. È questo che vuoi dire?
E’ solo che voglio essere gentile.
Insisto: sei pronto ad accettare che questi antisionisti ebrei, che secondo te sono semplicemente criptosionisti, potrebbero comunque essere ottimi esseri umani e per nulla razzisti?
Vedi, tutti abbiamo una “coscienza razziale”, ma essere “razzisti” è tutt’altra faccenda. Voglio essere molto chiaro. Essere un ebreo laico, ma fare della propria ebraicità una qualità primaria, è una chiara manifestazione di una tendenza razzista. Molti ebrei antisionisti semplicemente non si rendono conto dei problemi che comporta il loro approccio razziale. Ecco perché ho cercato di dialogare con loro e di spingerli a rendersi meglio conto dei loro errati obiettivi razziali. Li invito a lasciarsi indietro il loro approccio antisionista razzialmente esclusivo, e a partecipare invece a una chiamata universale. Ovviamente, molti ebrei se ne accorgono da soli. Io sostengo che, se il sionismo è categoricamente errato secondo quelli che lo combattono, allora la propria appartenenza razziale o etnica diventa irrilevante.
Se ho ben capito, il bersaglio dei tuoi proiettili retorici sono solo alcuni individui ebrei (a essere precisi, alcuni individui ebrei che appartengono alla terza categoria) e non il popolo ebraico in quanto gruppo.
La risposta è sì. Io non faccio una critica inclusiva a un gruppo, perché gli ebrei non sono né un gruppo né un “popolo”. Comunque, è importante precisare che la terza categoria non è un mucchio casuale di individui. In pratica, la terza categoria ha un’identità molto solida con scopi globali chiari. Io sostengo che dentro la terza categoria, troverai polarizzazioni politiche e anche un’opposizione metafisica. Vedrai che ci sono coloni sionisti duri da Brooklyn, come un marxista rivoluzionario ebreo di Londra. Non possiamo criticare gli ebrei come gruppo, perché essi non costituiscono un popolo, una continuità razziale e nemmeno un’entità etnica o culturale. Le differenze culturali tra ebrei sefarditi e ashkenaziti sono ovvie, ma la cosa va oltre. Gli antropologi ci diranno che gli ebrei non sono una razza: infatti, gli studi genetici hanno recentemente dimostrato che, mentre gli ebrei sefarditi e i palestinesi condividono una comune origine cananea, gli ashkenaziti, o comunque la grande maggioranza di loro, non hanno nulla a che vedere con Canaan…
Scusami, ma alcuni lettori si potrebbero perdere se non torni alle cose più elementari, e ci spieghi la differenza tra ebrei sefarditi ed ebrei ashkenaziti.
Tradizionalmente, gli ebrei sefarditi (Sephardi in ebraico significa Spagna) sono associati con quella che si chiama un’origine orientale (Medio Oriente, Mediterraneo, i Balcani, l’Arabia, ecc.). Il termine ashkenazita si riferisce invece soprattutto agli ebrei di discendenza europea. Ma la faccenda è ancora più complessa, perché, come molti sanno, gli ebrei ashkenaziti sono in realtà khazari. I loro antenati si sono convertiti al giudaismo attorno al nono secolo. Questo fatto è piuttosto imbarazzante per i sionisti perché se le cose stanno così, allora per la maggior parte degli ebrei ashkenaziti, “casa” significa la terra del vecchio regno dei khazari (da qualche parte tra il Mar Caspio e il Mar Nero). Le loro origini geografiche non hanno nulla a che vedere con la Palestina. Tra parentesi, si tratta di una questione interessante. Io tendo a credere che tutti gli ashkenaziti siano khazari. Tempo fa, Marcel Charbonnier mi mandò un pezzo tradotto da lui sulle origini dello yiddish. Secondo questo dettagliatissimo studio accademico, lo yiddish è in realtà strutturato come la lingua dei khazari. Ma non vogliamo divagare troppo, e poi io sono tutt’altro che esperto in materia.
Per curiosità, tu sei di origine ashkenazita?
Mio padre è sicuramente un ebreo ashkenazita. Quindi sono probabilmente di origine khazara.
Va bene, andiamo avanti.
Eppure, anche se gli ebrei non costituiscono una razza, gli ebrei della terza categoria sono motivati razzialmente. È la motivazione razziale a cui mi oppongo. Come sai, perché conosci molto bene i miei scritti, io sono l’ultimo a giudicare le persone per la loro appartenenza razziale, anzi sono totalmente contrario a un simile approccio. Non c’è un solo riferimento razziale nei miei scritti critici. In pratica, la mia critica degli ebrei e dell’ebraicità si concentra sull’ “identità” della terza categoria. Come forse sai, la maggioranza del popolo ebraico è attratta dalla filosofia della terza categoria. I sionisti si trovano ovviamente al centro stesso della percezione suprematista, ma gli “ebrei antisionisti” sono appena più distanti.
Sono contento che tu abbia chiarito la questione, perché dal punto di vista di un gentile perplesso, è davvero intrigante vedere come tu, Gilad Atzmon – un essere umano che è casualmente di estrazione ebraica, per citare le tue stesse parole, che confessa la propria simpatia per gli ebrei religiosi e aborrisce il razzismo – vieni furiosamente attaccato da sionisti e da alcuni difensori a oltranza di Israele, con l’accusa di essere un razzista, un antisemita e un ebreo odiatore di sé. Che senso ha tutto ciò? Non si tratta forse di una guerra di propaganda che adopera la parola “razzista”, volutamente privandola del suo significato semantico originario?
Certamente, è una cosa voluta e anche ben congegnata. L’identità ebraica contemporanea consiste in tre elementi principale: quello religioso, quello nazionalista e quello razzista. I sionisti hanno interesse a confondere il più possibile i tre elementi, e questo costituisce una truffa intellettuale. Quando attacchi la loro politica nazionalista, ti accusano di essere razzista; se attacchi le loro tendenze razziste, pretendono che è tutto semplicemente il frutto della loro innocente religione. Il mio modello della “terza categoria” suggerisce un modo di attaccare il sionismo oltre all’ebraicità, in quanto visione tribale, esclusiva e suprematista del mondo.
E adesso due domande a bruciapelo per risolvere questa faccenda e per collocarti in maniera definitiva. Sei antisemita?
Certamente no. Io sostengo che una volta che Israele si è stabilito esplicitamente come lo stato del popolo ebraico, e lo ha fatto a spese dei nativi palestinesi, ogni atto di guerra contro gli ebrei può essere inteso in termini di “lotta politica”. Questo non vuol dire che un tale atto sia legittimo.
Sei antisionista?
Certamente sì. Ma io tendo ad allargare la definizione di sionismo. Per me, ogni ebreo della terza categoria o è un sionista o è un cripto-sionista, qualunque cosa di diverso possa pretendere. La mia posizione costituisce chiaramente una sfida seria all’identità ebraica. Ho letto molte cose che hanno scritto contro di me, ma non ho mai trovato un argomento contrario che stesse in piedi. Comincio a chiedermi se un tale argomento esiste. Se non esiste, è più che probabile che non avrò molto più da dire in futuro su questo tema. Forse comincerò a scrivere a proposito dei fiori e degli uccelli.
GABRIELE REPACI
Condivido nell’essenziale ciò che ha detto Atzmon. Aggiungo che a mio avviso non esistono e non possono esistere ebrei laici. Un ebreo che non professa la religione dell’ebraismo non è semplicemente un ebreo. Altrimenti anche io che ho un genitore ebreo dovrei essere considerato un ebreo! Rifiuto anche la nozione di popolo ebraico dal momento che un popolo si determina sulla base di una comune origine etnica e linguistica.
Come giustamente notato da Atzmon gli ebrei non possiedono una comune discendenza etnica (gli ashkenaziti discendono dai kazari, i sefarditi dai berberi, i falasha dagli etiopi…
PAOLA FOLCHI
Il razzismo, come giustamente dice Gabriele, parte dagli insegnamenti talmudici che formano il futuro seguace dell’ebraismo, ma anche chi se ne discosta diventando laico o addirittura ateo. Insomma il Talmud, scritto da rabbini e che riassume tutta la tradizione orale esistente e la ordina rigorosamente, pare scorrere nelle vene di tutti i sionisti, quasi tutti atei.
Fonte
Wikipedia: Nell’agosto 2006 Atzmon ha dichiarato ad Al Jazeera che «non si può fare un confronto tra Israele ed il Nazismo… Dobbiamo ammettere che Israele è il male assoluto, più che la Germania nazista»[4].