Un detto talmudico afferma che “hakol bydeh Shamayim chutz meyirat Shamayim / tutto è nelle mani di Dio, tranne il timore di Dio”. Cosa vuol dirci questo insegnamento? Con questa espressione i maestri sottolineano che, sebbene Dio controlli tutto ciò che accade nell’universo, c’è un ambito che ha scelto di non controllare, il nostro libero arbitrio. Noi, e solo noi, decidiamo se agire correttamente o impropriamente. Dio non ci costringe a scegliere il bene sul male o viceversa. Lascia questa decisione completamente sotto il nostro controllo.
Il Ben Ish Chay (Rav Yosef Chayym di Baghdad, 1833-1909), solleva la questione di come conciliare questo principio fondamentale, con altre fonti che indicano che Dio può indurci al pentimento. Infatti, in un contesto diverso, nel Talmud si afferma che opporsi allo “Yetzer Hara / l’inclinazione al male” e compiere la Teshuva (il processo di ritorno sulla via del Signore), sarebbe impossibile senza l’aiuto di Dio. Tanto è vero che, ogni giorno, recitiamo nella preghiera Amidah “hashivenu Avinu letoratekha / facci tornare o Padre nostro alla Tua Torah”, la richiesta a Dio che ci riporti all’osservanza religiosa.
Come possiamo dunque recitare una preghiera del genere, se Dio non interferisce con il nostro libero arbitrio e solo noi decidiamo se smettere di trasgredire e tornare ad agire correttamente?
Il Ben Ish Chay risponde a questa domanda differenziando due diverse fasi nel processo di pentimento: 1. il pensiero iniziale; 2. l’azione successiva.
La via verso il pentimento inizia con un moto del cuore, con l’idea – nella mente – di dover migliorare. Ma questo è solo l’inizio. Dopo essere giunti a questa consapevolezza, bisogna poi impegnarsi a fondo per cambiare nell’ azione e pregare quindi per il perdono.
Il Ben Ish Chay spiega che Dio “interferisce” con il nostro libero arbitrio, solo con l’inserimento nella nostra mente dell’idea del pentimento. Questi pensieri propositivi, insieme ai sentimenti di delusione verso noi stessi per gli errori commessi, che solo occasionalmente proviamo, sono un vero e proprio dono divino. Ma il resto dipende da noi.
Dio ci indica una via nelle nostre menti, ma solo noi possiamo decidere di imboccarla.
E così, quando chiediamo a Dio di riportarci al pentimento con la benedizione di “hashivenu Avinu letoratekha / facci tornare o Padre nostro alla Tua Torah”, facciamo richiesta di un impulso, di una ispirazione iniziale. Invochiamo da Dio il dono di quei sentimenti iniziali, il desiderio di pentirci, consapevoli che il resto del processo dipende esclusivamente da noi.
Queste due fasi si riflettono nelle due fasi degli Aseret yemè teshuva / i dieci giorni del pentimento. Nei primi due giorni, la festa di Rosh Hashanah – il capodanno ebraico -, nelle preghiere che abbiamo recitato non menzioniamo nulla riguardo al pentimento e al perdono. Le preghiere di Rosh Hashanah si concentrano sul tema della regalità di Dio e sul fatto che Egli giudichi la terra, speriamo secondo misericordia. Rosh Hashanah è pertanto il momento in cui sviluppiamo il dono dei pensieri di pentimento, nella contemplazione di Dio quale creatore e guida dell’universo.
A questo allude la parola “Rosh”, che significa “capo”, per indicare che questo è il momento in cui sviluppiamo pensieri e sentimenti di pentimento.
Il resto di questo periodo, i restanti otto giorni di cui l’ottavo è Yom Kippur, il giorno dell’espiazione, è il momento in cui dobbiamo tradurre questi pensieri in una azione pratica, soprattutto nel pregare per il perdono e nel proporre un serio programma di lavoro per migliorarci durante l’anno appena iniziato. Il pentimento sincero richiede un duro lavoro, ma anche preghiera, affinché Dio ci ispiri a migliorare, così da poter poi impegnarci per apportare i cambiamenti necessari. Questo percorso si può attuare durante tutto l’anno, ma questi dieci giorni iniziati martedì scorso, sono i più favorevoli. Come parte dei nostri sforzi, dobbiamo implorare il Creatore di fare la Sua parte, di scuotere i nostri cuori e di darci l’ispirazione di cui abbiamo bisogno, per compiere una Teshuvah Shelemah, quel ritorno completo che farà di noi delle persone migliori che contribuiranno, ognuno nel proprio ruolo, alla restaurazione del mondo, Shabbat Shalom!