“Weele hamishpatim asher tasim lifnehem/E queste sono le leggi che tu [Mosè] porrai davanti a loro” (Esodo 21:1). Il brano della Torà di questo sabato presenta una serie di leggi che regolano principalmente le relazioni interpersonali. A titolo esemplificativo ricordo le norme riguardo il divieto di parlare con insensibilità a una vedova o a un orfano, la responsabilità di risarcire i danni che una persona avesse causato, la responsabilità per danni ai beni delle persone affidate ad un incaricato a preservarle, e così molte altre.
Le parole iniziali del brano citate sopra, sono commentate da Rabbì Shelomo Yitzhaqi (RaSH”Y, 1040-1105) il quale osserva che questo verso inizia con la lettera “waw” (“we-“), che rappresenta la congiunzione “e”. Normalmente, una nuova sezione non dovrebbe iniziare con la congiunzione “e”. e RaSH”Y spiega che, in questo caso, questa lettera è necessaria in quanto unisce le norme insegnate in questo brano con l’evento raccontato la scorsa settimana del dono della Torà attraverso la promulgazione del Decalogo.
La Torà ha dunque voluto collegare queste due sezioni con la lettera di congiunzione “We/E”, per insegnarci che proprio come il Decalogo fu pronunciato sul Sinai, anche tutte le norme di questa sezione furono trasmesse ai nostri antenati sul Sinai.
Cosa comporta questa semplice spiegazione.
Se ci venisse chiesto cosa ci definisce “religiosi”, per mettere insieme un “curriculum” che affermi la nostra religiosità, includeremmo di sicuro l’osservanza dello Shabbat, il mangiare perfettamente kasher, rispettare le regole di purezza familiare, quelle di un abbigliamento appropriato e pregare tre volte al giorno. Certamente, queste sono componenti di importanza cruciale per una vita religiosa che devono essere incluse in questo curriculum. Ma ci sono molte altre cose devono essere considerate parte integrante di un curriculum religioso.
Essere cortesi, onesti, laboriosi, parlare con rispetto a tutti, in particolare al coniuge, ai figli e agli altri membri della famiglia, fare beneficenza, trattare adeguatamente i propri dipendenti, tendere una mano ai bisognosi: queste sono parti non meno importanti rispetto alle altre del nostro curriculum religioso.
Domenica, 25 di Shevat, sarà l’anniversario della morte del fondatore del movimento Musar (etica ebraica), Rav Israel Salanter (1810-1883). Forse non è solo un caso che questo giorno coincida sempre con la lettura di questo brano della Torah che ci insegna come comportarci eticamente verso gli altri. Gli insegnamenti di Rav Salanter sottolineano molto fortemente l’importanza dei nostri obblighi interpersonali come parte integrante della vita della Torah.
C’è un episodio molto significativo che si tramanda su Rav Salanter. Una volta, i suoi studenti andarono da lui prima di andare in fabbrica a cuocere le matzot per Pesach, per chiedere quali rigorosità avrebbero dovuto osservare per questa importante mitzwah. Rav Salanter rispose loro: “State molto attenti a non urlare alla donna incaricata delle pulizie della fabbrica, è una vedova. Rivolgetevi a lei con gentilezza. La preoccupazione per i suoi sentimenti è il rigore più importante che dovreste osservare”.
Questa era l’insegnamento più importante che Rav Salanter voleva trasmettere ai suoi allievi in quel momento. Ci sono numerose rigorosità che è appropriato osservare quando si cuociono le matzot per Pesach, ma sono solo severità, che non sono richieste al livello della norma di base della Torah. Parlare rispettosamente a una vedova, invece, è un vero e proprio obbligo della Torah. Questo ha la priorità. Questa è la lezione della lettera di congiunzione “Wav/E” che da inizio a queste norme etiche: anche il modo con cui ci relazioniamo con le persone fa parte della Torah e deve essere incluso nel nostro curriculum religioso.
In un momento come quello che stiamo vivendo, in cui un odio globale e viscerale contro il nostro popolo si manifesta in tutte le sue forme più abiette, ci riconoscessimo nell’etica ebraica che rifulge dalle mitzwoth di questa parasha. Saranno come un balsamo curativo per il nostro spirito così provato e ci educheranno a vederci l’un l’altro come parte di un unicum cosicché il Signore dirà del popolo d’Israele: “Tu sei uno, il tuo nome è uno e chi è come te Israele”,
Shabbat Shalom!