“E Abramo, com’ebbe udito che il suo fratello era stato fatto prigioniero, armò trecentodiciotto dei suoi più fidati servitori, nati in casa sua, ed inseguì i re fino a Dan” (Genesi 14:14).
Questa settimana leggiamo della miracolosa vittoria militare di Abramo contro quattro grandi re mesopotamici. A causa di una ribellione, questi regni mossero guerra alla città di Sodoma e alle quattro città circostanti. Furono catturati tutti i loro cittadini, incluso il nipote di Abramo, Lot, che abitava alle porte di Sodoma. Quando Abramo venne a sapere della cattura del nipote, mobilitò immediatamente i suoi servi in un esercito di 318 uomini e inseguì i quattro re. In modo miracoloso, Abramo li sconfisse e liberò tutti i prigionieri.
Il Midrash, come citano diversi commentatori, racconta che Abramo non lanciò il suo attacco con 318 soldati ma era accompagnato da una sola persona, il suo fedele servitore Eliezer. L’interpretazione del Midrash si basa sul fatto che il nome “Eliezer” ha il valore numerico di 318, pertanto, quando la Torah parla di Abramo che mobilitò 318 uomini, significa in realtà che prese con sé solo il suo servitore. I due combatterono da soli e trionfarono miracolosamente.
Rabbenu Bahya (1255-1340), uno dei grandi commentatori spagnoli, aggiunge altri dettagli al resoconto del Midrash.
Abramo inizialmente aveva 318 uomini, ma tutti lo abbandonarono prima della battaglia. La Torah, nel libro del Deuteronomio, richiede che prima che l’esercito parta per la guerra, il Sacerdote faccia un discorso alle truppe e annunci alcune esenzioni: chi si è fidanzato con una donna e non l’ha ancora sposata, chi ha costruito una casa e non la ha ancora inaugurata, chi avesse piantato una vigna e non ha consunmato il prodotto (usufruibile dal quarto anno dalla piantagione). A questi si possono aggiungere tutti coloro che sono spaventati perché potrebbero scoraggiare i compagni più coraggiosi.
Abramo seguì questa procedura e tutti i 318 uomini se ne andarono prontamente, poiché erano spaventati dalla prospettiva di combattere contro quattro potenti eserciti. Alla fine, Abramo combatté questa guerra accompagnato solo da Eliezer.
Rav Tzadok Hakohen di Lublino (1823-1900) vide questo episodio come un precedente di vitale importanza e come un’infusione nella nazione ebraica di una delle sue qualità più notevoli.
Mai disperare.
Tra gli ebrei che scamparono alle camere a gas dei campi di sterminio nazisti, ci sono quelli sono riusciti a creare uno stato sovrano e ricostruire una nazione ebraica indipendente in terra d’Israele. Nel corso della nostra storia millenaria, abbiamo sempre vissuto e avuto fiducia nel fatto che “Yeshuat Hashem keheref ayin”, il Signore può risolvere anche una crisi apparentemente irrisolvibile, in un solo istante.
La storia di Abramo ed Eliezer può essere considerata la fonte originale di questo concetto.
Dopo che i 318 uomini scapparono via, Abramo si ritrovò solo e, apparentemente, indifeso.
Come avrebbe potuto combattere una guerra contro quattro potenti eserciti da solo? Abramo, non si disperò, prese il suo servitore di fiducia e insieme vinsero la loro battaglia.
Rav Tzadok notò – inoltre – che il valore numerico della parola “Yeush/disperazione/יאוש” è 317.
Con questo rilievo Rav Tzadoq intende insegnare che dal momento che il nome di Eliezer ha il valore numerico di 318, diventa una potente allusione della necessità di ricercare la forza spirituale per trascendere la disperazione e credere che Dio può sempre aiutare. E, soprattutto, che il passo che dobbiamo fare è brevissimo, basta aggiungere un solo numero.
Questa è la lezione di questa storia, ed è una lezione che dobbiamo applicare ogni giorno della nostra vita.
Per quanto possa essere disperata la propria situazione, un ebreo non dispera mai, non rinuncia mai, non viene meno mai al suo essere, non deve mai perdere la speranza. Perché solo così si potrà scorgere l’intervento di Colui che può portare la “salvezza in un batter d’occhio”, Shabbat Shalom!