Giacomo Galeazzi
Il rabbino capo di Roma: Spesso si ignora lo slogan della Palestina che nega l’esistenza di Israele. Per fortuna in Italia non c’è ancora il livello di esasperazione che c’è in Francia.
«I nodi vengono sempre al pettine e alla fine, invariabilmente, il fascismo si dimostra antisemita. E come se rivelasse la sua vera natura. La maschera cade», afferma Riccardo Di Segni. Dal 1999 dirige il Collegio Rabbinico Italiano, dal 2001 è il rabbino capo di Roma e la guida spirituale della comunità più antica d’Europa. Primario di radiologia all’ospedale San Giovanni di Roma, è vicepresidente del Comitato Nazionale per la Bioetica (Cnb) e vicepresidente della Conferenza Rabbinica Europea. Autore in tutto il mondo di numerose pubblicazioni di cultura ebraica, tra cui “Degli ebrei e dell’ebraismo: un dialogo” (2022), ha promosso il progetto di traduzione italiana del Talmud Babilonese curandone personalmente alcuni trattati. Oggi il rabbino Riccardo Di Segni vede «doppio standard, amnesie, totale asimmetria di giudizio, propaganda». E aggiunge: «L’ondata di antisemitismo si allarga a tutti gli ebrei, a loro come persone e a loro come cultura. Un passante riconoscibile come ebreo che viene malmenato, una casa di ebrei che viene segnata, persino pietre di inciampo che vengono deturpate».
Rabbino Di Segni, com’è la situazione dell’antisemitismo oggi in Italia?
«La situazione è preoccupante. L’antisemitismo e l’ostilità contro gli ebrei assumono oggi, schematicamente, almeno tre forme differenti. Tre matrici emergono: quella dei nazisti e di chi li rimpiange, quella veterocattolica e quella di sinistra , di cui si nega l’evidenza perché è mescolata alla politica».
A cosa si riferisce?
«A una sinistra neppure estrema che abbraccia acriticamente la causa palestinese negando più o meno apertamente il diritto all’esistenza di Israele. In comune hanno il desiderio di annientare gli ebrei, colpevolizzarli o privarli di diritti. Poi una certa sinistra tutta schierata proPal ha dimenticato che a essere colpiti il 7 ottobre sono stati dei kibbutz, cioè delle fattorie collettive che realizzano pacificamente e democraticamente l’ideale socialista, e che in tempi lontani erano la punta di diamante per tutte le sinistre del mondo. Ora invece i loro preferiti sono i fanatici integralisti religiosi».
Il sovranismo è una minaccia per l’ebraismo?
«Uno dei rischi insiti nel sovranismo è considerare gli ebrei stranieri, estranei alla patria. È esattamente il percorso fatto da Benito Mussolini. Il tormento contro gli ebrei lui ce l’aveva fin dall’inizio, molto prima delle leggi razziali con le quali dal 5 settembre 1938 gli ebrei in Italia vennero esclusi da qualsiasi servizio e attività pubblica».
Un antisemitismo connaturato?
«Sì. È un pensiero insito nella storia di quel dittatore. Poi Benito Mussolini con il rapporto con gli ebrei ha giocato politicamente, finché non ne ha avuto più bisogno e ha gettato la maschera scatenando la persecuzione attraverso le leggi razziali. L’antisemitismo è connaturato ad ogni regime dittatoriale e può infiltrarsi anche nei sistemi democratici inquinandoli» .
Quanto incide il conflitto in corso a Gaza sull’antisemitismo?
«Determinati pregiudizi riaffiorano e si aggravano a seconda dei momenti, come le forme religiose veterocristiane di antisemitismo. In questo periodo, per esempio, è riemersa l’idea antica dell’ebreo vendicativo, dell’ebreo che uccide i bambini. È il genere di fantasmi uscito fuori dopo il 7 ottobre. A ciò si aggiunge l’antiebraismo religioso e politico di tipo islamico che nasce da una lettura fondamentalista della tradizione coranica».
Che ruolo ha la politica?
«Si tende a negare l’antisemitismo e invece è terribilmente intrecciato alla politica. Per esempio negli attacchi al diritto di esistere di Israele, come quando si prende a simbolo il vessillo della Palestina dimenticando il suo slogan “From the river to the sea” (e cioè dal fiume Giordano al mare Mediterraneo) che significa la cancellazione dello Stato di Israele. Tutto ciò è emerso ovunque nel mondo, in Europa e anche in Italia dove non siamo ancora arrivati alle esasperazioni francesi degli assalti alle sinagoghe. Basta osservare le reazioni al massacro del 7 ottobre nei kibbutz e i paesi israeliani intorno a Gaza. L’orrore, lo sdegno, la pietà, la solidarietà sono scattati prontamente. Beninteso non per tutti, c’è anche chi ha minimizzato, chi ha negato l’evidenza. Poi c’è stato il ridimensionamento, la relativizzazione, il “sì però” e la giustificazione: “Sono esasperati”.
Poi, in rapida successione, mentre Israele reagiva, sono arrivati i predicatori di morale, i “proporzionalisti”. Ma quale è la reazione proporzionale alle stragi, agli stupri, alle decapitazioni?».
Fascismo uguale antisemitismo?
«I nodi vengono sempre al pettine e alla fine il fascismo si dimostra sempre antisemita. E come se rivelasse la sua vera natura. La maschera cade. Un rischio che c’è anche a sinistra. La settimana dopo il 7 ottobre per strada mi sono sentito dare del massacratore di bambini. È il frutto avvelenato di una narrazione profondamente deformata che crea pericolosi cortocircuiti».
Qual è il clima di ostilità?
«Ho un cospicuo dossier di lettere che accusano gli ebrei dei peggiori misfatti dell’umanità. Sono in gran parte dichiaratamente di matrice cristiana e di sinistra. A un livello più sofisticato mi sento chiedere anche da autorevoli uomini politici di parlare con Benjamin Netanyahu per fermarne l’azione militare a Gaza. È la deformazione del racconto per cui il rabbino di Roma può dire al governo israeliano di smetterla».
Rispetto al passato c’è più o meno antisemitismo?
«Ricordo tutto, incluso l’attentato mortale alla sinagoga di Roma del 1982. Già alcune volte negli ultimi decenni le periodiche recrudescenze del conflitto medio-orientale che hanno coinvolto Israele hanno scatenato reazioni antiebraiche. Un commando palestinese che spara contro una Sinagoga, come successe a Roma nel 1982, non fa distinzioni: il nemico è l’ebreo ovunque si trovi. Per alcuni aspetti sembra un deja vu, ma molte cose sono cambiate. Il quadro storico è mutato e i confronti sono difficili ma la condizione attuale è preoccupante. Rispuntano le categorie teologiche dell’occhio per occhio. “Noi” siamo i buoni e gli amanti della pace, e “voi” siete i cattivi, i vendicativi».