Il secondo libro della Torà si chiama Shemòt che significa “nomi” e che inizia con queste parole: “E questi sono i nomi dei figli d’Israele venuti in Egitto…” (Shemòt, 1:1).
R. Gedalià Schorr (Polonia, 1910-1979, Brooklyn) in una derashà trascritta in Or Gedalyahu (pp. 1-4), disse che tutta la parashà tratta l’argomento dei nomi. Inizia con i nomi delle tribù e continua con il nome di Moshè [che gli diede la figlia del faraone] e con il nome del Santo Benedetto.
R. Schorr cita un midràsh (Bemidbàr Rabbà, 19:3) nel quale è detto: «Qual era la saggezza di Adam? Quando il Santo Benedetto volle creare l’uomo, consultò gli angeli che Lo servivano e disse loro: “Facciamo l’uomo a nostra immagine”(Bereshìt, 1: 20), essi dissero: “Chi è mai l’uomo che di lui ti sovvenisti?” (Salmi 8:5). Egli disse: l’uomo che voglio creare è più saggio di voi. Cosa fece [Iddio]? Raccolse tutti gli animali, domestici e selvatici, e i volatili e li fece passare davanti a loro. Dio chiese loro: quali sono i nomi di questi? Essi non lo sapevano. Dopo aver creato l’uomo li fece passare davanti a lui. Gli chiese: quali sono i nomi di questi? [L’uomo] rispose: a questo è appropriato il nome shor (toro), a questo arì (leone) a questo sus (cavallo) a questo chamòr (asino), a questo gamàl (cammello) e a questo nèsher (aquila). Così infatti è detto [nella Torà]: “E l’uomo diede i nomi a tutti gli animali…”(Bereshìt, 2:20). E [Dio| chiese [all’uomo]: E quale è il tuo nome? Egli rispose: Adam, perche sono stato creato dalla adamà (terra). Il Santo Benedetto gli chiese: ed Io, qual è il Mio Nome? Egli rispose: A-donai. E perché? Perché sei il Signore (Adòn) di tutte le creature. Così infatti è scritto: “Io sono il Signore, tale è il mio nome; e io non darò la mia gloria ad un altro, né la lode che m’appartiene, agli idoli” (Isaia, 42:8). Questo è il nome con il quale mi ha chiamato Adam».
R. Schorr chiede: quale grande saggezza era necessaria perché Adam sapesse chiamare tutte le creature per nome e per la quale il Signore si vantò con gli angeli? Tutti i saggi delle varie nazioni, nazione per nazione con la loro lingua, hanno dato nomi alle creature. Qual è quindi la grande saggezza? Da qui impariamo che i nomi che diede Adam non erano dei semplici nomi convenzionali. Adam capì il segreto (sod) di ogni creatura, e quindi conosceva la base della vitalità (chayùt) di ogni creatura e la sua essenza (mahùt). Il nome che diede ad ogni creatura corrispondeva alla sua realtà (metziùt). Questa era la saggezza di Adam. Perché ogni nome corrisponde all’essenza (mahùt) e alla forza (koach) della creatura. Dalle parole dei Maestri all’inizio del trattato Pesachìm (2a), impariamo che il nome rappresenta l’essenza e la funzione della creatura. Sul versetto “Dio chiamò la luce, giorno…” (Bereshit, 1:5), i Maestri dissero: Dio chiamò la luce a le comandò di eseguire la mitzvà del giorno, e Dio chiamò l’oscurità e le comandò di eseguire la mitzvà della notte. “Chiamò” in questo contesto, non connota l’assegnazione di un nome, ma che Egli incaricò il giorno e la notte di svolgere le loro caratteristiche funzioni. Alla base di tutto questo è il fatto che la lingua della Torà (leshon ha-kodesh) è diversa da tutte le altre lingue. Tutte le altre lingue sono convenzionali e i nomi non rappresentano la loro essenza. Nella lingua della Torà invece i nomi rappresentano l’essenza di ogni cosa. Infatti quando si vuole dire che una cosa è stata distrutta si dice: Il suo nome è distrutto (avàd shemò). E questo perché il nome ne rappresenta l’essenza.