“Quando vai in guerra contro il tuo nemico e vedi una forza più grande della tua, non temerli perché il D-o che ti ha portato dall’Egitto D-o è con te”. In base a quale scala decidiamo chi è e chi non è un nemico? Come può D-o comandarci di “non aver paura”? Perché il versetto deve identificare D-o come “il D-o che ti ha portato via dall’Egitto”?.
Ci sono due ragioni fondamentali per la paura: La paura del conosciuto e la paura dell’ignoto. La paura del conosciuto consiste ad esempio nella paura dei dolori, la paura del parlare in pubblico e in generale nelle paure associate alla mancanza di fiducia in se stessi. La paura dell’ignoto include tutte le situazioni che coinvolgono l’ignoto. Il modo per distinguere tra i due tipi di paure è vedere se rimuovere l’ignoto dissipa o meno la paura. Ad esempio, la paura nell’affrontare nuove situazioni sociali (trasferimento, studio o altri tipi di situazioni simili) spesso si dissolve quando si ha avuto la possibilità di adeguarsi e apprendere i protocolli sociali associati a quelle situazioni. D’altra parte, se la paura in questi casi non comincia a dissiparsi, la paura non è la paura dell’ignoto ma, spesso, il risultato di una mancanza di fiducia o paura del successo. Indubbiamente, le due paure sono correlate e spesso si sovrappongono. Alcune paure potrebbero essere sintomatiche di preoccupazioni più profonde, sia organiche che psicologiche.
La guerra è certamente un momento pieno di paura per ogni persona intelligente. Il popolo ebraico che stava per entrare in Eretz Israel non ignorava il significato o le conseguenze della guerra. A partire dalla guerra contro Amalek fino alle guerre contro Canaan, Og, Sichon e Midian, gli ebrei erano ben consapevoli delle conseguenze della guerra. Tuttavia, D-o ha comandato loro di non aver paura e questo comandamento è così attuale da essere rivolto anche a noi. Come può D-o comandarci di essere senza paura?
Quando gli ebrei erano sulle rive del Mar Rosso con alle spalle l’esercito egiziano, Moshe disse: “Non abbiate paura. D-o farà la guerra per voi mentre rimanete in silenzio!” Durante la guerra contro Amalek, Moshe aveva le mani alzate verso il cielo in modo che gli ebrei sapessero che la vittoria era opera di D-o e non opera loro. Tuttavia, in questo caso non fu detto di “non aver paura” ma di avere Emuna (fede) e di confidare nell’inevitabilità dell’invincibilità di D-o.
Tuttavia, mentre Moshe preparava gli ebrei alla sua morte e al loro ingresso in Eretz Israel, era chiaro che avevano paura perché sarebbe stata la prima volta che sarebbero andati in battaglia senza di lui. Moshe doveva affrontare questa paura, doveva ricordare loro che lui, come loro, era irrilevante per il risultato. Solo la loro Emuna in D-o li avrebbe sostenuti in battaglia e avrebbe assicurato la vittoria. La paura, infatti, rivela un dubbio interiore che rende il guerriero inadatto alla battaglia. La paura è una delle emozioni più potenti nell’esperienza umana e si presenta in alcuni dei momenti più critici della nostra vita. Che si stia per prendere una decisione importante, in attesa di avere notizie di una persona cara o di intraprendere un nuovo percorso professionale, quel sentimento familiare, spesso paralizzante, scorre nelle vene di una persona e preda la mente, rendendo chiarezza in quel momento quasi impossibile. La Torà, che parla “nel linguaggio dell’umanità” (Trattato di Nedarim 3a), lo riconosce e lo affronta.
Quando il popolo ebraico si preparava per la guerra, un sacerdote accuratamente scelto si avvicinava ai soldati e li esortava: “Ascolta, o Israele, oggi ti stai avvicinando per fare la guerra contro i tuoi nemici – non lasciare che il tuo cuore venga meno, non temere, non farti prendere dal panico e non lasciarti abbattere davanti a loro’ (Devarim 20:3).
Il sacerdote che ha il compito di placare i timori e di costruire il coraggio e la determinazione fa un annuncio molto sorprendente, esonerando tre categorie di persone dal dovere militare: Chi è fidanzato con una donna, ma non l’ha ancora sposata, colui che ha costruito una casa, ma non l’ha ancora abitata e colui che ha costruito una vigna, ma non ha ancora bevuto il suo vino (Devarim 20:5-9). Secondo il Rambam, sebbene debbano contribuire allo sforzo bellico fornendo cibo e acqua, a queste persone non è permesso prestare servizio in prima linea. Cosa c’è in questi tre gruppi che li esenta dalla battaglia?
Come sottolinea Ibn Ezra, la Torà ci sta insegnando una lezione profonda su come possiamo affrontare la paura, che si applica tanto alle nostre vite di ogni giorno quanto ai soldati sul campo di battaglia. Nella nostra vita ci sono inevitabilmente degli alti e dei bassi, dei momenti di pace e dei momenti in cui dobbiamo affrontare problemi più o meno grandi per i quali dobbiamo trovare una soluzione. Le guerre si combattono nei nostri cuori e nelle nostre menti, tanto quanto sui campi di battaglia. La Torà ci sta mostrando il ruolo fondamentale che la nostra attitudine può svolgere nell’arrivare al successo. La paura è una componente umana inevitabile, tuttavia dobbiamo sapere che, anche nei momenti più bui, abbiamo la possibilità, tramite le nostre capacità e il nostro atteggiamento, di avere successo, di superare gli ostacoli e di diventare, tramite la prova che siamo riusciti a superare, migliori.