Con la parashà che leggeremo questo shabbat, si conclude, o almeno inizia la parte conclusiva del periodo di schiavitù dei Figli di Israele in Egitto.
Dopo aver narrato delle sette piaghe che colpiscono l’Egitto ed i suoi abitanti in modo abbastanza “sopportabile”, la Torà racconta in questa parashà, le ultime tre piaghe che mettono realmente e definitivamente in ginocchio l’Egitto e gli egiziani: le cavallette, le tenebre e la morte dei primogeniti che colpisce gli egiziani, dal primogenito dello schiavo fino a quello del faraone, tanto che il faraone, allo stremo delle forze è costretto ad esaudire la volontà di D-o, liberando il popolo ebraico.
L’inizio della parashà, mostra la partecipazione divina al progetto di liberazione del popolo:
“bo el par’ò – vieni dal faraone”, ossia il Signore invita Mosè a presentarsi al faraone, per chiedergli per l’ultima volta di liberare il popolo, mentre Lui è già sul posto, per indurire ancora di più il cuore del re d’Egitto, con il fine di punirlo definitivamente con una grossa pena.
Il testo prosegue con le parole: “ulma’an tesapper beoznè binchà u ven binchà et asher hitallalti be mizraim – affinchè tu racconterai alle orecchie di tuo figlio e del figlio di tuo figlio ciò che ho operato in Egitto”; in questa parashà possiamo notare quanto la Torà si batta per la trasmissione della tradizione e dell’insegnamento ai posteri di ciò che fu la schiavitù egiziana e la sua liberazione.
Più avanti, esplicitamente troveremo la mizvà di narrare la cosa ai propri figli (la mizvà di leggere la haggadà di pesach), e fare in modo che, quando nel futuro il popolo vivrà libero sulla propria terra, non ci si possa dimenticare di quella che fu la nostra origine e di ciò che il Signore D-o fece per liberarci dall’Egitto.
I Maestri commentano il verso “affinchè tu racconterai alle orecchie di tuo figlio e del figlio di tuo figlio…” dicendo che, se trascorreranno tre generazioni ininterrottamente in cui saranno ricordate le opere divine – tu, tuo figlio ed il figlio di tuo figlio -la fede in D-o non abbandonerà mai quella famiglia, né la Torà né l’osservanza delle sue mizvot.
Nel trattato di Bavà mezià 95a, troviamo detto a nome di Rabbì Yochanan: Un uomo studioso della Torà, il cui figlio è studioso della Torà e il figlio di costui è anch’esso studioso della Torà, sicuramente la Torà e l’osservanza delle mizvot, non si interromperanno mai da quella generazione.
La mizvà quindi, secondo l’insegnamento della nostra parashà è quello, non solo di insegnare ma di raccontare nelle orecchie, ossia di imprimere nelle menti e nel cuore – a volte anche con forza – la nostra storia e le nostre tradizioni, ai nostri figli e nipoti.
Shabbat shalom