Con la parashà di questo shabbat, inizia il secondo libro della Torà, che prende il nome proprio dalla parola con cui esso inizia: Shemot.
Dalla traduzione dei Settanta prima, e dalla Vulgata poi, il Libro è stato chiamato Exodus o Esodo, poiché nella sua gran parte, racconta gli episodi inerenti l’uscita del popolo ebraico dall’Egitto.
In ebraico però, il termine Shemot, significa “Nomi” poiché il libro si apre con l’elenco dei nomi dei figli di Giacobbe, che scesero in Egitto al tempo in cui il loro fratello Giuseppe era vicerè.
C’è da notare che la prima lettera della parashà è una vav – una congiunzione – “ E questi sono i nomi dei figli di Israele….”; poiché colui che ha scritto il testo della Torà, ha voluto evidenziare una continuità fra il libro di Bereshit e quello di Shemot, mostrando che tutta la Torà è stata scritta da un’unica mano e da un unico Autore.
Rashì si chiede: “ come mai, dopo avere elencato i nomi dei figli di Giacobbe alla fine del libro di Bereshit, nel momento in cui essi scendono in Egitto, la Torà torna a ripeterli, ancora una volta all’inizio del nuovo libro?”
A questo si risponde che il Signore D-o, che amava Giacobbe ed i suoi figli in modo smisurato,dopo averli menzionati da vivi, cioè nel momento stesso in cui essi scendono in Egitto, vuole tornare a ricordarli anche dopo che erano morti.
Ma la cosa che incuriosisce ancor di più è il tempo con cui il verbo “baim – venire” è coniugato: al presente: “ E questi sono i nomi dei figli di Israele che scendono in Egitto” Che scesero, avrebbe dovuto dire, visto che tratta di una cosa avvenuta in tempi ormai remoti.
Il fatto è che la Torà vuole esprimere un concetto di base; la Diaspora è la conseguenza di un cattivo comportamento ed è sempre in agguato per il figli di Israele , in ogni momento.
Il fatto che il verbo sia stato menzionato al presente, ci insegna che in Egitto, in Babilonia, a Roma gli ebrei sono stati esiliati a causa del loro comportamento che non appartiene al passato, ma può ripetersi in ogni momento della storia.
Un famoso esegeta moderno, sostiene che il motivo della ripetizione dei nomi è dovuta al fatto che per molti anni, da quando scesero in Egitto, gli ebrei si assopirono alla cultura del luogo, dimenticando lo studio, la loro cultura e le loro tradizioni.
Quindi, secondo il Maestro è come se fossero morti; trascorsi molti anni, solo in prossimità della loro futura liberazione, la Torà torna a ricordare i loro nomi e le loro tradizioni.
Shabbat shalom