ELISABETTA FIORITO
Le immagini del telescopio Webb mostrano l’alba dell’Universo. Quale è stata la sua reazione quando le ha viste?
Sono da sempre appassionato di scienza e ogni nuovo traguardo mi emoziona. In questo caso si aggiunge la suggestione e la bellezza delle immagini. E con questo l’ammirazione per la grandezza della creazione.
Cosa dice la Torà rispetto all’origine della terra e dell’Universo?
La Torà inizia con la storia della creazione dell’Universo e racconta come questa sia avvenuta. In questo modo si afferma un principio religioso fondamentale, che l’Universo è stato creato da D. Quanto al resto, come questo sia avvenuto, c’è un apparente stridente contrasto tra il racconto biblico e quello che la scienza dice, soprattutto dopo le scoperte degli ultimi secoli e degli ultimi giorni. La scienza, per fare un esempio, parla di milioni di anni fa e la Torà di una settimana. Basandoci sui conti biblici, nel nostro calendario noi siamo nell’anno 5782 dalla creazione. Una bella differenza. Ma sottolineo “apparente” perché il contrasto è netto solo in una lettura “fondamentalista” dei dati. Ma la nostra tradizione è antifondamentalista per definizione, e lo spazio per le interpretazioni è aperto. La Torà non è un libro di scienza e la scienza non è Torà. Però quello a cui non si può rinunciare è il principio religioso esposto prima: il mondo e noi stessi siamo dei creati.
C’è una teoria biblica che possa rapportarsi al Big Bang?
A parte il fatto che di teoria si parla, e che questa teoria oggi è in grado di spiegare una serie di eventi, ma non è detto che in futuro possa essere sostituita da altre teorie, non bisogna correre a cercare conciliazioni a ogni costo tra la scienza e la Torà, che come detto prima hanno compiti differenti. Però sulla questione del Big Bang non è tanto la Torà quanto la tradizione mistica a parlare di qualcosa di apparentemente simile. Mi riferisco alla kabbalà lurianica del XVI secolo e alla sua teoria della sheviràt kelim, la “rottura dei recipienti” che seguì alla contrazione divina per dare spazio al mondo, quando non fu possibile trattenere l’energia primordiale sprigionata e avvenne un’esplosione incontrollata (di cui continuiamo a raccogliere i cocci oggi).
C’è qualcosa nelle Sacre Scritture che rimandi ai miliardi di galassie, di stelle e di pianeti?
Alla fine del primo racconto della creazione, all’inizio del capitolo 2 di Bereshit, si dice (e lo ripetiamo ogni shabbat nel qiddùsh) “furono completati il cielo e la terra e tutte le loro schiere” (tzevaàm). Queste schiere celesti sono appunto, secondo un’interpretazione prevalente, la miriade di oggetti celesti. Il Signore stesso è chiamato Hashem Tze-vaot, Signore delle schiere, concetto che non ha nulla di militarista (come suggerisce qualche antigiudaista), ma si riferisce alla ricchezza della creazione oltre i cieli. In Bereshit 15 viene detto ad Avraham di uscire a vedere il cielo e provare a contare le stelle. La moltitudine delle stelle -che con le recenti scoperte è ulteriormente accertata- è per la discendenza di Avraham il segno di una benedizione. Tanti testi, dai Salmi a Giobbe ai Profeti parlano e ammirano la ricchezza della creazione.
Le nuove scoperte ci fanno sentire infinitamente piccoli come esseri umani, come possiamo sconfiggere questo senso di inadeguatezza rispetto a un universo così vasto?
Niente di nuovo. Lascio la parola al Salmo 8 di cui cito alcuni versetti:
Signore nostro D, quanto è potente il Tuo nome su tutta la terra
Tu che poni la tua gloria sui cieli …
Quando vedo i tuoi cieli, opera nelle Tue dita, la luna e le stelle che hai predisposto
Cosa è l’uomo che tu lo possa ricordare, il figlio di Adamo, che tu ne tenga conto?
Eppure l’hai reso di poco inferiore a D., l’hai incoronato di onore e gloria
L’hai fatto dominare sull’opera delle tue mani, hai posto tutto sotto i suoi piedi…
Signore nostro D, quanto è potente il tuo nome su tutta la terra!