http://www.ateret4u.com/online/f_01321.html?dyn#HtmpReportNum0000_L5
Mishnah 1
1) Dall’espressione utilizzata della mishnah, più lunga del dovuto, si impara che nel periodo ci sono due soggetti differenti: a) i sacerdoti, che possono consumare chametz proveniente dalla terumah sino al termine della quinta ora e b) chiunque altro, che può dare il chametz agli animali sino a quel momento.
Questa mishnah segue l’opinione di Rabban Gamliel nel capitolo precedente (1,5), che riteneva che i kohanim avessero a disposizione anche la quinta ora per consumare la terumah. La regola finale non segue questa opinione, e il limite per il consumo di chametz è fissato per tutti al termine della quarta ora (Bertinoro).
2) E’ necessario menzionare tutte le varie specie di animali, perché se si fossero ricordati solo gli animali domestici non si sarebbero potuti includere quelli selvatici e viceversa. Infatti gli animali domestici non consumano sempre del tutto il cibo che viene dato loro, permettendo ai padroni di bruciare quanto hanno lasciato, o al contrario rischiando di trasgredire al divieto “bal yeraeh”, mentre alcuni animali selvatici tendono a nascondere il cibo, non dando possibilità ai padroni di eliminare il chametz, o al contrario nascondendo il chametz non portano alla trasgressione del divieto “bal yeraheh”. Le Tosafot obiettano che quanto è affermato nella mishnah è in contrasto con quanto è affermato nel primo capitolo sui rimasugli di chametz, che devono essere nascosti per il timore che degli animali possano prenderli. Il nostro caso, spiega il Rosh, è differente, dal momento che chi fa mangiare il chametz agli animali rimane presente, e se necessario elimina i rimasugli (Tosafot Yom Tov).
3) Dal momento che sono stati menzionati gli animali domestici e quelli selvatici la mishnah menziona anche i volatili (Bertinoro)
4) La mishnah, come verrà successivamente spiegato nella ghemarà, non segue l’opinione della scuola di Shammai, che consente la vendita del chametz a un non ebreo solo qualora questo venga terminato prima dell’entrata in vigore del divieto, in quanto esiste un imperativo specifico di eliminare il chametz (Rambam, Bertinoro).
5) Si parla del godimento della sua cenere, dopo che è stato bruciato, perdendo il suo sapore e il suo aspetto originario (Rashì). In questo caso è permesso goderne anche dopo l’entrata in vigore del divieto (Bertinoro).
6) Dall’inizio della sesta ora è vietato godere del chametz, anche se in quel momento il chametz è vietato solo per disposizione rabbinica (Bertinoro). La ghemarà spiegherà che dei qiddushin fatti per mezzo di questo chametz, vietato per disposizione rabbinica, sono considerati invalidi (Bertinoro).
7) Secondo R. Yehudah l’unico modo ammesso per eliminare il chametz è la bruciatura, dal momento che il chametz presenta delle somiglianze con il notar (rimasugli di un sacrificio, passato il tempo in cui è consentito consumarlo), per via del divieto di godimento e la punizione del karet che caratterizza entrambi. I chakhamim, come affermato nella mishnah, ammettono altri sistemi di eliminazione (Bertinoro). L’affermazione relativa al divieto di godimento per la cenere è rilevante per l’opinione di R. Yehudah, dal momento che secondo la sua opinione l’unica modalità ammessa per eliminare il chametz è la bruciatura (Bertinoro).
8) La ghemarà spiegherà che un’eccezione a quanto affermato è costituita dal Mar Morto, nel quale non passano navi e non è necessario spezzettare il chametz (Tosafot Yom Tov).
Mishnah 2
1) La mishnah non intende dire che sia vietato mangiare terminato Pesach il chametz di un non ebreo. Tuttavia in generale alcuni usano astenersi dal consumare pane preparato da un non ebreo, e per questo viene usata questa espressione (Talmud Yerushalmì; Bertinoro).
2) Il divieto di godimento passato Pesach deriva da una sanzione per non essersi attenuti al divieto “bal yeraeh”. E’ possibile altresì che la citazione del verso serva a spiegare perché è permesso godere del chametz di un non ebreo passato Pesach. Infatti il verso si riferisce solo al chametz di un ebreo (Bertinoro).
Mishnah 3
1) Dal momento che il chametz dato in pegno durante Pesach era presso il non ebreo, e in caso di mancato pagamento sarebbe stato di sua proprietà dal momento del prestito, una volta terminato Pesach è permesso goderne (Bertinoro). E’ necessario tuttavia che al momento del prestito la condizione sia esplicitata, perché, in caso contrario, il chametz rimane del padrone e non di chi lo ha in pegno (Rambam)
2) Anche se questo chametz è inaccessibile è necessario annullarlo, perché in un secondo momento potrebbe tornare ad essere disponibile (Bertinoro)
3) Il cane è in grado di rinvenire il chametz sino ad un’altezza di tre palmi (24-30 cm.) (Bertinoro), e al di sotto di questa altezza diviene necessario estrarlo.
Mishnah 4
1) La volontarietà di cui si parla nella mishnah è riferita alla terumah e non al chametz. Secondo la Torah (Lev. 22,14) il consumo involontario di una terumah comporta il risarcimento, secondo l’interpretazione rabbinica (Mishnah Terumot 6,1), per mezzo di qualcosa che sia adatto ad essere una terumah a sua volta, e non per mezzo di denaro (Bertinoro).
2) Il consumo volontario di una terumah porta ad un risarcimento analogo rispetto agli altri casi di furto, per cui è rilevante il valore economico dell’oggetto rubato. Nel nostro caso si parla di chametz, di cui è vietato godere, e che pertanto non ha alcun valore (Bertinoro).
Mishnah 5
1) In base a quando stabilisce la Torah (Deut. 16) è possibile adempiere al precetto di mangiare matzah la sera di Pesach solo utilizzando cereali che possono lievitare e divenire chametz (Bertinoro).
2) Se vi è il sospetto che non siano stata prelevata la decima ai cereali utilizzati, in quanto acquisiti da un ‘am ha-aretz (demai), sebbene in generale nel dubbio sia necessario prelevare la decima, è possibile uscire d’obbligo con questi cereali dal precetto della matzah, dal momento che i poveri possono consumare demai (Mishnah Demai 3,1), e chiunque potrebbe rinunciare ai propri beni e divenire in questo modo povero.
3) Si tratta di una decima dalla quale è stata prelevata la terumat ma’aser, ma non la terumah ghedolah, ad esempio nel caso in cui un Levì ha prelevato la decima dalla decima prima che il grano fosse passibile del prelievo della terumah.
4) E’ possibile riscattare i frutti della seconda decima per mezzo di denaro, che verrà portato a Gerusalemme, mentre sarà possibile consumare i frutti riscattati in qualsiasi luogo. La stessa logica vale per un oggetto che sia stato consacrato, che può essere riscattato, tornando a disposizione del padrone. In generale, quando si effettua il riscatto è necessario aggiungere un quinto al valore originario di quanto riscattato. Nel nostro caso la mishnah insegna che, anche se non è stato aggiunto il quinto, sarà possibile utilizzare i cereali riscattati per la preparazione delle matzot.
5) La Mishnah intende insegnare che i Kohanim possono consumare matzot che siano state preparate con challah e terumah, anche se non possono essere consumate da coloro che non sono kohanim.
6) E’ vietato preparare matzot con cereali dai quali non siano state prelevate le offerte dovute, anche se l’obbligo di prelevare deriva solo da una disposizione rabbinica.
7) La mishnah parla del caso in cui un Levì abbia prelevato la decima dopo che il grano aveva maturato l’obbligo di prelevare la terumah ghedolah. In questo caso il Levì, oltre alla terumat ma’aser dovrà prelevare anche la terumah ghedolah, e sino ad allora sarà vietato consumare i cereali.
8) Il caso è quello di una seconda decima ed un heqdesh non riscattati correttamente, dei quali è vietato mangiare, e non potranno essere utilizzati per preparare le matzot.
9) Quei pani azzimi che siano stati preparati con lo scopo dichiarato di accompagnare un sacrificio di ringraziamento o di un nazir non potranno essere utilizzati per il precetto della matzah di Pesach. Se tuttavia erano stati preparati per essere venduti per accompagnare il sacrificio, sarà possibile utilizzarli per la sera di Pesach, poiché il venditore aveva intenzione di venderli a questo scopo, qualora non avesse trovato compratori per accompagnare i sacrifici.
Mishnah 6
1) La Torah (Es. 12,18) prevede che il sacrificio pasquale sia consumato con matzot ed erbe amare. Il consumo di maztot la prima sera di Pesach non è legato all’offerta del sacrificio, e quindi ancora oggi il precetto biblico è in vigore. Il consumo di erbe amare invece è legato al sacrificio, e oggi è praticato per disposizione rabbinica.
2) I divieti elencati nella mishnah precedente per la matzah valgono anche per le erbe amare, perché si tratta di un “precetto derivante da una trasgressione (mitzwah habaah ba’averah)” anche se quest’ultimo precetto è di origine rabbinica.
Mishnah 7
1) L’acqua bollente impedisce il processo di fermentazione. Al giorno d’oggi tuttavia si evita di mettere dei cereali in acqua bollente (Bertinoro)
2) Da qui si impara che il contatto con la saliva conduce i cereali alla fermentazione.
Mishnah 8
1) Il charoset di cui si parla nella mishnah non è l’impasto di frutta che viene utilizzato durante il seder di Pesach, ma una salsa contenente aceto ed acqua usata per condire la carne (Bertinoro).
2) La senape per via delle sue caratteristiche fermenta meno rapidamente del charoset di cui parla la mishnah.
3) Secondo R. Meir non c’è differenza fra il charoset e la senape, poiché entrambi fermentano immediatamente. La regola finale non segue l’opinione di R. Meir (Bertinoro)
4) Il sacrificio pasquale in base a quanto stabilisce la Torah (Es. 12) non deve essere cotto in alcun tipo di liquido. E’ permesso tuttavia cospargere la carne con vino o altri succhi di frutta durante l’arrostitura (Rashì), e una volta arrostita è permesso intingerla in un liquido, senza preoccuparsi dell’alterazione del sapore della carne.
5) I fornai immergevano le mani nell’acqua per rendere l’impasto maggiormente liscio.