(basato su Ben Yish Chay, anno II, Parashat Bo, halakhah 4)
Se si cucina o si compie un’altra melakhah per un malato in pericolo di vita, una persona sana o un malato non in pericolo non potranno usufruire di quel lavoro durante lo Shabbat e non potranno mangiare quel cibo, perché si teme che si possa arrivare ad accrescere le dosi per favorire persone che non siano il malato. All’uscita di Shabbat, come per le altre azioni proibite di Shabbat compiute da un ebreo, se ne potrà usufruire subito.
Se l’azione però è stata compiuta da un non ebreo, sia per un malato in pericolo, sia per un malato non in pericolo, all’uscita di Shabbat si potrà consumare subito e non sarà necessario attendere il tempo che serve a compiere quel lavoro, come avviene negli altri casi in cui un non ebreo compie un lavoro per un ebreo di Shabbat. Bisogna tenere a mente però che se il non ebreo ha preparato qualcosa per cui si applicano le norme dei cibi cucinati da non ebrei, all’uscita di Shabbat non potranno goderne ne’ le persone sane, ne’ lo stesso malato se ha la possibilità di far preparare altro cibo in modo permesso. Infatti si permette al malato di mangiare cibi preparati da un non ebreo solo di Shabbat, quando non potrà essere un ebreo a prepararli. Allo stesso modo gli utensili usati per preparare il cibo dovranno essere kasherizzati.
L’unica differenza in questo caso riguarda i recipienti di coccio, che in generale non sono kasherizzabili. Questa volta invece saranno invece utilizzabili dopo avere effettuato la hag’alah per tre volte. A posteriori tuttavia, se si è cucinato in questi utensili senza averli kasherizzati, ed il cibo sarà quantitativamente maggiore degli utensili stessi, sarà possibile a posteriori consumare il cibo.