Acquisire il timore del peccato
http://www.anzarouth.com/2011/04/mesilat-yesharim-25-acquisire-timore.html
Messilat Yesharim, Rabbi Moshe Chaim Luzzatto, traduz. e note di Ralph Anzarouth
Ma per acquisire questo timore bisogna riflettere a due verità. La prima è che la presenza del Signore benedetto si trova in ogni luogo del mondo e che il Signore benedetto supervede ogni cosa[1]: piccola o grande, nessuna Gli è nascosta. Non importa se la cosa sia più o meno importante: Egli vede e intende in egual misura ciò che è grande e piccolo, indegno e nobile. È questo ciò che è scritto (Isaia 6, 3): “Tutto il mondo è pieno della Sua gloria” e anche (Geremia 23, 24): “Non è forse vero che Io riempio il cielo e la terra?” e anche (Salmi 113, 5): “Chi è come l’Eterno, nostro Signore, che risiede sulle alture?” e anche (ibid. 138, 6): “Perché Hashem è immenso e vede ciò che è infimo, così come conosce da lontano ciò che è elevato”.
E quando qualcuno si accorge che dovunque si trovi, egli è davanti alla presenza di Hashem benedetto, automaticamente sorgeranno in lui il timore e la paura che il proprio comportamento sia scorretto, in quanto non appropriato all’immensità della Sua gloria. Ed è ciò che dissero nelle Massime dei Padri (Avot 2, 1): “Sappi cosa c’è sopra di te: un occhio che vede, un orecchio che ascolta e tutte le tue azioni sono scritte nel libro[2]“. Infatti, poiché la supervisione del Santo, benedetto Egli sia, include ogni cosa ed Egli vede e sente tutto, è certo che tutto ciò che accade lascia una traccia e che tutto viene trascritto nel libro, sotto forma di merito o di demerito.
Tuttavia, la mente umana riesce a raffigurarsi correttamente questa cosa solo attraverso la riflessione continua e l’osservazione approfondita; infatti, poiché [questa Provvidenza] è impercettibile ai suoi sensi, l’intelletto può immaginarla solo dopo analisi e osservazione approfondite. E anche dopo averla raffigurata, questa immagine svanisce facilmente se non la si tiene costantemente in mente. Perciò, così come la riflessione ricorrente è ciò che permette di acquisire il timore costante, allo stesso modo le cose che più lo ostacolano sono la distrazione e la rinuncia all’osservazione. Ogni distrazione, che sia dovuta a contrattempi oppure volontaria, rimuove [lo stato di] timore costante.
È questo il precetto che il Santo, benedetto Egli sia, impose al re (Deut. 17, 19): “E [questo Libro della Torà] sarà con lui e lo leggerà tutti i giorni della sua vita 1, affinché impari a temere il Signore suo D-o”. Se ne deduce che solo attraverso la lettura incessante ci si educa al timore. E si noti che la Torà usa l’espressione “affinché impari a temere” e non “affinché tema”, perché questo timore non è accessibile per mezzi naturali, essendo esso invece ben lontano da noi per via della materialitá dei sensi e può perciò essere acquisito solo attraverso lo studio. E questo studio che conduce al timore richiede necessariamente molta costanza nella Torà e nelle sue vie, senza interruzioni, attraverso la riflessione e l’osservazione permanente di questo concetto, quando ci si siede, quando si cammina, quando ci si corica e quando ci si alza 2, finché l’uomo avrà fissato nella sua mente che questo è vero, che la Presenza Divina si trova in ogni dove e che noi ci troviamo letteralmente davanti a Lui[3], in ogni tempo e in ogni ora: e allora avrà realmente timore di Hashem.
Ed è a questo che si riferisce il re David con la sua preghiera (Salmi 86, 11): “Insegnami le Tue vie, Eterno; io procederò nella Tua verità. Dirigi il mio cuore a temere il Tuo Nome”.
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Note del traduttore:
[1] Questa è una delle diverse Mitzvot che i re d’Israel devono rispettare. Benché essa non sia rivolta alle persone comuni, il Ramchal ci fa notare che la fine del versetto indica anche la motivazione di questa Mitzvà, che è di grande rilevanza per il tema trattato in questo capitolo.
[2] Il lettore attento ha sicuramente riconosciuto qui una serie di quattro azioni che è menzionata due volte nella Torà in riferimento al suo studio e al suo insegnamento (sono infatti i passaggi che leggiamo almeno due volte al giorno, con la lettura dello Shemà della sera e del mattino).
Commento
[1]. Questo pensiero è quello che porta al conseguimento del timore della seconda specie, molto superiore a quello derivante dal timore della punizione. Questo tipo di timore caratterizza pochissimi individui, e non tutti sono in grado di raggiungerlo. In ogni caso questo non esenta gli altri da compiere tutti gli sforzi possibili per progredire nella crescita spirituale. In questa scala, che ha la base in terra, e la cima giunge in cielo, tutti sono in grado salire i primi gradini, ma pochi riescono ad arrivare in alto.
[2]. Il Meiri riferisce questo insegnamento ai principi di fede: “sappi cosa c’è sopra di te”, riferito all’esistenza di H.; un occhio che vede e in
[3]. Il Rambam nelle Hilkhot tefillah (4,16) spiega che la concentrazione del cuore è il liberare la mente da tutti i pensieri e pensare di trovarsi di fronte alla Presenza divina. Il Ramchal qui segue la stessa via, dicendo però che il timore del peccato conduce ad arrivare a questo livello costantemente, in ogni frangente della vita. E’ interessante che il Ramà apra le sue halakhot nello Shulchan ‘Arukh, destinate, trattandosi di norme pratiche, a tutti, facendo riferimento proprio a questi argomenti. Questo serve a mostrare a tutti quale deve essere l’obiettivo del proprio servizio.