Il Mishkan è una sorta di mondo in miniatura. Il Midrash riporta numerose e ridondanti somiglianze fra la creazione del mondo e la costruzione del Mishkan: le cortine che ricoprono il mishkan vengono paragonate al cielo, la tenda che separa il qodesh dal qodesh ha-qodashim alla volta celeste, la conca di rame ai mari, la menorah ai luminari, i cherubini ai volatili, mentre l’elemento umano viene rappresentato dal Kohen gadol. Il completamento della costruzione del mishkan e lo Shabbat, che chiude la creazione del mondo, presentano numerosi elementi in comune, fra cui la benedizione e la consacrazione.
Quando si costruisce un dispositivo elettrico, lo si collega all’elettricità solo dopo averlo completamente montato. Allo stesso modo, terminata la costruzione del mishkan, scende un fuoco dal cielo. La creazione del mondo si chiude con lo Shabbat, che come è risaputo viene presentato nei dieci comandamenti nelle due differenti versioni (ricorda-osserva). Nel libro di Devarim l’osservanza dello Shabbat è determinata dalla necessità di dare riposo ai servi. Qui la Torah parla del riposo fisico dal lavoro. E’ possibile perfino dire che la Torah si riferisca principalmente al riposo dello schiavo, piuttosto che a quello del padrone. Il motivo per cui H. ha dato la mitzwah dello Shabbat in Devarim è il ricordo dell’uscita dall’Egitto. Nel libro di Shemot si parla del ricordo dello Shabbat, poiché H. ha creato il cielo e la terra, riposandosi al settimo giorno, e per questo H. ha benedetto e consacrato il giorno dello Shabbat. Tuttavia c’è da chiedersi quale possa essere l’utilità del riposo per H., poiché di certo non si è affaticato per creare il mondo, ed in ogni caso non è chiaro quale sia il legame fra il riposo, la benedizione e la consacrazione. La medesima radice da cui deriva il termine menuchah viene usata per indicare il posarsi dello spirito divino sui profeti. La sola presenza del nome divino è fonte di benedizione, come è detto (Shemot 20,24): “in qualunque luogo permetterò che venga ricordato il Mio nome, verrò a te per benedirti”. Il discorso divino sullo Shabbat si sviluppa a due livelli differenti, quello del riposo fisico, ricordo dell’uscita dall’Egitto, che permette a sua volta la discesa della luce spirituale, che può essere recepita dalla neshamah yeterah, della quale siamo dotati durante lo Shabbat. Nello Shabbat il nostro legame con H. trova espressione, attraverso manifestazioni strutturate su due livelli differenti, quello umano e quello divino, che si completano e si compenetrano a vicenda. La stessa struttura è individuabile in altri aspetti della vita, ad esempio nella formazione di una famiglia. Vi è un primo livello, che possiamo ritrovare nelle parole che Naomi rivolse alle sue due nuore all’inizio del libro di Rut: “Vi conceda il Signore di trovare tranquillità, ciascuna nella casa del proprio marito”. Ma vi è un livello superiore, caratterizzato dalla presenza divina: “un uomo e una donna meritevole, la Presenza divina è in mezzo a loro”. Lo stesso possiamo dire di Yerushalaim (Tehillim 132, 13-14): “Poiché il Signore ha scelto Sion, l’ha voluta come Sua sede. Questo è il luogo del Mio riposo in eterno, qui risiederò perché l’ho voluto”. Barukh ben Neriah, l’allievo fedele del profeta Yermiahu, desiderava raggiungere anch’esso la profezia, ma il suo anelito non trovò realizzazione, nonostante avesse raggiunto un livello spirituale molto alto. Perché andò così? Il Signore lo rivelò a Yermiahu (Ger. 45,2-5): “Così dice il Signore D. d’Israele su di te, Baruch: Tu hai detto: Povero me; giacché il Signore ha aggiunto affanno al mio dolore. Sono stanco di gemere e non trovo pace. Così gli dirai: Così dice il Signore; Ecco Io demolisco quello che ho costruito, sradico quello che ho piantato, cioè tutta la terra che Mi appartiene, e tu chiedi per te grandi cose? Non farlo!”. Prima di arrivare al gradino superiore è indispensabile aver raggiunto quello inferiore. Se non vi è tranquillità nel mondo che ci circonda, non è possibile essere dei profeti. Se ciò che è intorno a noi va in rovina, ed Israele è minacciato dal re di Babilonia, dove si potrà attingere la tranquillità che è la precondizione indispensabile della profezia? La profezia stessa non ha ragione d’essere, se non per Israele. La profezia non è solo il segno di un progresso e di una crescita di un singolo individuo, ma è una missione rivolta alla collettività. Se tutto è distrutto, non si ha da chi andare! Per lo Shabbat vale lo stesso: la ricettività della luce che viene dall’alto dipende da tutto Israele, e da tutto Israele dipende la possibilità del singolo di elevarsi e attingerne. Come diciamo nella ‘amidah di minchah di Shabbat: “Tu hai accordato al Tuo popolo un magnifico onore, una corona di salvezza, riposo e santità… un riposo d’amore e piacere, riposo vero e sincero, riposo di pace, quiete e sicurezza; riposo perfetto a Te gradito; lo riconoscono i Tuoi figli e sanno che il loro riposo è tuo dono”.