ר’ יוסי אומר: יהי ממון חברך חביב עליך כשלך, והתקן עצמך ללמוד תורה שאינה ירושה לך, וכל מעשיך יהיו לשם שמים.
Avot 2,12: R. Yossè diceva: “Ti sia caro il denaro del tuo prossimo come il tuo stesso; disponiti a studiare la Torah perché essa non ti è stata data in eredità, e tutte le tue azioni siano in nome del Cielo”.
Ben Ish Chay, P. Tazria’-Metzorà’, anno I, introduzione: Cosa c’entra lo studio della Torah con il riguardo dovuto al denaro altrui?
Almeno due versetti dei Mishlè (Proverbi) paragonano la Torah al denaro: אם תבקשנה ככסף וכמטמנים תחפשנה “Se la cercherai come il denaro e come se fossero tesori nascosti ne andrai in traccia…” (2,4) e טוב סחרה מסחר כסף “E’ più prezioso il suo valore commerciale di quello del denaro” (3,14). Come chi investe e tratta nel commercio fa fruttare il suo denaro e lo aumenta, così chi investe e tratta nella Torah scoprirà molte nuove interpretazioni e aumenta la sapienza. Ecco perché anche alla Torah si addice l’espressione: סחורה “merce”.
C’è chi potrebbe però dire: “se io non intendo mettere a frutto il denaro e lo lascio semplicemente nella sua cassetta, sono senz’altro autorizzato a farlo. Dal momento che è mio, nessuno può dirmi niente. Lo stesso dicasi della Torah. Se non voglio dedicarmi a essa, dal momento che mi appartiene, sono libero di lasciarla in un angolo e di non studiarla alla ricerca di nuove interpretazioni!
Chi la pensa così è uno stolto, perché la Torah in realtà non è nostra: appartiene a H. E’ stata data all’uomo proprio perché la studi e vi investa, così da portare alla luce i tesori che nasconde. Essa è affidata all’uomo come in una società d’affari (עסקא): un socio mette a disposizione dell’altro una certa somma di denaro affinché questi la faccia fruttare con il diritto di tenersi il 50% dell’incremento di valore in provvigione. Il destinatario della somma non è autorizzato a lasciare il capitale in una cassetta senza farne alcunché: rovinerebbe il suo socio!
Lo stesso vale per la Torah. Perciò il versetto dice: כי לקח טוב נתתי לכם, תורתי אל תעזבו “Poiché un buon insegnamento vi ho consegnato, non abbandonate la mia Torah” (Mishlè 4,2). Benché Io vi abbia consegnato un buon insegnamento, esso resta pur sempre la “mia” Torah. Essa è la “mia” ricchezza, il “mio” denaro. Pertanto non avete il permesso di abbandonarla, di metterla da parte. Non è denaro vostro, per cui siate autorizzati a dire: “ciascuno ha diritto di fare dei suoi soldi ciò che meglio crede, anche lasciarli perdere”. Dovete invece investire in essa per trarne il maggior profitto che consentano le vostre possibilità.
Perciò R. Yossè insegna nella Mishnah: “Ti sia caro il denaro del tuo prossimo” che ti è stato consegnato nell’ambito della società d’affari “come il tuo stesso”: sei tenuto a custodirlo, a investirlo e a farlo fruttare. E se ciò vale per la ricchezza materiale che il tuo socio ti ha affidato, non meno attenzione dovrai prestare alla ricchezza spirituale che ti è stata data, ovvero la Torah. Dunque “disponiti a studiare la Torah” e non lasciarla in un angolo! E’ vero che ti è stata consegnata da H., ma “essa non ti è stata data in eredità”: al contrario, essa appartiene ancora al suo Padrone. Essa è ancora chiamata תורת ה’ “Torah di H.” anche dopo che è stata data a Israel (Tehillim 1,2; 19,8). E il suo Padrone desidera che tu ti affatichi in essa e la faccia fruttare, attraverso nuove interpretazioni. “Ma tutte le tue azioni siano in nome del Cielo” e non allo scopo di ricevere una ricompensa dai frutti del tuo studio.