E’ molto strano che gli ‘aseret yemè teshuvah si aprano con Rosh ha-shanah. Questi giorni sono dedicati ad una riflessione sull’anno appena trascorso, sul male compiuto e il bene che non abbiamo fatto, e per questo ci scusiamo, confessiamo le nostre colpe e chiediamo perdono. Ma, se ci pensiamo, in Rosh ha-shanah non c’è nulla di tutto questo. Nella tefillah paradossalmente non troviamo la confessione dei peccati, che a Kippur avrà un ruolo centrale, se non in una fugace espressione, neanche presente in tutti i riti, all’apertura dell’Avinu Malkenu.
Non ci si guarda indietro. L’unico riferimento al nostro processo di teshuvah è contenuto in Untannè toqef, che ci ricorda che a Rosh ha-shanah viene scritto il nostro destino. Il processo di teshuvah dovrebbe iniziare con il pentimento, ma dietro questa stranezza è nascosto un messaggio molto profondo: se intendiamo risolvere i problemi del nostro passato, dobbiamo assicurarci un futuro. Un esempio straordinario di questo paradosso sono molti dei sopravvissuti alla Shoah, spesso personaggi incredibili, che riuscivano a convivere con il proprio tragico passato. Molti di loro per molti anni, tornati dai campi, non parlarono di quanto avevano visto e vissuto neanche alle persone più intime, a volte fino ai cinquant’anni. Solamente dopo aver costruito un futuro, si rivolgevano al proprio passato. Solo dopo avere costruito una vita, si permettevano di ricordare la morte. Questo permette di comprendere due personaggi enigmatici della Torah, Noach e la moglie di Lot. Dopo il diluvio Noach si guardò indietro. Consumato dal dolore, cercò rifugio nel vino. Prima del diluvio la Torah lo definiva un giusto, ma terminò i suoi giorni ubriaco e scoraggiato, tanto che due dei suoi figli non avevano il coraggio di guardarlo. La moglie di Lot, disattendendo a quanto gli angeli avevano ordinato, si guardò indietro e divenne una statua di sale.
Anche molti dei sopravvissuti guardandosi indietro sarebbero divenuti di sale per via delle lacrime. Ciò che ha permesso al popolo ebraico di sopravvivere è la capacità di guardare avanti. Morta Sarah, Avraham era un uomo di 137 anni. La perdita avrebbe potuto paralizzarlo dal dolore. Ma Avraham trovò la forza di risollevarsi. Avraham acquistò il primo lotto di terra in Israele e si preoccupò di trovare una moglie per Ytzchaq. Molto tempo prima H. gli aveva promesso la terra e una discendenza. Morta Sarah, non aveva terra e suo figlio non era sposato. Anziché mettersi a protestare con H. per non aver mantenuto le sue promesse, capì che doveva essere lui a fare il primo passo. Durante Rosh ha-shanah facciamo altrettanto. Leggiamo della nascita miracolosa di Ytzchaq e Shemuel, perché i figli sono il più grande investimento per il futuro. Rosh ha-shanah è l’incoronazione di H., l’inizio di una nuova era. Dopo esserci assicurati un futuro, possiamo rivolgerci al nostro passato nei giorni successivi. Il futuro viene prima del passato. Questa semplice considerazione potrebbe cambiare il mondo. Dopo la Shoah gli ebrei non si sono seduti, paralizzati dal dolore. Hanno costruito il proprio futuro, particolarmente per mezzo dello stato di Israele. Se altri paesi avessero cura del proprio futuro, piuttosto che rivendicare i torti del passato, molti dei conflitti più sanguinosi nel mondo cesserebbero. E lo stesso vale per noi. Dobbiamo, per rivolgerci al nostro passato, guardare avanti e costruire per noi e chi ci circonda un futuro migliore