Come acquisire la devozione
http://www.anzarouth.com/2010/11/mesilat-yesharim-21-acquisire-devozione.html
Messilat Yesharim, Rabbi Moshe Chaim Luzzatto, traduz. e note di Ralph Anzarouth
Osservare[1] e riflettere profondamente[2] è il modo più efficace di acquisire la devozione. Infatti, l’uomo che riflette spesso all’immensa grandiosità del Signore benedetto, alla Sua infinita perfezione e alla smisurata distanza tra la Sua immensità e la nostra infimità, si riempie di timore e di soggezione davanti a Lui[3]; e quando riflette ai Suoi numerosi atti di bontà nei nostri confronti, all’intenso amore del Signore benedetto per il Popolo Ebraico, alla vicinanza dei giusti a Lui, alle virtù della Torà e delle Mitzvot e ad altri concetti di questo tipo desunti dall’osservazione e dagli studi, è certo che ciò accende in lui una passione ardente[4]: egli vorrà e deciderà di unirsi a loro, perché quando vede che il Signore benedetto è proprio un Padre per noi e ha compassione per noi proprio come un padre verso i suoi figli, di conseguenza si destano in lui la voglia e il desiderio di comportarsi con Lui come un figlio verso il padre[5].
Per farlo, l’uomo deve isolarsi nelle sue stanze e chiamare a raccolta tutte le sue facoltà e capacità intellettuali per osservare e analizzare queste verità[6]. In questo, una grande perseveranza gli sarà certamente utile, insieme allo studio e alla riflessione sulle frasi e sui concetti contenuti nei Salmi del re David, la pace sia su di lui: poiché essendo tutti [i Salmi] colmi di amore, di timore e di ogni tipo di devozione, non mancherà di risvegliarsi in chi li studia una grande presa di coscienza, per seguire le Sue orme e andare nelle Sue vie[7]. Anche la lettura degli atti dei devoti è utile, nei racconti che parlano di loro, perché tutte queste cose risvegliano la mente a ragionare e a imitare le loro nobili gesta[8]. E questo è chiaro.
Ma ciò che corrompe la devozione sono le inquietudini[9] e le preoccupazioni, perché quando la mente è inquieta e si agita dietro le proprie occupazioni e i propri affari non riesce a dedicarsi a questa riflessione, senza la quale la devozione è fuori portata; e le angoscie distolgono la mente e confondono le idee perfino in chi è già riuscito a diventare un devoto, impedendogli di rinforzarsi nel timore e nell’amore [di D-o] e negli altri aspetti che appartengono alla devozione, come esposto in precedenza[10]. Perciò dissero i nostri Maestri di benedetta memoria (Talmud Bavli, trattato Shabbat 30b): “La Presenza Divina non si manifesta laddove ci sono tristezza, pigrizia, frivolezza e futilità[11], ma solamente attraverso la gioia della Mitzvà”. A maggior ragione, i piaceri e i divertimenti, che sono l’esatto contrario della devozione, inducono il cuore in tentazione affinché abbandoni tutto ciò che ha a che fare con l’astinenza 1 e la vera conoscenza, per correre dietro a loro.
Invece, ciò che può proteggere l’uomo e salvarlo da questi fattori di disturbo è la sicurezza, cioè riporre le proprie speranze unicamente in Hashem, con la consapevolezza che non esiste nessuna possibilità di restare privo di qualcosa che gli è stato attribuito[12]. Come dissero i Maestri di benedetta memoria nel loro detto (Talmud Bavli, trattato Betzà 16a): “Tutto il sostentamento di un uomo viene deciso per lui da Rosh Hashanà al giorno di Kippur[13]“. E dissero (ibid., trattato Yoma 38b): “Nessuno può carpire nemmeno un capello di ciò che è stato accordato 2 al suo prossimo”.
E questo decreto verrebbe eseguito anche a favore di chi se ne sta seduto a oziare 3, se non fosse per la punizione comminata a tutti gli uomini e che dice (Genesi 3, 19): “Mangerai pane con il sudore della tua fronte”, per via della quale l’uomo deve fare uno sforzo personale per il proprio sostentamento, avendo il Re Supremo decretato in questo senso: è come una imposta pagata da tutto il genere umano e alla quale non si può sfuggire. Così dissero nel Sifri 4: “E questo vale perfino se si sta seduti a poltrire? No, perché è scritto (Deut. 28, 20) ‘In tutte le attività che condurrai’.” Benché [il sostentamento] non sia il risultato dello sforzo personale, tuttavia questo è indispensabile, perché grazie a esso l’uomo compie il suo dovere, in modo che la benedizione celeste si posi su di lui e che non abbia più bisogno di spendere i suoi giorni tra affanni e fatiche[14].
Il re Salomone, che la pace sia su di lui, disse (Proverbi 23, 4): “Non sfiancarti [nel tentativo di] diventare ricco, rinuncia al tuo ingegno. 5” La scelta corretta è invece quella adottata dai primi devoti, la cui principale attività era lo studio della Torà, per la quale relegavano le loro attività professionali a un ruolo secondario[15]. In questo modo, ebbero successo in ambedue (come testimonia il Talmud Bavli, trattato Berakhot 35b), perché una volta che l’uomo ha lavorato un po’, da quel momento in poi deve solo avere fiducia nel suo Creatore e non provare disappunto per nessun evento terreno: in questo modo, la sua mente rimane libera e il suo cuore è pronto per compiere la vera devozione e il puro servizio di Hashem.
Note del traduttore:
[1] Si veda il cap. 13 sull’astinenza (Prishut).
[2] Dalla Divina Provvidenza.
[3] Cioè: senza il peccato di Adamo ed Eva, anche chi si fosse astenuto da qualsiasi attività avrebbe ugualmente ricevuto ciò che la Provvidenza ha decretato in suo favore.
[4] Commento dell’epoca della Mishnà ai libri di Bamidbar e Devarim.
[5] Ovviamente, quando il versetto suggerisce di rinunciare al proprio ingegno non chiede di vivere come bruti bensì di applicare le proprie capacità intellettuali e il proprio talento a attività più nobili e spirituali, come lo studio della Santa Torà.
Commento
[1] Histakelut significa vedere quello che si ha davanti, e cogliere i minimi particolari quello che si vede.
[2] La hitbonenut è invece il ragionamento deduttivo.
[3] Questi stessi concetti sono ricordati dal Ramà (Orach Chayim 98,1), come preparazione per la tefillah.
[4] Sebbene il Ramchal affronti il tema dell’amore numerose volte nel libro, solamente qui si parla di amore riferendolo alla sfera razionale.
[5] Circa questa riflessione ed il rapporto fra amore e timore, il Rambam nelle Hilkhot Yesodè ha-Torah (2,2) scrive che l’amore ha la precedenza sul timore, mentre il Ramchal inverte l’ordine. In realtà sembra esserci un timore che precede l’amore, ed un altro che ne è la conseguenza. Infatti il Rambam ed il Ramchal sembrano riferirsi a due ambiti differenti: il Rambam affronta la questione a partire dalla riflessione sulle meraviglie della natura, e l’amore ha la precedenza; il Ramchal invece parte dal rapporto dell’uomo con il Creatore, e il timore viene prima.
[6] Questo tipo di riflessione richiede l’isolamento.
[7] La lettura e lo studio dei Salmi risvegliano nell’uomo un desiderio di emulazione. Lo stesso David infatti varie volte nei Tehillim si definisce Chassid.
[8] Il Ramban scrive che quando una persona termina lo studio deve chiedersi se potrà mettere in pratica quanto ha studiato, e quindi la riflessione sulle azioni dei Maestri è di fondamentale importanza per il progresso spirituale. Rashì nel commento alla Torah riporta la famosa espressione secondo la quale “è meglio il discorso dei servi dei patriarchi (riferendosi ad Eli’ezer) della Torah dei figli”, perché certamente la frequentazione dei patriarchi doveva avere un impatto educativo considerevole.
[9] Ramchal aveva già ricordato questo concetto nel capitolo 2 come impedimento per raggiungere la Zehirut, ma lì si riferiva all’ambito materiale, qui a quello spirituale.
[10] Quello della chassidut non è un raggiungimento definitivo, ma l’uomo deve sforzarsi continuamente per mantenerla, e le preoccupazioni lo allontanano da essa.
[11] Tutti questi fattori hanno in comune la perdita della concentrazione.
[12] Non tutti sono in grado di raggiungere il livello della sicurezza in H.
[13] Vengono escluse le spese per gli acquisti per gli Shabatot e Yamim Tovim, oltre che quelle per lo studio dei figli. Shittah mequbeet estende a tutte le spese effettuate a scopo di mitzwah. Rashì in assoluto scrive che per il resto non si deve spendere eccessivamente.
[14] Non è tuttavia indispensabile affannarsi oltremodo. Infatti il sostentamento che arriva all’uomo viene stabilito dal Cielo ed i nostri sforzi, per quanti possano essere, non sono in grado di modificare quanto stabilito dalla provvidenza individuale. La Mishanh berurah (Orach Chayim 1,13) apprende ciò dall’episodio della manna.
[15] E’ difficile tuttavia stabilire una misura precisa.