Sono passati 34 anni dal sogno della scala, che si era chiuso con la consacrazione di una stele ed un voto (Gen. 28, 18-22): «Giacobbe prese la pietra che si era messo sotto la testa… fece poi un voto… questa pietra che ho posto come monumento sarà Casa di D….». Ya’aqov può finalmente mantenere il suo voto (Gen. 35, 14-15) « Giacobbe eresse un monumento di pietra nel luogo dove D. gli aveva parlato, ci fece sopra una libazione e ci spruzzò dell’olio. Chiamò Bet-El il luogo dove D, gli aveva parlato».
In questo modo si chiude una fase, apertasi con la pietra che Ya’aqov posò sotto la sua testa, e se ne apre un’altra, che prende le mosse dalla nascita di Byniamin, l’ultimo dei suoi figli. Una pietra fisica si tramuta nella Casa del Signore, i figli di Ya’aqov la base sul quale verrà edificato il popolo di H. Il sogno di Ya’aqov mostra il valore di Eretz Israel, il luogo del collegamento fra cielo e terra, nel quale H. si rivela ai Suoi profeti, un luogo in cui delle pietre materiali fungono da base per la scala, divengono un altare e poi la casa del Signore, tanto che la cima della scala arriva in Cielo. In terra di Israele il mondo spirituale poggia su quello materiale, aleggia su di esso e lo santifica. Ya’aqov prende la pietra che gli aveva fatto da giaciglio e la tramuta in una stele, cosa che la Torah successivamente (Deut. 15,22) vieterà di fare, permettendo solamente di edificare altari formati da molte pietre.
Perché questo cambio di indirizzo? E poi: Ya’aqov prese una sola pietra? E’ scritto che quando si coricò (Ber. 28,11) «waiqqakh meavnè ha-maqom – prese delle pietre di quel luogo». E’ famoso quanto è scritto nella ghemarà in Chullin (91b): «disse R. Ytzchaq: ci insegna che tutte quelle pietre si riunirono in un sol luogo, ed ognuna diceva: “quel giusto poggerà la sua testa su di me”. E’ insegnato: tutte quante furono inglobate in una (unica pietra)». L’insegnamento dei chakhamim, suscita non poche perplessità. Dovremmo credere che le pietre hanno parlato, hanno litigato e alla fine si sono aggregate? Non sarebbe più semplice dire che Ya’aqov ha preso una sola pietra? Altri midrashim spiegano il senso della ghemarà. Nel Pirqè deRabbì Eli’ezer (cap. 35) è scritto che Ya’aqov prese proprio dodici pietre, per fargli sapere che da lui sarebbero sorte dodici tribù, e le pietre si unirono per fargli sapere che sarebbero stati un popolo unico nella terra. Il litigio delle pietre rappresenta il contrasto fra i figli di Ya’aqov per il dominio, per stabilire chi avrebbe seguito i passi di Avraham, Ytzchaq e Ya’aqov. Questo è il motivo principale che ha portato i fratelli a odiare Yosef. L’unione delle pietre raffigura quanto avviene dopo la discesa delle tribù in Egitto, quando i fratelli sono riuniti, guidati da Yosef. Bet El non è solo una casa fisica, ma anche la casa di Ya’aqov e di Israele, una famiglia nella quale la Presenza divina si poggia su tutti i suoi membri. Il legame fra le pietre e i figli viene esplicitato in un famoso brano in massekhet Berakhot (64a) “Wekhol banaykh limudè H. E tutti i tuoi figli saranno discepoli del Signore” (Is. 54,13), non leggere banaikh (i tuoi figli) ma bonaikh (i tuoi costruttori). Ya’aqov in sogno vede i suoi discendenti ai piedi del Sinai che si elevano sino al livello della profezia, e il Bet ha-miqdash, quando i sacerdoti salgono per mezzo della rampa sull’altare.
Nella benedizione che Ya’aqov impartì a Yosef prima di morire è detto (Gen. 49,24): «Ma il suo arco ha resistito saldo, le sue forti mani sono state agili per opera del protettore di Giacobbe, di Colui che è il pastore, la rocca (even) d’Israele». La forza di Yosef, capace di resistere ad ogni aggressione arriva da H. Il termine “avir” significa “ala”. H. con la sua ala protegge Yosef, come aveva fatto a suo tempo con suo padre. Questa espressione richiama da vicino un’altra, che conosciamo bene perché recitiamo il Sabato sera nella tefillah dell’uscita di Shabbat (Sal. 91,4) «Egli ti copre sotto le Sue penne, e sotto le Sue ali ti riparererai». Even è invece l’unione di av e ben. La protezione divina si manifesta con continuità nelle generazioni. Il legame fra le pietre e i figli di Ya’aqov emerge con forza nell’episodio, narrato nel primo libro dei Re, del profeta Eliahu sul monte Carmel (1Re 18,31-32):.«Elia prese poi dodici pietre secondo il numero delle tribù dei figli di Giacobbe al quale il Signore aveva detto Israele sia il tuo nome. Con le pietre costruì un altare dedicato al Signore», e quando il popolo ebraico entrando in Israele, attraversò il Giordano (Gios. 4,8): «Ed i figli d’Israele fecero come aveva comandato Giosuè ed estrassero dodici pietre dal Giordano, come aveva prescritto il Signore a Giosuè, secondo il numero delle tribù dei figli di Israele». La stele di Ya’aqov rappresenta un solo uomo, Ya’aqov stesso. D’ora in poi le cose sarebbero state diverse, e tutte le tribù sarebbero state portatrici del messaggio divino.