Gli elementi della devozione
http://www.anzarouth.com/2010/10/mesilat-yesharim-19-devozione-elementi.html
Messilat Yesharim, Rabbi Moshe Chaim Luzzatto, traduz. e note di Ralph Anzarouth
La seconda è la gioia, un principio fondamentale del servizio di Hashem[1]. A lei si riferisce l’avvertimento di David (Salmi 100, 2): “Servite Hashem con gioia[2], venite a Lui cantando allegramente”. E disse (Salmi 68, 4): “I giusti gioiranno, esulteranno[3] davanti al Signore e saranno animati da tantissima gioia”. E i nostri Maestri di benedetta memoria dissero: (Talmud Bavli, trattato Shabbat 30b): “La Presenza Divina si posa solo su chi si rallegra nella gioia della Mitzvà[4]“. E riguardo al versetto ricordato poc’anzi “Servite Hashem con gioia” dissero nel Midrash 26 (Midrash Yalkut Shimoni, Tehillim 854): “Disse Rabbi Aibo: quando preghi, devi essere felice in cuor tuo di pregare al Signore che non ha uguali”.
Perché questa è la vera gioia[5]: quando il cuore dell’uomo è felice di servire il Signore benedetto che è ineffabile e di dedicarsi alla Sua Torà e alle Sue Mitzvot, che rappresentano la vera perfezione e la gloria eterna. E disse [il re] Salomone nel proverbio della saggezza (Cantico dei Cantici 1, 4): “Portami dietro a Te, corriamo! Il Re mi ha condotto nelle Sue stanze, gioiremo e ci rallegreremo con Te”. Perché quanto più una persona ha il privilegio di entrare nelle stanze della conoscenza dell’immensità del Signore benedetto, tanto più grandi saranno la sua gioia e il tripudio del suo cuore. Ed è detto (Salmi 149, 2): “Gioirà Israel del suo Creatore, che i figli di Tzion si rallegrino del loro Re[6]“. E [il re] David, che di questa virtù già aveva raggiunto un altissimo livello, disse (ibid. 104, 34): “Che le mie parole Gli siano gradite, io gioirò di Hashem” e anche (ibid. 43, 4) “E verrò all’altare del Signore, verso il D-o che è la gioia della mia felicità e Ti ringrazierò con l’arpa, o Signore, mio Signore”. E disse (ibid. 71, 23): “Le mie labbra canteranno quando
Ti celebrerò e pure l’anima mia che hai liberato”. Ciò significa che la gioia era così grande dentro di lui che le sue labbra si muovevano da sole e cantavano quando intonava i suoi salmi rivolti a D-o benedetto, e questo per via del grande fervore del suo spirito, che ardeva di gioia davanti a Lui. Ed è questo il significato della conclusione “e pure l’anima mia che hai liberato”. E abbiamo visto [nel testo biblico] il Santo, benedetto Egli sia, adirarsi con gli Ebrei perché mancava questa condizione nel loro servizio divino. Difatti è detto (Deut. 28, 47): “Perché non hai servito il Signore tuo D-o con gioia e di buon cuore[7]“. E David, avendo visto che gli Ebrei avevano raggiunto questo livello quando portarono le loro offerte per la costruzione del Tempio [di Gerusalemme], pregò in loro favore affinché questa ottima virtù si mantenesse in loro senza mai venir meno, come è detto (Primo Libro delle Cronache 29, 17-18): “E ora ho visto il Tuo popolo offrirTi dei doni con gioia. Hashem, Signore dei nostri patriarchi Abramo, Isacco e Israel, conserva per l’eternità questo spirito nei pensieri del cuore del Tuo popolo e dirigi il loro cuore verso di Te”[8].
Note del traduttore:
[26] Diverse edizioni citano il Midrash Shochar Tov come fonte di questa citazione. Ma noi lì non l’abbiamo trovata, quindi abbiamo preferito rimandare il lettore a un altro Midrash, il Yalkut Shimoni sul salmo 100, dove la citazione si trova senza ombra di dubbio.
Commento
[1] R. Bechayeh nel Qad ha-qemach (voce simchah) arriva a scrivere che questa è una mitzwah della Torah, ma con ogni probabilità intende dire che si tratta di una parte della mitzwah di servire H.
[2] Rashì commenta che la gioia scaturisce dalla consapevolezza che vi sarà una ricompensa per il nostro servizio, mentre i goyim non hanno alcunché di cui rallegrarsi. Il Malbim nota che il servizio divino è differente da qualsiasi altro lavoro, perché la ricompensa, che non è comunque certa, segue all’esecuzione del lavoro. Nel servizio divino la ricompensa è invece il lavoro stesso, e per questo può essere affrontato con gioia.
[3] Questa esultanza (dalla radice ‘alaz) usato anche nella tefillah di Channah, è propria unicamente del rapporto con H. (Malbim).
[4] La ghemarà prosegue riportando altri ambiti che vanno affrontati con gioia, ad esempio scrive che per fare buoni sogni quando si va a letto bisogna essere contenti.
[5] R. Bechayeh nel Qad ha-qemach (voce simchah) scrive che tutte le volte in cui si parla di simchah nella tradizione scritta ci si riferisce a questo ambito, e non alle gioie proprie del mondo materiale.
[6] Il Malbim spiega che la ghilah è una gioia improvvisa.
[7] Orchot Tzadiqim scrive che la famosa Mishnah nel Pirqè avot secondo la quale ricco è chi è felice della sua parte non si riferisce ai possedimenti materiali, ma ad H., che è “la sua parte”.
[8] Quando venne data la Torah al popolo ebraico, H., per così dire, pregò augurandosi che il popolo ebraico mantenesse quel livello spirituale e continuasse a temerLo sempre, ma il popolo ebraico non diede seguito a questa preghiera chiedendo ad H. che facesse in modo che fosse così, e fu considerato ingrato, perdendo quanto aveva raggiunto. Da ciò impariamo che quando abbiamo un’acquisizione a livello spirituale dobbiamo pregare H. affinché possiamo mantenerla.