Gli elementi della devozione
http://www.anzarouth.com/2010/10/mesilat-yesharim-19-devozione-elementi.html
Messilat Yesharim, Rabbi Moshe Chaim Luzzatto, traduz. e note di Ralph Anzarouth
Ecco, ho parlato sinora della sottomissione e della soggezione. Parleremo ora dell’onore. I Maestri di benedetta memoria ci hanno già raccomandato l’onore e l’importanza della Mitzvà; e commentando il versetto (Esodo 15, 2) “Questo è il mio Signore e io Lo impreziosirò[1]” essi dissero (Talmud Bavli, trattato Shabbat 133b): “Impreziosisciti davanti a Lui con le Mitzvot: dei bei Tzitzit 12, dei bei Tefillin, un bel rotolo della Torà[2], un bel Lulav 13, ecc.”. E dissero anche (Talmud Bavli, trattato Baba Kama 9b): “L’ornamento della Mitzvà va fino a un terzo[3] 14; fino a questo limite [chi la compie] paga di tasca sua, oltre questo limite la spesa incombe al Santo, benedetto Egli sia[4]“. Quindi i Maestri hanno espresso chiaramente il loro pensiero, secondo il quale la Mitzvà da sola non è sufficiente e bisogna conferirle onore e impreziosimento.
E bisogna confutare coloro che si contentano del minimo affermando che il lustro interessa solo gli esseri umani, che sono inclini a lasciarsi tentare da quelle illusioni, mentre il Santo, benedetto Egli sia, non ne ha cura perché è elevatissimo e ben al di sopra di quelle cose[5]: secondo loro, sarebbe sufficiente compiere la Mitzvà rispettando le regole. Invece, la verità è che il Signore, benedetto Egli sia, è chiamato “Signore dell’onore” e noi dobbiamo onorarlo, benché Egli non abbia bisogno dei nostri onori, che non hanno per Lui nessun valore o importanza. E chi si pone dei limiti a questo riguardo laddove potrebbe abbondare non è altro che un peccatore. Questo è quanto tuonava il profeta Malachi, rivolto agli Ebrei con la parola di Hashem (Malachia 1, 8): “E se offrite una [bestia] cieca in sacrificio, non è questo un male? […] Prova a offrila al tuo governatore e vedrai se ti accoglierà volentieri e se ti apprezzerà”. Invece i Maestri di benedetta memoria ci hanno esortati ad adottare il comportamento opposto nel servizio di D-o e dissero (Talmud Bavli, trattato Sukkà 50a) di non setacciare con un filtro l’acqua che è rimasta esposta 15, per il motivo che (Talmud Bavli, trattato Baba Kama 97b) questo sistema è valido per una persona qualunque, mentre invece per il servizio dell’Altissimo è detto: “Prova a offrila al tuo governatore!” E che problema c’è nell’acqua filtrata? [In fondo] le persone hanno il permesso di berla! Tuttavia, è vietato [offrirla] all’Altissimo perché sarebbe una mancanza di rispetto[6].
Note del traduttore:
[12] Le quattro frange agli angoli del Tallit.
[13] Con questo termine si indica comunemente l’insieme delle quattro piante (di cui una è proprio il Lulav) che compongono l’omonimo precetto della festa di Sukkot.
[14] Del suo valore.
[15] Per renderla nuovamente permessa al servizio divino.
Commento
[1] Rashì nel suo commento alla Torah (Shemot 15,2) spiega che una possibile etimologia del termine weanwehu sia da noy. Per questo motivo per esempio si lega il lulav con l’hadas e la ‘aravah (Sukkah 33a).
[2] Torah temimah riporta una discussione sul motivo per cui il sefer Torah necessita di sirtut, se per weanvehu, e quindi per hiddur mitzwah, perché in questo modo la scrittura è dritta, o perché è halakhah leMoshè miSinai. La domanda riguarda la kasherut del Sefer Torah: se il motivo è che è halakhah leMoshè miSinai, in assenza di sirtut il sefer Torah non è kasher; se invece il motivo è weanvehu non si è tenuti a spendere più di un ulteriore terzo del valore per fare la sirtut, ed il sefer rimane kasher.
[3] I Rishonim discutono sull’ambito di applicazione di questo principio: alcuni infatti ritengono che si parli del denaro che bisogna destinare alla mitzwah (Rashì), altri alla misura. Per esempio, se secondo R. Meir la misura minima di un etrog è una noce, bisogna prenderne uno di un terzo più grande, indipendentemente dal prezzo (Tosafot). Altri rishonim ritengono che l’hiddur sia nella misura dell’oggetto, ma il terzo viene misurato in base al suo costo. La posizione di Rashì comporta però una difficoltà, perché in questo modo si rischia di andare all’infinito nell’hiddur, dilapidando progressivamente sempre più denaro. Per questo il Gherà scrive di applicare questo criterio solo la prima volta in cui si mette in pratica la mitzwah. I Rishonim e gli acharonim discutono sull’entità dell’hiddur, se è un terzo del valore originario o di quello finale (quindi aggiungendo la metà a quello originario), questione non risolta nella ghemarà in Bavà qamà (9b). La discussione viene risolta considerando l’hiddur come derivante dalla Torah (e in questo caso di deve essere rigorosi), o di origine rabbinica. Alcuni assumono una posizione intermedia, e dicono che il principio deriva sì dalla Torah, ma la sua misura è un’istituzione rabbinica, e per questo sulla misura si può essere facilitanti.
[4] Vale a dire che H. farà in modo che si recuperino le spese ulteriori.
[5] Quanto scrive il Ramchal ci insegna quale fu l’errore di Qain, che non intendeva disprezzare H. con la sua offerta, ma credeva che il modo di onorare H. fosse diverso da quello di onorare gli uomini, ma questa non è la visione della Torah.
[6] Il problema dell’acqua scoperta è che è possibile che sia venuto un serpente e abbia rilasciato il suo veleno nell’acqua, ma, dice la ghemarà, filtrando l’acqua si può ovviare a questo problema. Ma tutto questo vale solo per berla, mentre non è possibile utilizzarla per la libagione dell’acqua di Sukkot, perché sarebbe poco rispettoso, visto che non porteremmo un’offerta di questo genere neanche ad un uomo onorevole.