Siach Ytzchaq cap. 299, R. Isaac ben R. Isaiah Yissachar Ber Weiss 1873-1942)
In questo responsum del 1942, il Siach Ytzchaq, negli anni bui della seconda guerra mondiale, si confronta con la domanda se l’uso di tenere accesi dei lumi nel bet ha-kneset il giorno di Kippur decade, se c’è il pericolo concreto che dei malvagi rompano le finestre del bet ha-keneset vedendo i lumi accesi, e c’è un decreto del governo che impedisce di tenere luci accese dopo le dieci di sera. Nello specifico il rav indicò ai gabbaim del bet ha-midrash di accendere i lumi, poiché “shomer mitzwah lo iedà davar rà – chi rispetta la mitzwah non conoscerà male”, ma ricostruisce anche l’origine ed i motivi di questo uso, che compare già nella mishnàh nel trattato di Pesachim.
Il Tur lo riporta per la halakhah, basandolo sul verso “Baurim kabedù H. – con i lumi onorate H.”, e il modo di onorare il giorno di Kippur, in cui non si mangia e non si beve, è di farlo con begli abiti, e con tutti gli altri modi di onorarlo, fra cui quello di accendere i lumi. Dalle parole del Bach si potrebbe desumere anche che si potrebbe recitare la berakhah per l’accensione dei lumi al Tempio, ma la cosa è da escludere perché non c’è il motivo della pace domestica (shelom bayit), che giustifica la recitazione della berakhah in casa. Secondo il Siach Ytzchaq si devono assolutamente accendere i lumi al Tempio, sia perché è un uso antichissimo, sia perché per la halakhah viene stabilito di accenderli in casa con la berakhah.
I motivi dell’usanza sono vari: a) vengono accesi per le anime dei morti, e vengono accesi al bet ha-keneset, come scrive il Rivevot Efraim (cap. 610), e la fonte di ciò è nell’Elef ha-maghen, secondo il quale la menorah nel Bet ha-miqdash svolgeva la medesima funzione; Sha’ar Yssachar scrive poi che i morti visitano le sinagoghe e i batè midrashot, e vedendo i lumi accesi per loro, spezzeranno una lancia a nostro favore; b) il Kolbò (cap. 68) riporta molti motivi; uno di questo è che pregando giorno e notte deve esserci luce nel bet ha-midrash per pregare leggendo dal libro, e se non vi fosse luce, si sarebbe costretti a chiedere ad un goy di accendere dei lumi, cosa da non permettere di Kippur in alcun modo, come scrive il Birkè Yosef (cap. 514), in particolare alla fine della giornata.
L’unica cosa che viene permessa dal Noda’ BiYehudah, riportato dal Ketav Sofer (cap. 111), è di dire al goy di sparpagliare per la Sinagoga dei lumi già accesi; c) un terzo motivo è che forse non abbiamo fatto troppa attenzione al kavod del bet ha-keneset, e la presenza di luce è un aspetto importante, come scrive lo Shulchan ‘Arukh (Orach Chayim cap. 151), e accendendo molti lumi a Kippur operiamo un tiqqun; d) il Maghen Avraham (cap. 610) scrive che il motivo è che di Kippur sono state date le seconde tavole, e la Torah è paragonata alla luce, e per questo il bet ha-keneset, ed in particolare l’aron ha-qodesh, dove sono posti i sifrè Torah, è il luogo adatto per accenderli.