Fra due Shabbatot, nella parashàh di Emor, leggeremo il brano nel quale vengono elencati i vari mo’adim, e la Toràh destina spazio al conteggio dell’omer, che stiamo effettuando in questi giorni. Il conteggio inizia “mimachorat ha-shabbat – all’indomani del Sabato” e si conclude all’indomani del settimo sabato”. Nella nostra tradizione il giorno dopo è molto importante. Alcuni anni fa un film sugli effetti devastanti della bomba atomica fu intitolato “the day after”, per colpire il pubblico invitarci a riflettere sui possibili effetti delle nostre azioni.
Dopo aver scritto del conteggio dell’omer e della festa di Shavu’ot la Toràh riporta una mitzwàh che sembra essere fuori posto, perché subito dopo l’elencazione dei mo’adim prosegue: “e quando mieterete i prodotti del vostro paese non mietere completamente l’angolo del tuo campo e non raccogliere le spighe cadute durante la tua mietitura; lasciare per il povero e per lo straniero; Io sono il Signore vostro D.” Che senso ha parlare di questa mitzwàh, a maggior ragione se è ricordata già nella parashàh di Qedoshim, che leggeremo Shabbat? Il conteggio dell’omer è una continua risalita nella scala della qedushàh, dalla schiavitù sino al matan Toràh.
Il popolo ebraico, dopo aver rischiato di sparire in Egitto, diviene degno di ricevere la Toràh, keish echad belev echad, come un unico individuo, con un unico cuore. Ma poi arriva il giorno dopo. La festa, per così dire, è finita. Si torna alla vita di tutti i giorni, al lavoro nei campi. In questo contesto saremmo portati a dimenticarci di chi è meno fortunato di noi. Ma questa non è la società nella quale vogliamo vivere! Il popolo ebraico, dopo duemila anni di esilio, ha una sua casa. Un popolo libero nella propria terra, ‘am chofshì beartzenu. Ma questa libertà ha avuto un prezzo altissimo, che ancora oggi paghiamo.
Dalla nascita dello stato 25.000 soldati hanno dato la propria vita per difendere Israele. Per rendere onore al loro sacrificio non conta, sebbene sia assolutamente doveroso, quanto facciamo nel momento della celebrazione e del ringraziamento, ma è fondamentale concentrarci su quanto avviene il giorno dopo, su come trasferiamo nella nostra vita i valori di giustizia sociale e magnanimità che la Toràh ci insegna.