Deut. 26, 1-11: “Quando giungerai al paese che H. D. tuo ti dà in possesso e lo conquisterai e ti insedierai là, prenderai le primizie di tutti i frutti della terra che tu ricaverai dal paese che H.D. tuo ti dà e li porrai in un cesto. Quindi te ne andrai nel luogo che H.D. tuo avrà scelto come sede del Suo Santuario. Ti presenterai al kohèn che ci sarà in quel tempo e gli dirai: “Dichiaro oggi ad H.D. tuo che sono giunto nel paese che Egli giurò ai nostri padri di darci”. Il kohèn prenderà quindi il cesto dalle tue mani e lo collocherà davanti all’altare di H.D. tuo. Tu poi riprenderai a dire davanti ad H.D. tuo: “Un arameo nomade era mio padre. Egli se ne andò in Egitto e vi abitò con pochi uomini; là divenne una grande nazione, potente e numerosa.
Ma gli Egiziani ci perseguitarono, ci afflissero, e ci sottomisero ad una dura schiavitù. Allora noi gridammo ad H. D. dei nostri Padri ed Egli ascoltò la nostra voce, vide la nostra afflizione, il nostro travaglio e la nostra oppressione. H. ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e braccio teso, con grande spavento, con prodigi e con miracoli e ci condusse in questo luogo e ci dette questa terra stillante latte e miele. Ecco io ho portato ora le primizie dei frutti della terra che Tu hai concesso a me, H.” Lascerai quindi il cesto davanti ad H.D. tuo e ti prostrerai davanti a Lui. Godrai quindi di tutto il bene che H. D. tuo avrà dato a te e alla tua casa, tu stesso, il Levita ed il forestiero che sarà in mezzo a te”.
Mishnah Bikkurim 3, 1-4: Come si separano le primizie? Se uno scende nel suo campo e vede un fico, un grappolo d’uva o una melagrana che stanno per maturare, li lega con un vinco e dice: Questi saranno primizie. R. Shim’on insegna: Tuttavia deve chiamarle di nuovo primizie, dopo che sono staccate dal terreno. Come si trasportavano le primizie a Yerushalaim? Tutti gli abitanti dei luoghi che appartenevano allo stesso circolo (ma’amad) si raccoglievano nel capoluogo del circolo e si accampavano nelle piazze delle città, senza entrare nelle case (per il rischio di impurità). Alla mattina per tempo il deputato diceva: “Sorgete e saliremo a Sion al Tempio del S. nostro D.” I più vicini portavano fichi freschi e uve, i più lontani fichi secchi e uve secche. Il bue andava davanti a loro con le corna dorate, e una corona di olivo sul capo. Davanti a loro risonava il flauto, finché giungevano presso Yerushalaim. Appena giunti presso Yerushalaim mandavano (dei messi) davanti a loro e disponevano le loro primizie a mo’ di corona. I rappresentanti dei kohanim e dei leviti, e i tesorieri uscivano loro incontro, uscivano (cioè) in proporzione all’onore (al numero) di quelli che entravano; tutti gli artigiani di Yerushalaim si alzavano in piedi davanti a loro e li salutavano dicendo: “O nostri fratelli del tale e tal luogo, siate i benvenuti!”.
Qiddushin 33a: Disse R. Yossi bar Avin: Guarda quanto è cara una Mitzwah nel momento in cui viene eseguita (chavivah Mitzwah bi-sh’atah)! Gli artigiani si alzano davanti ai contadini portatori delle primizie, altrimenti non sarebbero tenuti ad alzarsi neppure davanti ai Talmidè Chakhamim. Ma forse la ragione è un’altra: se i contadini non ricevessero l’omaggio degli artigiani, sarebbero indotti in futuro a trascurare la Mitzwah.
R. ‘Ovadyah da Bertinoro alla Mishnah (secondo la 1^ spiegazione del Talmud): Sebbene gli artigiani non abbiano alcun obbligo di alzarsi al cospetto dei Talmidè Chakhamim mentre sono dediti al loro lavoro per non interrompersi, erano invece tenuti ad alzarsi davanti ai contadini portatori delle primizie, perché chavivah Mitzwah bi-sh’atah. Per la stessa ragione ci si alza al cospetto dei necrofori mentre trasportano la bara alla sepoltura, o al cospetto di chi trasporta il bambino nel momento del Berit Milah.
Rashì a Qiddushin (secondo la 2^ spiegazione del Talmud): Il rischio è che i contadini dicano: “Siamo sgraditi agli occhi degli artigiani” e non vengano più. Non dunque perché chavivah Mitzwah bi-sh’atah.
Rav Kook, Commento ‘Eyn Ayah alla Mishnah: Fra le nazioni prevale l’idea che un popolo la cui economia è basata sull’agricoltura, escludendo il commercio e la manifattura, tende al sottosviluppo, perché questa nazione tende a limitare i propri scambi, anche culturali, con l’esterno. Nel caso del popolo ebraico, benché il suo scopo sia senza dubbio di raggiungere la saggezza e sviluppare l’intelletto, cionondimeno è volontà di D. che esso sia stabile nella sua terra, sostenuto economicamente dai suoi prodotti “ciascuno sotto la sua vite e sotto il suo fico”, piuttosto che basarsi su un’economia di scambio con le altre nazioni. La ragione è che D. ha messo il nostro popolo in grado di raggiungere la sua propria eccellenza intellettuale, senza dover ricorrere a influenze esterne… Le primizie simboleggiano l’amore speciale che questo popolo ha per l’agricoltura. I loro portatori non entravano nelle case per il rischio di impurità: l’estraniazione dalla vita pura della natura è fonte essa stessa di molte impurità. Felice il popolo che si sceglie il modo di vita più vicino alla natura possibile… Allorché eravamo vicini alla Luce Divina, piantati sul nostro suolo, la luce della Profezia occupava un grande spazio nel nostro mondo. Tuttavia, quando per le nostre trasgressioni siamo stati costretti a un amaro esilio, ecco che abbiamo dovuto ricorrere alle “conserve” (la frutta seccata), prive del “succo” della Profezia con la freschezza delle sue visioni (la frutta fresca; ma quella seccata si conserva meglio e si presta a essere trasportata da un luogo all’altro). Quali sono le “conserve”? I “quattro cubiti della Halakhah”: dopo la distruzione del Tempio è quanto resta a disposizione del S.B. in questo mondo… Ma fintanto che la nazione ha un’anima potente che cerca di espandere le proprie azioni nel mondo, essa cerca ricchezza attraverso il lavoro (simboleggiato dal bue). Ma la ricchezza non può essere un fine in se stesso, bensì un mezzo per giungere a illuminare se stessi e il mondo con la luce dell’Intelletto del S. Re del mondo (simboleggiata dalla corona di olivo sul suo capo)… La nazione si costruisce unendo assieme le tre forme principali di leadership: il potere di governo, cioè di organizzare attività; il potere spirituale della Torah e quello dei beni materiali, necessari per il bene della Comunità e dell’individuo.
Le tre rappresentanze vanno incontro ai portatori delle primizie per significare l’unità dei membri della nazione e l’unione degli sforzi individuali per il benessere dell’intera collettività… Per questo è necessario stare attenti a rispettare il livello e il ruolo di ciascuno. La vera libertà si realizza nel preservare il valore di ogni componente e del suo contributo al tutto. La vita umana in generale può essere divisa in naturale e artificiale. Se la nazione è moralmente debole, nel senso che gli individui hanno occhio solo sul denaro, allora questi due tipi, coloro che si occupano della natura e coloro che trattano i beni artificiali, si alienano a vicenda senza alcun rispetto reciproco: i contadini che abitano nei villaggi saranno guardati dall’alto in basso da parte dei professionisti cittadini che si sono immaginati una civiltà all’infuori della natura. Il senso di una finalità superiore nella vita della nazione nel suo insieme può essere perseguito solo ramificando gli individui e i partiti. Volendo ricomporre tutti i settori costituenti una nazione, da un lato vi sono i contadini che faticano per produrre dalla terra le sostanze necessarie alla vita umana; costoro sperano che il loro lavoro individuale contribuisca al carattere sacro della nazione e pertanto sono influenzati dall’altro estremo: i governanti e i tesorieri. Con un cuore pieno di buoni sentimenti entrambi sono mossi a riconoscere l’importanza della propria relazione reciproca.
Per essere precisi, questa si realizza tramite i professionisti: per l’intermediazione di questi i partiti spirituali sono sostenuti dal lavoro fisico; d’altronde coloro che sono immersi totalmente nella vita naturale ricevono attraverso i professionisti l’influenza spirituale dei leaders. Alla mancata considerazione per il mondo contadino si sostituirà il riconoscimento che il fine della cultura dell’artificio non è immergersi nei tumulti della vita esteriore, ma invece procurare tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno, nel corpo e nell’anima, per vivere in pace una vita di natura fondata sulla tranquillità. Ciascun segmento della società deve riconoscere il valore del segmento collocato ai propri antipodi: proprio la distanza e la differenza che li separa aggiunge alla stima e all’amore reciproco. Diversità e unità, allorché cooperano, sono i pilastri della felicità sociale e del successo. E’ perciò opportuno che gli abitanti della grande città riconoscano la relazione di fraternità (“O nostri fratelli…”) con coloro che risiedono nelle comunità rurali (“…del tale e tal luogo”). Tutti guardano alla metropoli (Yerushalaim), simbolo dell’unità collettiva, ma nello stesso tempo i membri delle rispettive comunità non rinunciano ad alcuno dei loro diritti fisici e spirituali.