All’uscita di Shabbat si pone la domanda se accendere prima i lumi di Chanukkàh, o se fare la havdalàh. La domanda è rilevante sia per il Bet ha-kneset sia a casa. Rav Ovadiàh Yosef (Yechawèh da’at 1,75) riporta una ghemarà in Shabbat (23b), dove si dice che se si può acquistare solo il vino per il qiddush o i lumi di Chanukkàh, questi ultimi hanno la precedenza, perché il pirsum ha-nes ha una forza maggiore, ma questa non è una prova, perché il caso descritto è quello in cui si può fare solamente una delle due cose, mentre nel nostro caso si possono fare entrambe, e quindi la domanda rimane in piedi. Inoltre il qiddush può essere fatto anche sul pane, quindi, anche non acquistando il vino, si ha la possibilità di fare ancora entrambe le mitzwot.
Lo Shulchan ‘Arukh (Orach Chayim 681,2) stabilisce che al Bet ha-kneset si accendono i lumi di Chanukkàh e poi si fa la havdalàh. La sua fonte è il Terumat ha-deshen (cap. 60), che scrive, come vari altri rishonim ashkenaziti, che è bene ritardare l’uscita di Shabbat. La prova del Terumat ha-deshen deriva dalla stessa formula della havdalàh, dove la berakhàh sulla separazione è messa in ultima posizione, dopo quella sul vino, sui profumi e sul fuoco. L’Avudraham (Seder hadlaqat nerot chanukkàh) scrive invece che si fa prima la havdalàh. Il Taz si dilunga molto per appoggiare questa opinione, riportando vari ragionamenti, fra cui taddir wesheenò taddir, basato come abbiamo visto sulla lettura di Rosh Chodesh e Chanukkàh, che respinge il principio in base al quale si ritarda l’uscita dello Shabbat più possibile, e sostenendo che il pirsum ha-nes non è un principio rilevante per stabilire la precedenza, sempre a partire dalla lettura di Rosh Chodesh e Chanukkàh. L’Eliàh Rabbàh però respinge quest’ultimo ragionamento, perché nelle Tosafot il pronunciamento sulla precedenza di Rosh Chodesh parte dalla constatazione che nella lettura della Toràh non c’è pirsum ha-nes, cosa che evidentemente per i lumi di Chanukkàh non è vera, e quindi non si può portare nessuna prova dalla lettura di Rosh Chodesh e Chanukkàh. Un motivo ulteriore, riportato dal Mattèh Moshèh, è che accendendo i lumi di chanukkàh ci si comporta come se fosse già un giorno feriale. Inoltre non si comprende come si potrebbe recitare la berakhàh sul fuoco nella havdalàh dopo che si è già usato, come scrive l’Arukh ha-shulkhan, riportando il Kol bò. Alcuni però (ad esempio Igherot Moshèh, Orach Chayim 4,68) ribattono, basandosi su una ghemarà in Pesachim (105b), che anticipando la havdalàh potrebbe apparire che lo Shabbat viene considerato un peso, visto che per accendere i lumi di Chanukkàh è sufficiente la havdalàh nella tefillàh. Per lo stesso motivo, in base a quanto stabilito in Orakh Chayim 693, quando Purim capita all’uscita di Shabbat, leggiamo la Meghillat Ester prima della havdalàh. Il Taz scrive anche che il Maharal aveva fissato il Minhag a Praga contro la decisione dello Shulchan ‘Arukh. In Ner mitzwàh il Maharal scrive che il motivo è che per accendere bisogna avere recitato Attàh Chonantanu (Attà hiwdalta nel nostro rito), e può capitare che una persona non lo abbia fatto, compiendo un peccato. L’Eliàh Rabbàh, che era di Praga, dice però di non aver mai visto fare la havdalàh e poi accendere i lumi di Chanukkàh. Visto poi che è il chazan ad accendere i lumi, il pericolo riportato dal Maharal è molto remoto. Il Prì chadash è d’accordo con il Taz, e scrive di fare così sia al Bet ha-kneset che a casa. Il Birkè Yosef riporta l’opinione del Taz, del Prì Chadash e dell’Eliàh Rabbàh, ma scrive che le prove che quest’ultimo ha riportato non sono decisive, e servono solamente a giustificare l’uso locale. In conclusione non si deve riprendere chi si comporta in un modo, ne’ chi si comporta nell’altro. Per la Halakhàh in Morèh beezbà’ 302 il Chidà scrive di fare prima la Havdalàh, ed accendere poi i lumi di Chanukkàh. Anche Yochanan Treves in Qimcha deAvishona scrive che è bene fare prima la Havdalàh e poi accendere i lumi di Chanukkàh. Passando a siddurim più recenti, nel siddur di Rav Panzieri è scritto di accendere i lumi di Chanukkàh prima di We-iten lekhà; nel Machazor di Rav Artom vengono indicati tre differenti usi: quello appena citato, indicato come uso di Roma, Milano e Yerushalaim; quello di accendere prima di ‘alenu leshabeach, quindi dopo la havdalàh, indicato come uso del Tempio Maggiore di Roma, e quindi in linea con quanto si fa tutte le sere in quel tempio; quello di accendere dopo Barekhù, che è attestato come uso di Torino. Molti poseqim sefarditi, fra cui il Ben Ish Chay (parashat Wayeshev) e Rav Ovadiàh Yosef nella teshuvàh citata, pongono una differenza fra il bet ha-kneset, dove si segue lo Shulchan ‘Arukh ed il Ramà, che scrivono di accendere prima i lumi di Chanukkàh, e la propria abitazione, dove si fa prima la havdalàh, e poi si accendono i lumi di Chanukkàh. Il Machazit ha-sheqel fa una precisazione importante, riportata anche dalla Mishnàh Beruràh, che al bet ha-kneset non si deve cambiare nessun minhag, mentre a casa “de’avid kemar ‘avid ude’avid kemar ‘avid” (chi fa secondo un maestro ha fatto, e chi fa secondo un maestro ha fatto).