Appunti per una lezione tenuta a Savigliano il 22/11/2015
Il quadro culturale e politico nel giudaismo del I° sec. A.E.V. è estremamente complesso. Molte delle informazioni che tutt’ora circolano sull’argomento derivano dall’impostazione della scuola tedesca protestante del XIX sec., che risentiva dei pregiudizi nei confronti dell’ebraismo, così come della controversia teologica con il cattolicesimo. L’impostazione nella trattazione del tema si sarebbe modificata solamente nella seconda metà del secolo scorso, sia per via della laicizzazione degli studi, sia per via di nuove fonti acquisite (prime fra tutti i rotoli del Mar Morto, che fu salutata come la più grande scoperta archeologica del XX secolo), che hanno condotto ad una riconsiderazione della questione. Questo fra l’altro ha portato a ridimensionare il peso dei farisei nel contesto generale e a rivalutare le origini ebraiche di Gesù. Il cristianesimo, secondo questa visione, si sarebbe staccato dal giudaismo in seguito alla distruzione del tempio, se non dopo.
Quando si affronta il tema dei “partiti religiosi”nel I sec., chiamate spesso nella letteratura “sette”, e da Giuseppe hairesis (eresie), non si può prescindere dalla considerazione che le fonti parlano di queste fazioni quando la loro esperienza volgeva al termine: difatti le designazioni di farisei e sadducei non compaiono prima di Paolo e Marco; allo stesso modo Flavio Giuseppe, che aggiunge come terza corrente quella degli esseni, scrive più o meno nello stesso periodo. Non si deve dimenticare inoltre che quest’ultima corrente costituiva un fenomeno abbastanza marginale, tanto che la letteratura rabbinica ed i Vangeli fanno a meno di menzionarla. L’interesse nei confronti degli esseni è aumentato sensibilmente negli ultimi decenni per via dei ritrovamenti di Qumran, ma non si deve esagerare ad attribuire importanza a questo gruppo nel quadro storico dell’epoca. La fonte principale sulla storia antica di queste corrente è Giuseppe, che traeva le notizie da Nicola di Damasco, lo storico della corte di Erode, oltre che Filone Alessandrino e in minore misura Plinio il Vecchio. Molti storici, rapportandosi con i testi di questa epoca, tendono ad attribuirli ad una corrente piuttosto che a un’altra, e individuano degli accenni agli avversari, anche se i termini che oggi utilizziamo per definire tali gruppi non compaiono mai. Ma ci si deve interrogare su quale sia l’effettivo peso di questi movimenti in tre secoli di storia giudaica. In fondo dalla testimonianza di Flavio Giuseppe sappiamo che gli esseni erano circa quattromila, i Farisei seimila, e possiamo immaginare che il numero dei sadducei non si discostasse di molto da queste cifre. D’altra parte si deve tenere conto della natura delle considerazioni neotestamentarie su farisei e sadducei, certamente non scevre di pregiudizi. Lo stesso può dirsi delle affermazioni dei rabbini, continuatori dell’opera dei Farisei, che esaltavano pertanto questi ultimi e formulavano giudizi di certo meno obiettivi sui Sadducei.
Il termine fariseo è stato sin dall’antichità molto utilizzato, ma poco compreso: il significato di questo nome è di fondamentale importanza per capire questo capitolo della storia ebraica, che è l’epoca in cui sorse il cristianesimo. L’origine del termine è l’ebraico perushim, che significa separati, isolati. Questa resa suscita ulteriori domande: separati da cosa? E da quando? Ed inoltre questo nome era stato attribuito da coloro che lo portavano o dai loro avversari? Nel libro di Ezrà (6,21) è scritto che “i migliori fra coloro che ritornarono dall’esilio babilonese erano nivdalim (separati) dal resto del popolo”. Anche nel periodo dei Maccabei troviamo un’opposizione fra coloro che erano “pii”, e si attenevano a quanto prescritto dalla tradizione, e coloro che invece volevano adottare i costumi greci.
I sadducei invece portavano nel loro nome un riferimento a Zaddoq, che era sommo sacerdote ai tempi di Salomone. Dei sadducei non abbiamo molte notizie, perché le guerre giudaiche, oltre ad essere guerre contro i romani, furono anche una sanguinosa guerra civile, che portò all’eliminazione dei sadducei, considerati vicini al potere straniero.
La prima fonte principale su Farisei e Sadducei, assieme a Paolo, è Flavio Giuseppe. Questi due sono considerati gli unici due Farisei che conosciamo per nome che abbiano lasciato delle testimonianze scritte sul gruppo. Almeno sino al 70 Flavio Giuseppe visse dall’interno questa realtà. Giuseppe discendeva da una famiglia sacerdotale, imparentata con gli Asmonei. Giuseppe ricorda la propria giovinezza, quando decise di sperimentare le scuole di pensiero esistenti, che sono tre: farisei, sadducei, esseni. Pertanto decise di provarle tutte. Per tre anni seguì un certo Banno, che viveva nel deserto, ricavava le vesti dagli alberi, si nutriva unicamente di prodotti selvatici e giorno e notte spesso si lavava con acqua fredda. Passati questi tre anni si dedicò alla vita pubblica, affiliandosi ai farisei, che vengono definiti come simili agli stoici.
La prima volta in cui compaiono i Farisei nella narrazione storica di Giuseppe, nelle Guerre giudaiche, è nel periodo di Salome Alessandra (76-67 A.E.V.), molto devota alla loro causa, i sadducei e gli esseni compaiono invece nella narrazione di Giuseppe sotto Erode. I Farisei hanno fama di essere più pii degli altri e di interpretare più esattamente la legge. Tuttavia la considerazione dei farisei è tutt’altro che lusinghiera, difatti vengono accusati di eliminare chiunque volessero. La successiva menzione dei farisei riguarda il periodo di Erode che accusò sua cognata di avere procurato denaro ai farisei contro di lui. In un altro passo confronta Farisei e Sadducei, scrivendo che i primi sono maggiormente benevoli gli uni con gli altri e si adoperano di più per la concordia della comunità. I sadducei invece sono meno pronti all’aiuto fra di loro, oltre che nei confronti degli altri.
Nei Vangeli troviamo numerosi riferimenti ai farisei, mentre i Sadducei vengono solamente indicati come i negatori della resurrezione. In Marco i farisei sono i principali avversari di Gesù, ma non svolgono un ruolo importante nella storia della passione. Vi sono delle divergenze rispetto a punti specifici della legge. Da un punto di vista cristiano i farisei sono considerati ipocriti, la loro visione della legge trascurerebbe l’essenziale per concentrarsi su aspetti esteriori. In Matteo troviamo una migliore considerazione dei farisei, in particolare per il loro impegno nell’insegnamento, mentre in Giovanni il giudizio è molto più duro, ed i farisei rappresentano i giudei che hanno rifiutato la fede in Gesù e rappresentano il mondo ostile al cristianesimo. Nella sua attività pubblica Gesù si è confrontato soprattutto con i farisei. In Luca si adombra ancora la possibilità di un’intesa, mentre in Matteo e Giovanni i fronti sono maggiormente irrigiditi.
A partire dal 70 i rabbini ricevono l’eredità dei farisei, e gli evangelisti confondono la situazione di quegli anni con quella dei tempi di Gesù. Gli studiosi considerano farisaiche le tradizioni risalenti ai precursori della letteratura rabbinica. Alcuni limitano le applicazioni ai casi in cui si parla esplicitamente di farisei e sadducei.
Leo Baeck, che ha scritto un saggio sui Farisei, prima delle scoperte di Qumran, indica nei midrashim redatti nella prima generazione dei tannaim dei testi di fondamentale importanza. Nella Sifrà, commento midrashico al levitico, proveniente dalla scuola di Rabbì ‘Aqivà, il termine parush traduce qadosh (santo), e lo stesso creatore viene considerato parush: “come io sono parush, così voi dovete essere perushim”. L’idea, poi ripresa da Paolo, è quella di attribuire alla collettività i tratti della santità, sino ad allora prerogativa delle schiere celesti. Ulteriore elemento è quello della separazione dagli altri popoli: questo traspare nella narrazione del primo capitolo del libro dei Maccabei, quando degli empi cercarono di convincere gli altri a legarsi con le altre nazioni, perché da quando se ne erano distaccati erano capitati molti mali. Anche la Mekhiltà, il midrash all’Esodo di R. Yshma’el, spiegando l’espressione dell’Esodo “sarete per Me un reame di sacerdoti ed un popolo santo”, la interpreta come “separati dai popoli e dalla loro crudeltà”. Ma non vi è solamente il significato negativo dell’esclusione: la santità si manifesta anche positivamente attraverso la pratica dei precetti. Il nome fariseo pertanto invitava all’esclusività, che si contrapponeva ai popoli. L’esortazione riguardava principalmente la terra d’Israele. Infatti non troviamo mai il termine fariseo riferito ad ebrei della diaspora. Secondo Baeck i farisei non sono una scuola o una setta, e i confini del movimento sono più fluidi di quanto Flavio Giuseppe non abbia indicato, e per questo all’occorrenza i farisei, ad esempio quando devono salvaguardare la propria separazione divengono zeloti, o quando vogliono separarsi ulteriormente divengono esseni.
Dalla testimonianza di Giuseppe la distinzione principale fra farisei e sadducei è l’atteggiamento nei confronti della tradizione. Una differenza importante è sul ruolo da attribuire al destino, fondamentale per i farisei, che riconoscono comunque il libero arbitrio, inesistente per i Sadducei. Ulteriore divergenza riguarda l’immortalità dell’anima e la ricompensa dopo la morte, riconosciuta dai farisei e negata dai sadducei. In realtà ciò che i Sadducei negano con maggiore vigore è la resurrezione dei morti. Gli esseni invece attribuiscono tutto al destino, fatto attestato anche in molti testi qumranici. Baeck vede con sospetto le descrizioni di Giuseppe, perché erano destinate al pubblico colto greco e romano, e si avvaleva di categorie a loro comprensibili.
I Vangeli costituiscono invece la principale fonte per individuare i punti della discussione sulla legge religiosa. Nell’interpretazione della legge la differenza principale è che i farisei ammettono alcuni statuti tradizionali non scritti esplicitamente nella legge mosaica, che i sadducei respingono. I sadducei si attengono alla lettera della Bibbia, o persino del solo pentateuco. Questo è storicamente il punto che maggiormente distanzia i due movimenti. Infatti già a partire dall’esilio babilonese accanto al servizio sacrificale se ne affianca un altro, caratterizzato dalla preghiera, dalla lettura della scrittura e della sua spiegazione. Accanto al Santuario di Gerusalemme sorgono numerosissimi altri centri che erano considerati oramai la normalità nella vita del popolo. Inizialmente l’accostamento avviene in maniera pacifica, ma prima o poi sarebbe dovuta sorgere la domanda su quale fosse il vero centro spirituale dell’ebraismo, il tempio di Gerusalemme o le sinagoghe? In particolare una certa tradizione insiste sul fatto che l’insegnamento della Toràh possa sostituire i sacrifici nel Tempio. Analogamente la preghiera sostituisce il culto sacrificale. Attraverso questi elementi i farisei pongono le basi per un movimento popolare, che nelle sinagoghe ha gli strumenti per condurre autonomamente la propria vita religiosa, e si pone in contraddizione con la casta sacerdotale. Altro elemento di tensione era costituito dall’amministrazione della giustizia, che secondo la dottrina biblica spettava in primo luogo ai sacerdoti e ai leviti, che avevano anche il compito di insegnare la Toràh. Bisogna notare che a partire dalla distruzione del primo tempio accanto ai sacerdoti sorse una nuova classe, quella degli scribi, che spiegavano le parole della legge. I sacerdoti potevano essere a loro volta scribi. Con la ricostruzione del santuario i sacerdoti acquisirono nuovamente i loro privilegi originari, ma si trovarono in rotta di collisione con gli scribi, che rivendicavano l’esercizio del diritto. Con il passare del tempo i sacerdoti non vengono più considerati indispensabili per l’amministrazione giudiziaria, ed un tribunale può operare prescindendo dalla presenza al suo interno di sacerdoti e leviti. Gli scribi, sebbene non tutti gli scribi fossero necessariamente farisei, assunsero posizioni di rilievo fra i farisei, poiché i sacerdoti avevano come elemento distintivo il loro lignaggio. Non abbiamo testimonianze sui nomi di scribi sadducei. I farisei invece avevano tutto l’interesse a ricostruire la catena della loro tradizione per renderla maggiormente autorevole.
Fra i numerosi movimenti che si affacciarono in questi secoli, solamente due sopravvissero: il fariseismo, che si evolvette nel giudaismo rabbinico sino ai nostri giorni, ed il cristianesimo. In un certo modo sopravvissero anche i samaritani, ed i caraiti, le dottrine dei quali, pur essendo storicamente accertabili solamente a partire dall’VIII sec., presentano stranamente degli aspetti arcaici.
Bibliografia
Leo Baeck, I Farisei. Un capitolo di storia ebraica, Giuntina
Gunter Stemberger, Farisei, sadducei, esseni, Paideia
Gunter Stemberger, Il giudaismo classico. Cultura e storia del tempo rabbinico (dal 70 al 1040), Città nuova
Storia delle religioni, Ebraismo, il giudaismo del secondo tempio (Paolo Sacchi)
Atlante storico del popolo ebraico, Zanichelli
Elia Samuele Artom, Storia d’Israele, vol. 1- storia antica
Giudei e cristiani nel I secolo, continuità, separazione, polemica,il pozzo di Giacobbe
James Vanderkam, Manoscritti del Mar Morto, il dibattito recente oltre le polemiche, Città nuova