Da un art. di Rav Shelomò Daikhovsky[1] – Ha-internet bahalakhàh, Tchumin 22, pp. 325-333; Ma’asè reshet di Rav Nir Aviv pp. 181-191
La rete ha un ruolo sempre maggiormente rilevante nella nostra vita, e certamente il suo utilizzo ha delle conseguenze notevoli da un punto di vista halakhico, sia dal punto di vista dei danni, che da quello del qinian (appropriazione di un oggetto), che rispetto alle regole dello shabbat, ecc. Sicuramente questi temi dovranno essere approfonditi dai talmidè chakhamim. Non è questo d’altra parte il luogo in cui dare un giudizio morale sull’opportunità di evitare di usare uno strumento che con un clic può trasformarsi da un significativo aiuto in una fonte di distruzione.
Tramite la posta elettronica o la rete una persona può diffondere un virus dal proprio computer e trasmetterlo a centinaia di computer in tutto il mondo. Un virus può cancellare cartelle e programmi dai computer, renderne impossibile l’utilizzo, o rimanere silente per un certo periodo e provocare questi stessi danni in un momento successivo. Inoltre a partire dal computer infettato, il virus può trasmettersi ad altre macchine che sono in contatto con lui. Potendo infettare anche sistemi che provvedono a bisogni vitali (acqua, elettricità, ospedali, esercito, polizia), i virus possono persino provocare concreti pericoli di vita. Chi diffonde i virus può farlo per divertimento, o perseguendo scopi criminosi. A volte coloro che li diffondono vengono scoperti e processati secondo le normative vigenti. Tanti altri riescono a sfuggire alla legge, e proseguire nelle proprie attività.
Fra gli avot neziqin questo danno può essere considerato simile al fuoco. Al pari del fuoco, che viene prodotto nella proprietà del danneggiatore, così il virus viene prodotto in un certo computer, per poi diffondersi verso l’esterno. Come nel fuoco c’è un’altra forza (koach acher me’orav bò, Baba qama 3b – fonte 1), il vento, che ne permette la diffusione, così nei virus il contagio è reso possibile dai modem e dalle linee telefoniche. La ghemarà porta l’esempio di una pietra, un coltello o un peso che si trovano sopra a un tetto e cadono per via del vento. Nella ghemarà (22a- fonte 2, con il commento di Rashì – fonte 3) gli amoraim discutono sulla natura del fuoco, se si tratti di “frecce” del danneggiatore (R. Yochanan), o si tratti di un danno provocato da una sua proprietà (nizqè mamon, opinione di Resh Laqish). Bisogna poi inquadrare alakhicamente il caso in cui sono “terminate le frecce”. Lo Shulchan ‘Arukh (Choshen Mishpat 418,17, fonte 4) definisce la halakhàh secondo l’opinione di R. Yochanan, pertanto se un uomo provoca un danno del genere dovrà risarcire l’altro per tutti i cinque aspetti del risarcimento, a meno che non vi fosse una recinzione caduta per motivi indipendenti dal fuoco – nel tal caso si dovrà risarcire unicamente il danno. Le Hagaot maimoniot (Hilkhot nizqè mamon 14,6 – fonte 5) spiegano a nome del R”ì che non si tratta unicamente di fuoco, ma tutti i casi in cui il “tizzone” può provocare danno per via del “vento”.
Il virus è paragonabile al fuoco. Difatti chi lo genera è simile a chi accende il fuoco, e chi lo diffonde, sebbene lo abbia ricevuto da qualcun altro, è come chi non fa attenzione al tizzone che è presso di lui, ed il vento lo diffonde. Secondo l’opinione di R. Yochanan, secondo la quale è stabilita l’halakhàh, la prima infezione è paragonabile ai dardi del danneggiatore, ma i computer infettati successivamente non sono colpiti dai suoi dardi, perché al momento della prima infezione non rientravano nel campo colpibile. Le infezioni successive pertanto non sono da considerarsi un danno provocato da un dardo, ma un danno inflitto da un bene, e su questo c’è una discussione fra Rashì e Tosafot su come regolarsi quando si danneggia con un tizzone non di propria proprietà, tradotto in linguaggio informatico, se è possibile obbligare a risarcire chi ha ricevuto il virus e lo ha trasmesso a sua volta.
Secondo Rav Daikhovsky non è possibile sottrarre il creatore del virus all’obbligo di risarcimento, sostenendo che non si tratta di suo mamon, ma piuttosto si deve dire che il suo mamon ha generato altro suo mamon, che appartiene sempre a lui, e pertanto quando danneggia è lui il responsabile. Pertanto né il creatore del virus, né coloro che lo diffondono si possono sottrarre all’obbligo di risarcire. Tuttavia si deve ancora chiarire se obbligarlo per via di esh o adam ha-maziq, perché fra i due casi c’è una differenza. Infatti l’adam ha-maziq deve risarcire pure per i danni collaterali provocati, mentre il mamon ha-maziq deve risarcire solamente il danno.
Nel nostro caso per esempio, si può obbligare a risarcire per l’inattività forzata del computer, simile a shevet, al fatto che una persona infortunata deve stare a letto? Bisogna ricordare in merito le parole del Qezot ha-choshen (363,3), che scrive che i cinque risarcimenti riguardano unicamente l’uomo che colpisce un uomo e non ad esempio un uomo che colpisce la proprietà altrui. Pertanto trasferendo le regole al nostro caso, si potrà obbligare a risarcire solo per la riparazione dei danni ai programmi o alle macchine, ma non per l’inattività forzata dai computer o dei dispositivi ad essi collegati. Il fuoco ha poi un’altra caratteristica, il risarcimento unicamente per i danni visibili: se ci sono degli oggetti nascosti, come degli attrezzi da lavoro, o anche un portafoglio, non si sarà tenuti a risarcire.
Nel computer lo stesso vale per i file e le cartelle nascosti. Se però l’incendio viene appiccato nel reshut del danneggiato, si sarà tenuto anche a risarcire per gli oggetti nascosti che si trovano abitualmente lì, e nel nostro caso, visto che è normale che in un computer vi siano file nascosti, si dovrà risarcire anche per quelli. Tuttavia c’è da fare un’ulteriore distinzione fra il primo infettato, che, subendo un danno diretto, andrà risarcito anche per oggetti non abituali, mentre per gli infettati successivi subentra la distinzione che abbiamo delineato. Non sembra invece delineare un attacco informatico come una forma di Bor, perché il bor ha la caratteristica di essere un danno passivo, ed inoltre non ha un’altra forza che contribuisce a provocare il danno, come il fuoco che è aiutato dal vento. Il nostro caso non è paragonabile pertanto ad un bor dinamico, vale a dire un inciampo nella proprietà pubblica che viene spostato dalle gambe delle persone e dalle zampe degli animali, e che, se danneggia mentre viene spostato, obbliga al risarcimento coloro che lo hanno spostato (Baba qamà 6a; Shulchan ‘Arukh, Choshen Mishpat 411,3- fonte 6).
מקורות
1) אילימא אבנו סכינו ומשאו שהניחן בראש גגו ונפלו ברוח מצויה והזיקו, היכי דמי? אי בהדי דאזלו קא מזקי, היינו אש! מ”ש אש? דכח אחר מעורב בהן וממונך ושמירתו עליך, הני נמי כח אחר מעורב בהן וממונך ושמירתן עליך!
2) אתמר, ר’ יוחנן אמר: אשו משום חציו, וריש לקיש אמר: אשו משום ממונו. וריש לקיש מאי טעמא לא אמר כרבי יוחנן? אמר לך: חציו מכחו קאזלי, האי לא מכחו קאזיל. ורבי יוחנן מאי טעמא לא אמר כריש לקיש? אמר לך: ממונא אית ביה ממשא, הא לית ביה ממשא.
3) אשו – השולח את הבערה. משום חציו – חייבו הכתוב דאיהו קעביד דהוי כזורק חץ. משום ממונו – כשורו ובורו שהזיקו וקס”ד דאיכא בינייהו כגון שהדליק בגחלת שאינו שלו דלרבי יוחנן חייב דחציו הן ולר”ל פטור דלאו ממונו הוא. האי לאו מכחו – דאש מאליה הולכת ודולקת למרחוק. הא לית ביה ממשא – דשלהבת היא המזקת דאין לה ממש הלכך כי חייביה רחמנא משום חציו הוא דחייביה.
4) אש שעברה והזיקה את האדם וחבלה בו, הרי המבעיר חייב בנזקו ובשבתו ובריפויו ובצערו ובבשתו כאילו הזיקו בידו, (שאע”פ) שאשו ממונו הוא, הרי הוא כמו שהזיק בחציו; והוא שהיה האש ראוי להגיע שם למקום שהזיק בשעה שהדליק, אבל אם לא היה ראוי להגיע שם, כגון שהיה גדר ביניהם ונפל שלא מחמת האש, אפילו אם היה אפשר לו לגדרה, כבר כלו חציו ויש לו דין ממונו שהזיק אדם שאינו חייב אלא בנזק בלבד, ופטור מארבע דברים.
5) פר”י לא שיבעיר הוא בעצמו האש אלא כ”מ שפשע ולא שימר גחלתו דמטי ליה ברוח מצויה חציו הן
6) אם הניחם בר”ה, ולא הזיקו במקומם, אלא נתגלגלו למקום אחר על ידי רגלי אדם או רגלי בהמה, אם הזיקו דרך הלוכן על ידי רגלי אדם חייב המגלגל הכל, שהוא פושע בהיזק זה, ובעל התקלה פטור.
[1] Nato a Tel Aviv nel 1938, ha ricoperto numerosissimi incarichi rabbinici negli ambiti più disparati. In particolare è considerato un esperto di diritto ebraico, anche in ambito accademico. Questo gli è valsa una candidatura per il bet ha-mishpat ‘elion, che non si è poi concretizzata. E’ autore di centinaia di articoli, in particolare sulla fertilità, sul diritto civile, sui divorzi e sulle conversioni.