Il Chidà (Chayim Yosef David Azulai, Gerusalemme 1724- Livorno1806), pur essendo un autore particolarmente eclettico, che si cimentò praticamente in tutti i generi della letteratura rabbinica, fu considerato, in particolare dai sefarditi e dagli italiani, una delle massima autorità halakhiche della sua epoca. Il Chidà scrisse un commento allo Shulchan ‘Arukh, intitolato Birkè Yosef, che è uno dei pochi commenti che affrontano tutte le quattro parti dello Shulchan ‘Arukh. In particolare è notevole come nella sua opera il Chidà riporti una serie di teshuvot riprese da rarissimi manoscritti, che senza di lui non ci sarebbero mai arrivate.
Ogni anno durante Chanukkàh si pone il problema di come accendere i lumi il venerdì sera, se accendere prima i lumi di Chanukkàh o quelli di Shabbat. Lo Shulchan ‘Arukh dice di accendere prima i lumi di Chanukkàh e poi quelli di Shabbat (Orach Chayim 679,1). Il Chidà nel Birkè Yosef (cap. 679) rapportandosi alla questione riporta il Prì Chadash, che riporta a sua volta l’opinione della maggioranza dei poseqim, secondo i quali la qabalat Shabbat non dipende dall’accensione dei lumi, ma da altri fattori. L’Arukh ha-shulchan (679,1) sostiene comunque che, indipendentemente dalla qabalat shabbat con l’accensione dei lumi, non è bello fare altre azioni lavorative dopo l’accensione dei lumi di Shabbat. E’ bene ricordare in questa sede che le donne invece fanno qabalat shabbat con l’accensione dei lumi; quindi se hanno già acceso i lumi di Shabbat, è bene che un altro accenda quelli di Chanukkàh (Maghen Avraham).
Secondo l’opinione della maggior parte dei poseqim ripresa dal Prì Chadash quindi si potrebbero accendere i lumi di Shabbat e poi quelli di Chanukkàh, e pertanto entrambe le ipotesi, sia quella dello Shulchan ‘Arukh, sia quella del Prì Chadash, sono ammissibili. Il Prì Chadash anzi propende per accendere prima i lumi di Shabbat, in quanto “taddir wesheenò taddir, taddir qodem – fra una cosa frequente e un altra meno frequente, quella frequente ha la precedenza”, e così ha scritto ad esempio il Rashbà in una teshuvàh (1,1070). In base a questo principio, per esempio, recitiamo nel qiddush prima la berakhàh sul vino, che si può recitare tutti i giorni, e poi quella sulla santificazione dello Shabbat. Oppure: nel Bet ha-miqdash il sacrificio perpetuo, che veniva offerto tutti i giorni, aveva la precedenza sul sacrificio aggiuntivo, proprio di alcune giornate particolari. Inoltre i lumi di Shabbat hanno una qedushàh superiore rispetto a quelli di Chanukkàh e “kol ha-mequddash mechaverò qodèm et chaverò- ciò che ha maggiore santità rispetto ad un’altra cosa la precede”. Per questo, per esempio, se un kohen deve aspergere del sangue di due sacrifici, un chattat (sacrificio espiatorio) ed un’olàh (olocausto), l’aspersione del sacrificio espiatorio viene prima, perché viene ad espiare un peccato punibile con la pena del karet.
Per lo stesso motivo il kohen manifesta la sua maggiore santità salendo a sefer per primo. Ma secondo il Birkè Yosef in ogni caso si deve seguire quanto scrive lo Shulchan ‘Arukh, perché in questo modo si esce d’obbligo secondo tutte le opinioni e così ha scritto il Radbaz (teshuvàh 757), che sostiene che non si deve entrare nel rischio di trasgredire Shabbat per via di taddir wesheeenò taddir, in fondo ci troviamo a dover decidere fra trasgredire un divieto della Toràh ed un principio talmudico e dei poseqim. Inoltre, visto che le persone tengono molto a fare pirsum ha-nes, si anticipa l’accensione di Chanukkàh. Al principio che chi ha più santità viene prima il Birkè Yosef oppone quello che dice “si sale in santità e non si scende”, per il quale per esempio indossiamo al mattino prima il tallit e poi i tefillin. Rispetto alla frequenza nel cap. 622 il Birkè Yosef contesta la conclusione del Prì Chadash: infatti secondo il Yad Malakhì, opera di Malakhì ha-Kohen di Livorno sulla metodologia talmudica, tutt’ora uno dei principali e maggiormente citati testi del genere, il taddir bizmanò, ciò che è frequente a suo tempo precede ciò che è frequente tutto l’anno.
Durante Chanukkàh i lumi di Chanukkàh si accendono tutte le sere, mentre i lumi di Shabbat si accendono di Chanukkàh solamente quando è venerdì sera, quindi i lumi di Chanukkàh, in quanto più frequenti, si accendono prima. In base al medesimo principio di Shabbat Teshuvàh Avinu Malkenu, che si recita in tutti gli ‘aseret yemè teshuvàh, precede Zidqatechà, che si recita solamente di Shabbat, sebbene in assoluto durante l’anno sia più frequente, perché si recita in tutti i Sabati in cui si reciterebbe il tachanun. Tuttavia lo stesso Birkè Yosef (cap. 622) riporta un altra halakhàh, sempre riguardante Chanukkàh, dal trattato di Meghillàh (29b) in contraddizione con quanto detto: di Rosh Chodesh Tevet la lettura di Rosh Chodesh, pur essendo meno frequente a Chanukkàh di quella di Chanukkàh, la precede. Il Birkè Yosef riporta poi una teshuvàh manoscritta del Devar Shemuel, secondo la quale si deve recitare la tefillàh di minchàh prima di accendere i lumi di Chanukkàh. Difatti la tefillàh di minchàh ricorda il sacrificio pomeridiano, e i lumi di Chanukkàh il miracolo della menoràh, che si accendeva sempre dopo il sacrificio pomeridiano. Anche su questo punto il Birkè Yosef è in disaccordo con il Prì Chadash, che segue il Ramà, che dice di accendere prima di minchàh. Di questa regola si interessa anche Rav Ovadiàh Yosef in una sua teshuvàh (Yabia’ Omer 5,44), arrivando alla conclusione che se l’accensione dei lumi di Chanukkàh dopo minchàh ha come conseguenza la perdita della possibilità di fare tefillàh in pubblico, è possibile accendere i lumi di chanukkàh anche prima di minchàh.
Sha’ar ha-tziun (679,7) riporta il Prì megadim, che sostiene che tramite l’accensione sosteniamo in qualche modo che è notte, e sarebbe pertanto contraddittorio recitare poi la tefillàh di minchàh, che deve essere recitata di giorno. In ogni caso si deve ricordare che, sebbene in questa occasione sia possibile accendere i lumi di Chanukkàh prima del tramonto, non essendo possibile altrimenti, e che comunque i lumi devono rimanere accesi almeno per mezz’ora dopo l’uscita delle stelle, come avviene negli altri giorni, il limite minimo per l’accensione è costituito dal plag- ha-minchàh, cioè un’ora ed un quarto proporzionale prima del tramonto, perché se accendessimo i lumi prima di questo momento, non si capirebbe che questa accensione viene effettuata come accensione dei lumi di Chanukkàh. Per questo è indispensabile avere dei lumi che possano rimanere accesi tutto il tempo necessario, e se non si ha una quantità di combustibile o di lumi sufficienti, si provveda almeno ad avere un lume che rimanga acceso per il tempo necessario, perché in questo modo si adempie alla mitzwàh secondo la richiesta minima della halakhàh, che è di accendere un lume al giorno, ner ish uvetò (Mishnàh Beruràh 679,2). Che H. possa compiere per noi dei miracoli come ha fatto per i nostri padri, di modo tale che venga il mashiach e possiamo accendere i lumi nel Bet ha-miqdash, secondo l’accenno contenuto nelle iniziali di madliqim shemonat iemè chanukkàh – si accende gli otto giorni di chanukkàh – le cui iniziali sono mashiach.