לכמוהר”ר חתני ר’ יעקב שלום מסיני, ברוך שהחיינו וקיימנו והגיענו לזמן הזה.
“Benedetto H. che mi ha fatto nascere, mi ha mantenuto in vita e mi ha fatto giungere fino a questo momento”. I Posseqim insegnano che la Berakhah di Shehecheyyanu che pronunciamo la prima sera di Sukkot sulla Mitzwah di risiedere nella Sukkah la prima volta vale anche per la Mitzwah di costruirla che abbiamo completato nei giorni precedenti.
Il matrimonio rappresenta a sua volta la costruzione di una casa ispirata ai valori dello Studio della Torah e dell’osservanza delle Mitzwòt. Con emozione e commozione ringrazio oggi il S.B. di avermi dato il merito e il privilegio di attenermi ad un importante principio dei nostri Maestri: כל המשיא בתו לתלמיד חכם מעלה עליו הכתוב כאילו מדבק בשכינה “colui che dà la propria figlia in sposa a un Talmid Chakham è considerato come se egli stesso si fosse unito alla Shekhinah” (Ketubbot 111b). E’ per me questo motivo di sprone e di incoraggiamento, oltre che di riconoscenza, sebbene in realtà non sia stato io il principale fautore del vostro incontro; su questo vedi però quanto scrive Rabbenu Bachyè commentando Shemot 20,17.
Certamente שמך הולך לפניך il Tuo nome Ti precede da tempo, ma in questi giorni esso ha trovato il riconoscimento pubblico e ufficiale che meritava, attraverso il conferimento della Semikhah da parte del Collegio Rabbinico Italiano dopo molti anni di studio e applicazione a Roma e presso importanti Yeshivot di Eretz Israel. חזק וברוך, יישר חילך לאורייתא. Per di più ciò è avvenuto a pochi giorni da quando mi avete reso nonno per la seconda volta con la nascita di Rachelina: è il caso di dire מערבין שמחה בסמיכה. Se la Ghematriyà non è un’opinione, Channahחנה (63) + Rachel רחל (238) fa “fuoco” אש(301). Aggiungendo a questo punto anche la Torah che hai acquisito, rappresentata dalla Semikhah, dà “fuoco della Torah” אש התורה.
R. Azriel Diena, rabbino a Sabbioneta fino al 1536 e discepolo, a quanto pare, del grande R. Yossef Colon di Savigliano, in un suo Responso (n. 180) delinea i requisiti che doveva avere nel Rinascimento italiano colui che aspirasse al ketàv ha-rabbanut. Si tratta di tre condizioni: 1) doveva essere retto e onesto, molto esperto nello studio e abile nel parlare in pubblico; 2) doveva essere personalmente conosciuto ai Rabbini che gli conferivano la Semikhah, i quali non avrebbero potuto basarsi esclusivamente sulla sua riputazione e 3) la sua Semikhah doveva essere approvata e firmata da tre Rabbini almeno. Ma la cosa di gran lunga più importante che gli si richiedeva era la Yir’at Shamayim.
Parafrasando i Pirqè Avòt (6,9) si può dire senz’altro dire che כולם נתקיימו בך “tutte tre si sono riscontrate in Te”. Della Tua chokhmah e capacità comunicativa, che sono comunque due doti differenti, hai dato prova più volte in molti luoghi, fra cui proprio questo Bet ha-Kenesset che ha assistito oggi alla Tua prima ‘Aliyah la-Torah con il titolo di Ma’alat ha-Rav. Una delle prove che Ti sono state richieste per l’esame è documentare come si trascrivono alcuni nomi ebraici italiani in lingua ebraica. Di Segni, il Tuo cognome, si scrive con la zayin o con la samekh? Questo dubbio che Ti ha sottratto il sonno per alcune notti ותדד שנתך מעיניך si risolve a mio avviso facilmente: è ovvio che debba scrivere con la samekh, perché in questo modo si presta a essere punteggiato De’ Sinai! La Tua consuetudine con i libri è proverbiale. Una volta mi è capitato di non riuscire più a trovarne uno fra quelli di casa mia. Non ebbi esitazione. Ti telefonai a Yerushalaim e mi sapesti indicare a memoria dove il volume si trovava esattamente sugli scaffali. Che Tu fossi ben conosciuto personalmente dai cinque (e non solo tre) Rabbini firmatari della Tua Semikhah è verità anch’essa. Oltre ai Tuoi Maestri a Roma, il Rabbino Capo di Milano rappresenta quella Comunità presso la quale hai prestato servizio e nella quale hai trascorso come Chazan gli ultimi undici Yom Kippur consecutivi.
Ma l’aspetto della Yir’at Shamayim è fondamentale. All’inizio della Parashah odierna è scritto che Avram, giunto dalla Babilonia, attraversò la Terra d’Israel fino a un luogo chiamato Elon Moreh (Bereshit 12,6). Il No’am Elimelekh commenta che queste due parole alludono al comportamento del giusto. Elon è affine a Ilan che significa “albero”. Egli scrive che come nell’albero le foglie dipendono dai rami, i rami dipendono dal tronco e il tronco dipende in ultima analisi dalle radici, così il giusto viene paragonato all’albero: ogni singola Mitzwah da esso compiuta è attaccata ad un albero spirituale di cui si nutre ed è compito del Maestro saper evidenziare ogni volta la radice delle Mitzwòt, in maniera che non vengano compiute per inerzia o semplice abitudine, bensì con motivazione profonda da parte di un numero sempre crescente di persone.
Sulla parola Moreh, che significa Maestro, il No’am Elimelekh scrive che è affine al termine Morà che significa Timore. Timore e Insegnamento hanno così la stessa radice! La cultura e la conoscenza non sono di per sé sufficienti. Il libro dei Tehillim sentenzia che ראשית חכמה יראת ה’ “il principio della Chokhmah è il Timore di H.” Ciò vale anche per la trasmissione della propria conoscenza agli altri. Le Mitzwòt diventano effettivamente alberi fruttiferi solo se eseguite e insegnate attraverso la Yira’t Shamayim. I Pirqè Avot stessi (3,22) insegnano che colui la cui sapienza supera le opere assomiglia ad un albero dalle folte chiome ma dalle radici scarse: se il vento arriva lo sradica e lo capovolge facilmente. Ma “colui le cui azioni superano la sapienza a cosa assomiglia? Ad un albero i cui rami esteriori possono anche essere pochi, ma le cui radici sono abbondanti e anche se venissero tutti i venti del mondo a soffiargli addosso non lo smuoverebbero dal suo posto”. Vento è in ebraico a sua volta sinonimo di vanità: le כל רוחות שבעולם non sono altro che le vanità totalizzanti (כל) di questo mondo cui siamo chiamati a resistere, senza mai perdere posizioni.
Sii pertanto forte e coraggioso, לא תאגור דבר מפני איש e vedrai che H. indirizzerà i Tuoi passi.
Con grande stima e affetto.