Resp. Mahari Mintz, Padova, sec. XV
Cosa accade se parte della Comunità comunica di non essere disposta a dare il proprio contributo economico affermando che il progetto deliberato non li riguarda personalmente? E’ quanto accaduto nella città di Treviso (ma potrebbe anche trattarsi di Treviri in Germania), dove il Consiglio della Comunità aveva deciso di costruire un nuovo MIqweh (bagno rituale), ma parte degli uomini annunciò che non avrebbe partecipato con la propria quota di spesa perché le loro mogli erano ormai troppo anziane per averne bisogno. Che fare?
La famiglia Levi Minzi (Levi di Magonza < Mainz in tedesco) vive a Padova dalla seconda metà del XV secolo. Ne è considerato capostipite Rabbì Yehudah ben Eli’ezer ha-Levi Mintz, che fu Rabbino di Padova per 47 anni. Aveva lasciato Magonza in Germania nell’anno 1462, allorché gli Ebrei furono espulsi da quella città, per Padova, dove morì centenario nel 1508. Fu sepolto nel cimitero vecchio fuori da una delle porte della città, detto Coda Longa.
Sotto la sua guida la Yeshivah di Padova, per certi aspetti parallela ad un istituto universitario, era assai di più. Funzionava come un Sinedrio in miniatura, in cui i casi concreti venivano presentati agli studenti-colleghi e sottoposti al loro giudizio in sede di studio. “Per questa ragione, emergendo dal consenso di una comunità di studiosi esperti, illuminati da ispirazione divina, e mediante la figura del Rosh Yeshivah come intermediario, le decisioni assunte dal Rosh Yeshivah in quanto capo di un Sinedrio in miniatura avevano peso particolare, quasi come se fossero state emanate direttamente da D.” (R. Bonfil, Rabbis and Jewish Communities in Renaissance Italy, Littman, Londra, 1993, p. 26).
Tutti i suoi scritti furono distrutti nel Sacco di Padova poco dopo la sua morte (la città divenne campo di battaglia durante la guerra della lega di Cambrai nel 1509, nel corso della quale resistette valorosamente all’assedio dell’Imperatore Massimiliano I). Solo sedici responsi furono riscoperti successivamente dal nipote e discepolo Yossef b. Avraham Mintz e pubblicati insieme a quelli del marito di sua nipote R. Meir Katznellenbogen (detto il Maharam da Padova dall’acronimo del suo nome; Venezia, 1553): essi contengono molti dati interessanti sulla storia e i costumi del suo tempo (Jewish Encyclopaedia, VIII, p. 604-5). “Quanti ignoranti abbiamo oggi –scriveva R. Yehudah ha-Levy Mintz- i quali, privi di dignità propria, credono di farsi onore gettando discredito sugli altri? Ecco perché si moltiplicano i maldicenti!” (Resp.n. 6). Sulle dispute interne sentenziava: “Occorre ponderare la ricompensa di un’azione meritoria a fronte della perdita della pace… La cosa è lasciata al buon cuore dei tementi del S. che procedono nelle vie della dolcezza” (Resp. n. 15).
All’inizio del suo Responso (n. 7) R. Yehudah ha-Levy Mintz ci fornisce un’analisi approfondita dell’obbligo di immergersi nel Miqweh alla vigilia di Rosh ha-Shanah e Yom Kippur: secondo la sua opinione ciò è obbligatorio anche per le signore anziane (1). “L’argomento addotto dalle anziane signore di non aver più necessità di immergersi nel Miqweh come quelle ancora soggette al ciclo mestruale è un pretesto. In effetti è loro richiesto di purificarsi secondo l’uso delle nostre amate e oneste signore che si immergono appunto le vigilie di Rosh ha-Shanah e Yom Kippur a prescindere dalla loro età, perché quell’immersione è simbolo di purità e Teshuvah. Per la stessa ragione riteniamo che anche gli uomini debbano immergersi nel Miqweh in queste occasioni persino se sono vedovi: talvolta la vigilia di Rosh ha-Shanah o di Yom Kippur coincide con una festività cattolica ed essi non possono recarsi al fiume a causa di coloro che li dileggiano (2). Immergersi in preparazione degli Yamim Noraim è un minhag molto diffuso, al punto che qualcuno si è perfino sbagliato pensando che si tratti di una Mitzwah da accompagnarsi con una Berakhah, mentre la maggior parte dei Decisori è dell’idea che non sia richiesta una Berakhah in questo caso (3). Alla fine R. Yehudah scrive: “Pertanto la loro pretesa nei confronti del Consiglio è destituita di ogni fondamento. I consiglieri sono stati eletti a maggioranza e pertanto sono la maggioranza (rov)!” In altri termini, la minoranza è tenuta ad attenersi alle decisioni della maggioranza in qualsiasi delibera concernente gli interessi della Comunità e non è autorizzata a ritirare la propria partecipazione a eventuali spese (4).
- Remà (O.Ch. 581,14) scrive: “Abbiamo il minhag di immergerci (nel Miqweh) alla vigilia di Rosh ha-Shanah per via delle polluzioni”. Apparentemente la questione non riguarda le donne. Cionondimeno il Kaf ha-Chayim di Baghdad ritiene che “il minhag dell’immersione c’entri con un’altra ragione: la purificazione del corpo santifica l’anima” (n. 82) e a questo punto “anche le donne, incluse quelle non ancora sposate, dovrebbero usare l’attenzione di compiere l’immersione la vigilia di Rosh ha-Shanah” (n. 84). E’ anche l’opinione del Ben Ish Chay (I anno, P. Nitzavim, n. 3), che aggiunge motivi qabbalistici.
- Di quale festa cattolica si tratta? Le Hagahot Maymoniyyot alle Hilkhot Shofar, 1 ci forniscono alcune informazioni: “Vi sono luoghi in cui ci si astiene dal digiunare la vigilia di Rosh ha-Shanah per via di una regola dei Gentili”. Probabilmente ci si riferisce ai Giorni delle Ceneri, una ricorrenza cattolica non più in uso. Si veda la lunga spiegazione di D. Sperber, Minhaghè Israel, vol. 1, p. 199, n. 19; part 2, p. 41, n. 15.
- La questione se il minhag dell’immersione nel Miqweh alla vigilia di Rosh ha-Shanah e Yom Kippur richieda una Berakhah è di vecchia data. Secondo Sa’adyah Gaon si deve dire la Berakhah uscendo dall’acqua, mentre per il Sefer ha-Manhig non è più richiesta dopo la distruzione del Tempio: infatti la Torah prescrive l’immersione solo prima di entrare nel Bet ha-Miqdash. Il Tur cita il Rosh suo padre per dire che l’opinione di Sa’adyah non è vincolante dal momento che non troviamo alcun riferimento a questo uso nel Talmud. La maggior parte dei Posseqim concorda e pertanto non richiede una Berakhah. Si veda R. Shem Tov Gaguin, Keter Shem Tov part 6, p. 239.
- Lo Shulchan ‘Arukh (Choshen Mishpat 163,1) stabilisce la norma come segue: “I membri della medesima Comunità si vincolano l’un l’altro (alle spese per) costruire… una Sinagoga e acquistare un rotolo della Torah, i Profeti e gli Agiografi in modo da mettere in grado chi lo voglia di leggerli. Persino la minoranza ha il diritto di vincolare la maggioranza”. Remà estende tale obbligo a “tutte le esigenze della collettività, inclusa l’ospitalità e la beneficenza. Per tutte quelle necessità che non si possono affrontare individualmente con i soli propri sforzi tutti i contribuenti devono incontrarsi, esprimere la loro opinione sulla questione e prendere una decisione a maggioranza di voti. In caso di rifiuto da parte della minoranza, la maggioranza ha il diritto di vincolarla al pagamento della parte dovuta da ciascuno”. La fonte è nella Mishnah Bavà Batra 1,5. A quel tempo un’altra materia di discussione era chi concorre alla maggioranza: ogni singolo membro in quanto numero o solo coloro che erano in grado di contribuire. Si veda Resp. Maharashdam (R. Shemuel b. Moshe De Medina, Salonicco 1508-1589), Orach Chayim n. 37 (cit. da R. Itzchaq Lampronti in Pachad Itzchaq s.v. rov); Remà ad Choshen Mishpat 163,3. Secondo questa opinione il principio biblico della maggioranza (“rov”) si applica solo fra pari: non è accettabile che una minoranza di ricchi debba adeguarsi a una maggioranza di poveri, almeno su quelle decisioni che comportano spese. Peraltro, molti Decisori rigettano tale opinione sostenendo che la leadership comunitaria debba tener conto sì del rov binyan (“maggioranza strutturale”, cioè la parte attiva della membership), ma anche del rov minyan (“maggioranza numerica”; per il gioco di parole si veda: Mishnah ‘Eduyyot 1,7). Si veda Resp R. Eliahu Mizrachi e molto più recentemente R. Eliezer Waldenberg (Resp. Tzitz Eliezer, vol. 2, n. 24); R. Menachem Mendel Krochmal, Resp. Tzemach Tzedeq, n. 2.