Devar Shemuel, Venezia, sec. XVIII
Sefer Charedim, Mitzwòt ‘Asseh mi-Divrè Soferim, 4, 16-17: “Quando proclamo il Nome di H. date grandezza al nostro D.” (Devarim 32,3). Ogni volta che pronuncio il Nome del S.B., voi “date grandezza al nostro D.”. Da qui si impara che si risponde Barukh Hu u-Varukh Shemò (“Benedetto Egli sia e benedetto sia il Suo Nome”) ogni volta che si sente pronunciare il Nome.
Perì Chadash a Shulchan ‘Arukh, Orach Chayim 124,5: “Il ricordo del giusto è in benedizione”. Tanto più se nomino il Giusto per l’Eternità voi siete tenuti a benedirlo.
Qitzur Shulchan ‘Arukh 6,8-9 (sulla base di Shulchan ‘Arukh, Orach Chayim 124,5 e comm.): Per ogni Berakhah che si ascolta da un’altra persona, quando si sente che dice Barukh Attah H…. si risponde Barukh Hu u-Varukh Shemò. Quando la Berakhah termina si deve dire Amèn… Se chi ascolta una Berakhah si trova in un punto della Tefillah dove è vietato interrompersi, questi non deve dire Barukh Hu u-Varukh Shemò. Altrettanto, se qualcuno ode una Berakhah dalla quale deve anch’egli uscire d’obbligo, affinché questa possa essere valida come se l’avesse detta lui –per esempio le Berakhot per lo Shofàr o quelle per la Meghillah (e così chi ascolta il Qiddush o la Havdalah recitati da un altro)- non deve dire Barukh Hu u-Varukh Shemò, poiché questo costituirebbe un’interruzione nel mezzo delle Berakhot (e chi ascolta è come se la recitasse).
Shulchan ‘Arukh, Orach Chayim 128,13: … L’Ufficiante suggerisce ai Kohanim parola per parola ed essi ripetono ciascuna parola dopo di lui finché terminano il primo Passuq: a questo punto lo Tzibbur risponde Amèn e così al termine del secondo e del terzo Passuq.
Perì Chadàsh ad loc.: quando i Kohanim pronunciano il Nome bisogna dire Barukh Hu u-Varukh Shemò. Lo si impara dal Vidduy del Kohen Gadòl per Yom Kippur: quando pronunciava il Nome il popolo rispondeva Barukh Shem Kevod Malkhutò le-‘Olam wa-‘Ed. Se ne evince che anche dove si tratta solo della pronuncia del Nome occorre benedirlo.
R. Shemuel Abohab, Resp. Devàr Shemuel n. 295 a R. Israel Lengo di Reggio sull’uso invalso in alcune Comunità quando i Kohanim salgono sul Dukhan per benedire il popolo, di rispondere Barukh Hu u-Varukh Shemò dopo che il Maqrè e i Kohanim hanno pronunciato il Nome. R. E’ una controversia in Nome del Cielo che non mi è nuova, per cui una parte del pubblico risponde Barukh Hu u-Varukh Shemò. Questi si dividono in tre sotto gruppi: uno risponde al Maqrè, un altro ai Kohanim e il terzo a entrambi. Benché sarebbe più logico il secondo comportamento, perché in definitiva quello che conta è il Nome pronunciato dai Kohanim, non disponiamo di prove certe per cambiare alcuno dei tre Minhaghim. In realtà il mio dubbio va alla radice dell’usanza. Ritengo infatti che rispondere Barukh Hu u-Varukh Shemò abbia senso solo se si sente recitare una Berakhah rivolta a H., per fare eco alla Sua lode. Così accade p.es. quando si sente recitare lo Zimmun prima della Birkat ha-Mazon: chi non ha partecipato al pasto risponde Barukh u-Mvorakh Shemò Tamid le-‘Olam wa-‘Ed. Ma mentre i Kohanim stanno portando la triplice Berakhah di H. al popolo non vedo che luogo abbia questa lode. Si tenga anche conto che questa risposta in più potrebbe creare confusione ai Kohanim stessi. Cionondimeno, se da un lato gli uni non vogliono rinunciare al proprio Minhag e dall’altro non si vuole render pubblica la divergenza di comportamenti in osservanza del divieto della Torah lo titgodedù (“non formate partiti differenti”), si può fare in modo di rispondere a voce bassa.
Alcuni fra i più eminenti Posseqim Sefarditi: Kaf ha-Chayim (a O.Ch. 124, n. 27 e 128, n. 87), Ben Ish Chay (anno I, P. Tetzawweh, n. 15) stabiliscono la Halakhah come il Perì Chadash. Il Chidà di Livorno (Birkè Yossef a O.Ch. 128, n.10) scrive: “C’è chi usa rispondere…”. Il Meqòr Chayim (II, 62,30) e i Posseqim ashkenaziti, invece, non fanno perlopiù menzione della questione. Rav ‘Ovadyah Yossef scrive: “Il nostro Minhag è rispondere Barukh Hu u-Varukh Shemò dopo ogni menzione del Nome nella Birkat Kohanim, ma è opportuno farlo a bassa voce per non confondere l’Ufficiante che suggerisce ai Kohanim. Peraltro chi lo fa a voce alta non è da rimproverare” (Yalqut Yossef a O.Ch. 128, n. 66).