Nuove valutazioni del rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni sulla sua mancata presenza alla preghiera per la pace convocata da papa Bergoglio assieme a Peres, Abu Mazen e al patriarca Bartolomeo. “L’invito a partecipare all’evento in Vaticano non mi è arrivato dalla Santa Sede, ma dall’ufficio del presidente israeliano Shimon Peres. Se fossi stato a Roma sarei stato presente, ma con semplice ruolo di testimone, perché molto perplesso sull’impostazione dell’evento. Quanto ai risultati sarà il tempo a dirci quali saranno”. Queste le dichiarazioni riportate oggi dal quotidiano Il Foglio e che arrivano a integrazione del pensiero già precedentemente espresso nel numero di giugno di Pagine Ebraiche.
Al giornale dell’ebraismo italiano, in una riflessione riportata dal Foglio stesso e da alcuni dei principali quotidiani nazionali (tra gli altri Corriere della Sera, Stampa, Sole 24 Ore), rav Di Segni aveva commentato con parole critiche l’iniziativa di Bergoglio, nata nel solco della sua recente missione in Medio Oriente.
“Trattandosi di un incontro religioso – aveva detto – sfugge il significato della presenza di una figura chiaramente laica come quella di Peres, che non mi sembra un assiduo frequentatore di luoghi di preghiera e che mi sorprenderebbe iniziasse a esserlo a casa del papa”. Ad essere sbagliata sarebbe quindi l’intera impostazione dell’iniziativa cui Di Segni diceva di guardare non soltanto “con perplessità” ma di trovare “anche pericolosa”.
Una riflessione, quella del rav, inserita in un più ampio contesto di voci rabbiniche chiamate a valutare, nelle ore immediatamente successive al viaggio del papa, il significato e le simbologie dei momenti appena trascorsi. “Un viaggio che lascia il segno”, il titolo dell’approfondimento in cui ad intervenire, oltre al rav Di Segni, sono anche – in molte sfumature diverse – il presidente dell’Assemblea Rabbinica Italiana Giuseppe Momigliano e il rabbino capo di Firenze Joseph Levi.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked