MOSAICO – MILANO Sofia Tranchina
La casa editrice Morashà ha recentemente annunciato che entro fine mese uscirà il nuovo siddur interamente traslitterato. Il progetto, inaugurato quasi dieci anni fa con l’edizione traslitterata dedicata allo Shabbat, aveva visto sin da subito una calorosa accoglienza. Con gli anni, le richieste e sollecitazioni per un siddur con l’intera tefillah traslitteratasi sono fatte sempre più numerose e sempre più frequenti, indicando un nuovomovimento nell’ebraismo italiano.
Negli ultimi decenni, infatti, sempre più spesso anche coloro che – per qualsiasi motivo – non abbiano acquisito dimestichezza con l’alfabeto ebraico, vogliono e chiedono di poter partecipare alla tefillah quotidiana nel proprio Bet ha-Knesset di riferimento. Ed è per questo che la casa editrice Morashà si è fatta carico di questa sempre più evidente necessità ed ha redatto, con l’aiuto di Ariel Di Segni – il quale ha svolto un controllo accurato della traslitterazione – il nuovo siddur della collana Benè Romi.
Benè Romi, che letteralmente significa Figli di Roma, indica l’insieme di minhagim del rito italiano. Il nuovo siddur, infatti, benché sia stato redatto seguendo da vicino le particolarità del rito romano, sarà adatto a seguire la preghiera in tutte le sinagoghe di rito italiano, non solo in Italia ma anche in tutto il mondo (in Israele, ad esempio, ce ne sono tre solo a Gerusalemme – Rechov Hillel, Chopin ed Evelina –, oltre al bet ha-knessed Ovadiah da Bertinoro a Ramat Gan e Yom ha Yom a Netanya).
«Vogliamo accompagnare la crescente predisposizione dell’ebraismo italiano a fare la tefillah con kavanah (intenzione)», racconta l’editore David Piazza.
Come sostenere il Progetto
La casa editrice dà inoltre la possibilità – a chi voglia – di sostenere il progetto, di fare dedicare il siddur ai propri cari. Chi fosse interessato può scrivere all’indirizzo elettronico redazione@morasha.it per ricevere tutte le informazioni. Le altre copie verranno vendute non solo nelle librerie (in particolare la Claudiana a Milano e Kiryat Sefer a Roma) ma anche per corrispondenza.
L’importanza di leggere in ebraico
Una grande particolarità di questo siddur è la prefazione: si tratta di un caso più unico che raro in cui le prime pagine di un libro sono anche un invito a non comprare il librostesso! Infatti, nel testo allegato, Rav Riccardo Shmuel Di Segni denuncia come – laddove un tempo, nei siddurim, persino la traduzione in italiano era scritta in caratteri ebraici, in quanto l’uso di un qualsiasi altro alfabeto in un libro sacro era considerata «una sorta di desacralizzazione» – col tempo si sia persa familiarità con questo alfabeto.
Dunque, sebbene sia positivo lo sforzo per mantenere un legame con la tradizione ebraica anche da parte di chi non conosce la lingua, l’alfabetizzazione ebraica resterebbe «uno dei processi formativi essenziali» e farne definitivamente a meno sarebbe «un errore micidiale». Il nuovo siddur traslitterato avrebbe dunque un valore «ambiguo e contraddittorio» e andrebbe apprezzato come strumento transitorio.
La difficoltà nel leggere i testi ebraici nella galut (diaspora) è in realtà stata prevista dai maestri ebraici e dai grandi rabbini, che hanno tuttavia sempre riconfermato la necessità di continuare ad aderire al rito in ebraico.
I motivi sono numerosi e seri, e riguardano tanto la sacralità dell’alfabeto ebraico, il misticismo della lingua e i segreti delle lettere quali il valore numerico studiato dalla ghematrià, quanto la possibilità per un ebreo di poter seguire le preghiere, ritrovarsi negli stessi testi, e sentirsi a casa ovunque vada nel mondo. Così in Francia, in Irlanda, in Russia e ovunque altrove, gli ebrei pregano in una lingua unica e universale.
Inoltre, si può apprezzare come, in special modo dalla nascita dello stato d’Israele in poi, l’ebraico stia tornando ad essere di nuovo “lingua franca degli ebrei”, che lo studiano e lo parlano anche quando la lingua madre è un’altra.
Un’ottima fattura
La traduzione del siddur segue quella di Shmuel David Luzzato, glottologo e linguista di lustro, la quale è ad oggi ancora una delle migliori disponibili.
Grande pregio di questo siddur è la facilità di lettura, per permettere anche ai meno esperti di seguire scorrevolmente la preghiera in sinagoga.
Morashà ha scelto infatti di editare il siddur con solo due dimensioni di carattere: una più grande per ebraico, traduzione, e traslitterazione, ed una più piccola per le parti recitate solo dal Hazan (ufficiante).