L’arrogante storico israeliano che non solo spiega il passato ma prevede anche profeticamente il futuro, pizzicato a compiacere il dittatore
GERUSALEMME I suoi libri sono stati letti, consigliati, regalati da (tra gli altri) Barack Obama, Bill Gates, Mark Zuckerberg. Sono stati tradotti in 45 lingue e hanno venduto 20 milioni di copie. Un successo globale immerso in quella globalizzazione che Yuval Noah Harari non smette di esaltare. Senza perdere di vista i mercati nazionali con le loro sensibilità, a volte Paesi dove i censori sono suscettibili.
Così il saggista israeliano più conosciuto al mondo sembra aver creato un nuovo motto, oltre a nuove teorie: pensa globale, adatta locale. Se ne sono accorti i giornalisti del sito russo The Insider che hanno messo a confronto l’edizione stampata in caratteri cirillici con quella inglese del suo «21 lezioni per il XXI secolo» (pubblicato in Italia da Bompiani).
La versione per la Russia è stata ripulita delle parti che potevano irritare il presidente Vladimir Putin. Spiegando le «circostanze particolari» che hanno facilitato l’«occupazione» della Crimea scrive: «Circostanze che difficilmente si possono ripetere altrove (…) Quando la Russia ha cercato di ripetere il suo successo in altre parti dell’Ucraina ha incontrato un’opposizione più dura, e la guerra nell’Ucraina orientale si è impantanata in uno stallo improduttivo». Per i lettori russi è stata eliminata la parte più critica dell’analisi e sparisce anche la parola «occupazione».
Più avanti lo storico che insegna all’Università ebraica di Gerusalemme affronta il tema per lui centrale della «post-verità». Nella versione internazionale, quella da considerare l’originale, l’esempio portato è di nuovo Putin e la propaganda spacciata dal Cremlino: «Mentre proferivano queste spiegazioni alquanto pretestuose, Putin e i suoi sottoposti sapevano perfettamente che stavano mentendo». A Mosca il libro non menziona lo Zar e punta su un altro bersaglio: Donald Trump e «i 6 mila falsi proclami» del presidente americano.
Harari ha risposto con una lettera inviata al settimanale Newsweek, che ha ripreso la polemica negli Stati Uniti. Spiega di aver sempre autorizzato e qualche volta riscritto di persona gli adattamenti dei suoi libri per rispettare le diversità religiose, culturali, politiche: «Quando temo che trattare un tema porti a bandire quel saggio, sono pronto a intervenire sul testo. Questi cambiamenti non devono però alterare le mie idee. È quello che è successo con l’esempio dell’invasione dell’Ucraina per illustrare l’uso della disinformazione: mi sono rifiutato di presentare una versione degli eventi più vicina a quella ufficiale di Putin». Aggiunge: «Voglio essere letto dal più alto numero di persone possibile perché la risposta alle sfide del XXI secolo è la cooperazione globale. Non per soldi, certi mercati non sono particolarmente lucrativi».
Come gli fa notare Leonid Bershidsky sul Moscow Times, «fa molto post-verità spiegare a chi è sottomesso a una dittatura la post-verità usando solo esempi da altre nazioni».
E ad Harari — che nelle interviste ripete quanto l’omosessualità gli abbia insegnato a non prendere le opinioni per garantite — ricorda il film «Rocketman»: è stato distribuito in Russia dopo aver tagliato le scene di baci tra uomini. Elton John (è la sua kolossal-biografia) si è infuriato, la casa hollywoodiana Paramount si è giustificata: «Dobbiamo rispettare le tipicità locali».
© RIPRODUZIONE RISERVATA 24 luglio 2019 (modifica il 24 luglio 2019 | 21:37)