La presa di posizione del Papa sulla controversa barriera che divide israeliani e palestinesi coglie di sorpresa il premio Nobel per la pace Elie Wiesel, sopravvissuto ad Auschwitz e massimo portavoce degli ebrei della diaspora. «Dal leader spirituale di una delle più grandi e importanti religioni al mondo m’aspettavo qualcosa di ben diverso – spiega al Corriere Wiesel – ovvero una dichiarazione che condannasse il terrore e l’assassinio di innocenti, senza mischiarli a considerazioni politiche e soprattutto senza paragonarli a un’opera di pura autodifesa. Politicizzare così il terrorismo è sbagliato: gli autori della strage ad Istanbul non hanno ammazzato a causa del muro, ma perché odiano gli ebrei. Questo il Papa avrebbe dovuto capire e condannare».
Lei dunque approva la costruzione della barriera?
«Sì. Al contrario del terrorismo, la separazione non ha causato la morte di nessuno e semmai ha salvato tante vite. Il suo obiettivo è proprio questo. A Gaza sta funzionando e da quando è stato eretto non si è verificato un solo attacco suicida proveniente da quell’area. Non è un caso che ad appoggiare la sua estensione ai Territori, oggi, siano leader israeliani sia di destra sia di sinistra».
Il processo di pace e i «ponti» di cui parla il Papa sono dunque morti?
«No. Tutti sanno che la barriera è temporanea. Se ci fosse pace tra israeliani e palestinesi sarebbe abbattuto nel giro di 24 ore. Ma non dimentichiamoci che è stato l’odio dei terroristi a tirarlo su. Lo stesso odio che adesso prende di mira non solo gli israeliani, ma tutti gli ebrei, ovunque”.
Che ripercussioni può avere la presa di posizione della Santa Sede?
«Negli ultimi anni il Papa si è battuto instancabilmente per combattere e denunciare l’antisemitismo in tutte le sue forme. Ma proprio per questo un uomo nella sua posizione, sempre così attento alle parole, avrebbe dovuto essere più attento e specifico nel condannare il terrorismo invece che fare di ogni erba un fascio. Purtroppo, anche se quella non era affatto la sua intenzione, gli antisemiti potrebbero strumentalizzare quest’approccio per portare acqua al loro mulino e spargere ulteriore odio contro Israele e gli ebrei».
Secondo le Nazioni Unite quel muro avrà conseguenze umanitarie molto gravi per i palestinesi.
«Sono certo che i disagi per i palestinesi possono essere evitati e che un accordo, in questo senso, verrà raggiunto tra le due parti. Invece di criticare il muro, invito tutti a lavorare ad una moratoria, che fermi il terrorismo per tre mesi. Dateci 90 giorni senza un singolo assassinio e sono pronto a mettere la mano sul fuoco che la speranza tornerebbe a fiorire».
Secondo alcuni il muro perpetua un circolo vizioso.
«Il circolo vizioso o meglio la globalizzazione del terrore è opera dei terroristi. All’inizio la gente pensava che il problema fosse solo israeliano. Ma il modello degli attacchi suicidi è stato già esportato in Iraq, Asia, Arabia Saudita, Turchia e domani potrebbe arrivare a Roma e Milano, se non lo fermiamo subito. Alla conferenza internazionale che ho organizzato di recente a New York e cui sono intervenuti 20 capi di Stato ho proposto di dichiarare il terrorismo un crimine contro l’umanità. Ciò non fermerà forse i kamikaze ma di certo i loro sponsor».
Secondo il miliardario George Soros il governo Sharon e l’amministrazione Bush hanno contribuito all’attuale revival d’antisemitismo.
«Deploro questo tipo di argomentazione. Credo di essere uno studente della storia assai migliore di Soros e posso testimoniare che gli antisemiti, oggi come ieri, non hanno bisogno di motivi per disprezzare gli ebrei. Mi creda: odiavano Elie Wiesel prima che fosse nato».
Perché questo revival in Europa?
«Per due motivi: l’estrema destra e l’estrema sinistra, che stanno unendo le forze. E poi c’è il fattore Israele: io non ho mai creduto che tutti quelli che criticano Israele siano antisemiti, però è anche vero che tutti gli antisemiti sono anti-israeliani. Aveva ragione la studiosa tedesca Hannah Arendt, quando ha scritto che l’antisemitismo è l’unica malattia del 20° secolo ad essere sopravvissuta. Fascismo, comunismo, nazismo sono morti ma esso è più sano e vegeto che mai».
Alessandra Farkas
© Corriere della Sera