La figura di Giacobbe analizzata sotto molti aspetti, sia positivi che negativi, viene ora completamente ribaltata dall’inizio di questa parashà, fino al termine del libro di Bereshit.
Nelle parashot precedenti, abbiamo conosciuto un Giacobbe egocentrico, forse un po’superficiale: si impossessa di ciò che non gli appartiene, discute accanitamente con il suocero per far prevalere le sue ragioni e quelle delle mogli e dei figli; un Giacobbe che senza alcuna nostalgia o rimorso vive per venti anni lontano dai suoi genitori che lo avevano inviato da Labano per proteggerlo, dicendogli che avrebbe potuto rimanere in casa di suo zio per qualche giorno.
Ora però il tempo è trascorso anche per lui, e la parashà ce lo raffigura invecchiato, anche se ancora pieno di vigore e forza d’animo, ma soprattutto dedito alle preoccupazioni che i figli possano dare ad un genitore.
A Giacobbe verrà cambiato il nome in Israel, un nome che porta con se oneri ed onori, ma soprattutto Oneri; egli è divenuto il capostipite di quel popolo che D-o, in una notte lontana, aveva profetizzato a suo nonno Abramo, che sarebbe stato il popolo che avrebbe portato un grande incarico, nel passato e nel futuro.
Ebbene, ora Giacobbe è divenuto degno di quel nome che rappresenta il popolo ebraico nel corso dei millenni. Ora sa che la sua vita deve subire una svolta importante, sa pure che da Israel, deve preoccuparsi dei suoi figli e di dare loro un esempio, per essere il popolo “speciale possedimento” così come D-o lo proclamerà quando, alle pendici del Sinai, si sottometterà alla Sua volontà, accettando pienamente la Sua Legge.
E’ divenuto un Giacobbe che cammina sotto il peso della zoppia, dopo essere stato “’akev – contorto” moralmente (come fu definito da Esaù), ma retto fisicamente; ora è contorto fisicamente ma retto moralmente.
Israel è definito Jeshurun colui che è retto e, si comporta rettamente agli occhi di D-o.
E’ per questo che noi ebrei, che siamo sotto gli occhi di tutti, abbiamo il dovere di ricevere l’esempio di Giacobbe nostro Padre e preoccuparci della vita e dell’insegnamento dei nostri figli, senza preoccuparci di gareggiare con la società che ci circonda e che ci stimola a fare tutt’altro che camminare al passo di qualsiasi altra cosa all’infuori che dei nostri figli.
Shabbat shalom.