Con la parashà che leggeremo questo sabato, si conclude la tragedia che colpisce la famiglia di Giacobbe.
E’ un epilogo a lieto fine, in quanto, dopo le sofferenze che Giuseppe fa passare ai suoi fratelli scesi in Egitto, a causa della carestia che aveva colpito anche la terra di Canaan, accusandoli prima di spionaggio e poi di furto, rivela ad essi finalmente la sua vera identità: “ed ora non avvilitevi se io sono qua in Egitto, perché questo fu voluto dal Signore”.
E’ commovente vedere che, nonostante ciò che subì dai suoi fratelli, Giuseppe non serba loro rancore, anzi li rasserena dicendogli che tutto è avvenuto per volontà divina; e finalmente dopo oltre venti anni di lontananza, potrà riabbracciare suo padre convincendolo a scendere in Egitto e trascorrere gli ultimi anni della sua vita insieme a lui.
Ma il destino del nostro popolo è sempre lo stesso: termina una tragedia ne incomincia un’altra; Giacobbe scende in Egitto con tutta la sua famiglia e, a sua insaputa, si avvera la profezia fatta da D-o ad Abramo in cui è detto che, la sua discendenza resterà schiava in Egitto per quattrocento anni – ciò avviene ai tempi di Giacobbe.
Questa parashà cade sempre o quasi, il sabato in cui cade il digiuno del 10 di Tevet, digiuno per l’assedio posto da Nabucodonosor sulla terra di Israele, assedio che culmina con la distruzione del primo Tempio di Gerusalemme.
Con la distruzione del Tempio, inizia per gli ebrei la Golà, la Diaspora ossia la dispersione del popolo ebraico, in ogni parte del globo terrestre. La Diaspora per gli ebrei è sintomo di perdita di unità di popolo, unità simboleggiata dal Tempio di Gerusalemme stesso, quindi l’inizio di nuove sofferenze.
Ogni sofferenza del nostro popolo scaturisce dalla Golà, simbolo di debolezza morale.
Il digiuno del 10 di Tevet fu dedicato nel 1948 anno del riconoscimento della Stato di Israele, dal Rabbinato centrale di Gerusalemme, alla memoria di tutte le vittime della Shoà, in quanto vittime anch’esse della golà e delle sue sofferenze.
Questo è il primo dei quattro digiuni che culminando con quello del 9 di Av, in memoria della distruzione del primo e del secondo Tempio, vengono, nonostante esista lo Stato di Israele con capitale Gerusalemme, riunita ed indivisibile mantenuti nel nostro calendario.
Tutto ciò per far comprendere a coloro che si accingono a digiunare, che ciò che fu, può tornare a ripetersi, se noi non agiamo con consapevolezza e responsabilità di popolo e di ebrei.
Soltanto quando tutto il popolo, sarà cosciente della responsabilità dell’uno nei confronti di tutto il popolo, avremo finalmente raggiunto il nostro scopo e finiranno per sempre le nostre sofferenze, proprio come avvenne ai tempi di Giuseppe con i suoi fratelli.
Shabbat shalom