Dopo il duro digiuno del 9 di Av viene meno anche il periodo di lutto che gradualmente, dal 17 di Tamuz per ventun giorni si è abbattuto sul nostro popolo, fino a culminare appunto con il digiuno lungo e luttuoso di tisha’ be Av.
Anche questo shabbat come quello scorso, prende il nome dalla Haftara’, anziché dalla Parashà: esso è infatti chiamato Shabbat Nachamù, in quanto la Haftarà inizia con le parole “Nachamù nachamù ammì – Consolate, consolate il mio popolo”; tant’è che e anche conosciuto con l’appellativo di “sabato della consolazione”.
Nella Parasha’ di Va etchannan, Mosè rivolge al popolo un accorato discorso in cui comincia nel ricordare la supplichevole preghiera al Signore affinché riveda la Sua decisione e lo lasci entrare nella Terra di Israele insieme al resto del popolo che egli stesso trasse dall’Egitto.
Ricorda inoltre tutti i precetti che D-o ha dato al popolo, fra cui quelli fondamentali del monoteismo e del rapporto reciproco fra l’ uomo e il suo prossimo.
Vengono ripetuti i Dieci Comandamenti, con delle varianti che Mosè stesso fa per interpretare più completamente la parola di D-o.
Insieme alla versione “mosaica” del Decalogo, troviamo scritto il primo brano dello Shemà, in cui si trova la professione di fede del monoteismo “Shema’ Israel A’ Elo-henu A’ echad”, la mizva’ di insegnare ai propri figli l’amore per Esso nel rispettare il prossimo, quella di indossare i tefillin e di affiggere la mezuzà come segni di distinzione fra gli altri popoli e del ricordo delle parole della Torà in ogni momento della nostra vita.
Ci fanno notare i nostri Maestri che nell’esporre tutti questi grandi temi, Mosè adopera una forma verbale degna esclusivamente di un grande Maestro, umile come soltanto lui era.
Egli infatti, all’inizio del quarto capitolo pronuncia il verbo parlare – le dabber- alla forma semplice “dover” e non “dabber” rafforzativa, come di consueto.
Infatti la forma verbale “dover” viene tradotta con “sussurro” “asher anokhi’ dover lifnekhem hajom – che io vi sussurro oggi.
Un buon Maestro, quando insegna una cosa che ama e deve trasmetterne l’amore non impera ma sussurra, poiché le mizvot, debbono essere studiate e amate per poi essere osservate!
Shabbat shalom