Obbligatori, permessi o proibiti?
Rav Scialom Bahbout – L’attualità letta ebraicamente
A seguito dell’obbligo di vaccinazione, imposto dal Governo per varie categorie e per varie età, si pone il problema di quale sia la posizione della Halakhà. Una risposta precisa a questo quesito è stata data da rav Asher Weis, uno dei più importanti decisori attuali: vaccinarsi è permesso, è Hovà (obbligatorio), è Mizvà (adeguarsi a un precetto) oppure è addirittura proibito? In sintesi rav Weiss arriva a queste conclusioni. Da un punto di vista della halakhà,
a. diamo molta importanza al mondo della medicina e teniamo conto delle opinioni dei medici in molti casi in cui, accettando la loro opinione, la persona per la quale si chiede un intervento potrebbe incorrere nella condanna di karet (una pena divina non chiara) per aver trasgredito lo shabbat: quindi anche in questo caso bisogna ascoltare ciò su cui c’è il consenso del mondo medico.
b. l’uomo ha l’obbligo di evitare danni a se stesso e a coloro che lo circondano: quando evitare il danno comporta un pericolo modesto o basso, allora evitare il danno è quanto meno una mizvà, ma c’è chi dice che è un obbligo.
Naturalmente quando c’è un pericolo chiaro (es. rilevanti allergie) o quando il pericolo non è chiaro e misurabile (donne gravide, donne che allattano, bambini ecc), allora la norma può cambiare. Su questa base rav Weiss stabilisce che anche in altre regole (donazione di un rene, midollo osseo, sangue), una persona idonea ha l’obbligo di donare il sangue e il midollo osseo, e perfino di donare un rete.
c. Anche per altri vaccini rav Weiss stabilisce che è obbligatorio vaccinarsi ed è proibito appoggiarsi alla vaccinazione generale (l’immunità di gregge)
Partecipare all’obbligo vaccinale, cosa che comporta un pericolo limitato, assomiglia all’obbligo di pagare le tasse che servono per avere cura dello stato e della città in cui uno vive.
I principi su cui si basa la legge sono:
a) Hishàmer lecha ushmòr nafshekhà meòd (Stare attenti a salvaguardare la vita, Deut. 4: 9): bisogna stare attenti a non mettere a repentaglio la propria vita;
b) “Ve’asìta ma’akè legaghèkha” (Farai un riparo al tetto, Deut. 22, 8). Quando costruirai una casa nuova dovrai fare un riparo al tuo tetto e non sarai causa di spargimento di sangue in casa tua, se uno dovesse cadere di lassù. Bisogna prevenire i pericoli anche se sono statisticamente poco probabili e questo anche per salvaguardare la vita degli altri: infatti il testo dice “se uno dovesse cadere di lassù” . L’esempio classico citato da rav Weiss è quello della mizvà di costruire un riparo al tetto (Ma’akè): l’uomo è chiamato ad avere cura di se stesso e limitare le situazioni che lo metterebbero in pericolo, anche quando la probabilità che la mancanza di un riparo possa essere minima e causare la caduta e quindi la morte.
Questa domanda è stata posta ai Maestri decisori nei secoli passati (si veda l’articolo RABBI YISHMA’EL HACOHEN E L’INOCULAZIONE DEL VAIOLO di rav R. Di Segni sul recente numero della rivista Segulat Israel) e la maggior parte dei Maestri stabilirono che era mizvà vaccinarsi in quanto i casi in cui il vaccino poteva avere effetti letali erano da considerarsi mi’utà demi’utà (una minoranza assoluta). Ai nostri giorni i pericoli sono molto minori di quelli in cui si sono sviluppati i primi vaccini e quindi questa dovrebbe essere la regola cui attenersi.
Un altro aspetto su cui si sofferma rav Weiss è il permesso di mettersi in condizioni di pericolo per aiutare un compagno e ricorda l’episodio del Talmud in cui Resh Lakish va a salvare rabbi Ami dai predoni. Anche in questo caso bisogna valutare il rapporto tra il pericolo cui si si va incontro e la probabilità di salvare una vita. Lo scopo di rav Weiss è di sollecitare un risveglio spirituale tra le persone: all’inizio della diffusione di questa pestilenza c’era una grande spirito di fratellanza, di aiuto reciproco, la disponibilità di molte persone a subire limitazioni e pesanti obblighi per il bene della collettività: questo spirito è andato via via scemando nei mesi seguenti: la disponibilità a farsi vaccinare potrebbe risvegliare una scintilla di quello spirito.
Rav Weiss affronta anche il problema della vaccinazione di shabbat: rispondendo a persone della Diaspora cui era stato fissato un turno di vaccinazione proprio di shabbath: per chi teme che la perdita del proprio turno potrebbe rinviare per molto tempo la propria vaccinazione, egli stabilisce che si può arrivare a piedi al centro vaccinale e farsi fare la puntura dal medico vaccinatore..
Farsi vaccinare è quindi una misura per salvare la vita e pertanto è opportuno provvedere a farsi il vaccino al più presto. Si usa spesso l’espressione “esenzione dal vaccino”: sarebbe più corretto dire “obbligo a non vaccinarsi”: si tratta sempre di non fare azioni che possono procurare rischi per la vita. L’espressione più corretta è sempre “obbligo a vaccinarsi o a non vaccinarsi” sempre nel rispetto della salvaguardia della vita.
In sostanza la Halakhà si è occupata del problema dell’uso dei vaccini fin dalla loro diffusione dal diciannovesimo secolo e questo perché la medicina è sempre stata una delle professioni più frequenti tra gli ebrei: l’esempio più luminoso per tutti potrebbe essere Maimonide, grande rabbino e nel contempo importante medico.
Scialom Bahbout