Il rapporto tra uomo, animali e natura
Nella parashà di Sheminì viene finalmente posta l’ultima “pietra” per l’inaugurazione del Tabernacolo: l’inizio della funzione per i fini per cui è stato costruito il Santuario e cioè per farvi la ‘avodà, il culto. I Sacerdoti iniziano finalmente a svolgere i propri compiti. Per sottolineare l’importanza del momento, il Talmud afferma : “In quel giorno c’era gioia davanti al Santo benedetto sia come il giorno in cui furono creati il cielo e la terra ” (Meghillà 10b). Al termine della creazione, il Signore pone l’uomo nel Giardino dell’Eden per “lavorarla e per custodirla” e aggiunge a questo incarico un solo e preciso comandamento:“ Sei libero di mangiare da qualsiasi albero del giardino; ma non devi mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male, perché quando ne mangerai certamente morirai “ (Genesi 2, 16). I commentatori hanno messo in evidenza il rapporto tra la creazione – il Macrocosmo – e il Santuario – il Microcosmo. Rav Elie Munk in La Voix de la Torah mette in evidenza questo ulteriore parallelo: con l’inaugurazione del Tabernacolo ha inizio una nuova era per l’umanità e quindi una nuova legge dovrà regolamentare il consumo del cibo da parte dell’uomo, indicando ciò che è permesso o è proibito mangiare.
Sarebbe interessante analizzare tutti i passi della Torah in cui si parla del cibo per capire qual è il senso che la Torà vuole che l’uomo dia al cibo, non come fast food, ma come slow food: ogni uomo dedica all’approvvigionamento e all’alimentazione buona parte del suo tempo e regole precise possono dare a questa funzione umana un valore non soltanto di mezzo di sopravvivenza. Analizzare bene cosa mangiamo è un’operazione da fare sempre e non soltanto la sera di Pèsach perché in fondo l’uomo è anche ciò che mangia (anche se non solo…).
In questa sede mi soffermerò solo sugli aspetti collegati all’uso della carne e sulla specificità dei diversi momenti di passaggio da una situazione all’altra.
E’ interessante seguire la sequenza di istruzioni relative al consumo del cibo e le diverse occasioni in cui la Torà dà istruzioni sul cibo.
1. Al momento della creazione viene consentito all’uomo e anche all’animale l’uso di cibo vegetale, con l’esclusione dei frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male. E’ importante osservare che in effetti la prima mitzvà data all’uomo si riferisce a un vegetale (l’albero della conoscenza), una norma che non consente alcuna deroga.
2. L’uso di carne animale viene consentito a Noè, ma viene stabilita la proibizione di mangiare “carne di animali vivi” (Ever min hachai).
3. Nei 40 anni trascorsi dagli ebrei nel deserto viene permesso l’uso di carne, ma solo se sia stata prima presentata parte di un sacrificio nel Tabernacolo.
4. Dopo l’ingresso in Terra d’Israele viene concesso di mangiare carne di animale anche senza che sia stata presentata al Tempio: la macellazione però avrebbe dovuto essere fatta in un determinato modo, il sangue e parti del grasso avrebbero dovuto essere proibiti e per gli animali selvatici e i volatili, viene anche richiesta la copertura del sangue.
La Torà impone il rispetto della vita degli animali, stabilendo molti comandamenti relativi al rapporto con loro, conferma in un certo senso quello che era il primo insegnamento della Torà e cioè il consiglio di non cibarsi della carne degli animali. Ma vi sono poi anche molte regole che si riferiscono al rispetto della natura e della vegetazione. Ne ricordiamo alcune: la proibizione di lavorare la terra nel settimo anno, la proibizione di mangiare i frutti dei primi quattro anni di vita dell’albero e la proibizione di fare innesti di un certo tipo, di distruggere alberi da frutto e non solo ecc.
Quindi la Torà educa a un rispetto più ampio della natura che non può essere sfruttata senza fine: il Signore l’ha consegnata all’uomo perché sappia anche come averne cura, sempre in base anche alle norme che Dio ha dato all’uomo.
“Il Signore Iddio prese l’uomo e lo mise nel Giardino dell’Eden per lavoralo e costudirlo (Genesi 2. 1): Quando il Santo, benedetto sia, creò il primo Adamo, lo prese e lo portò in giro attraverso tutti gli alberi del Giardino dell’Eden e gli disse: Guarda le mie opere quanto sono belle e lodevoli e tutto ciò che ho creato, l’ho creato per te. Stai attento a non rovinare e distruggere il mio Mondo, perché se lo rovinerai non ci sarà nessuno che lo riparerà dopo di te. (Kohelet rabbà 7)
I limiti imposti all’uomo ci costringono a porci la domanda se l’uomo sia la creatura più importante perché creata a immagine di Dio. In realtà non è questa l’unica visione che la Bibbia dà del ruolo dell’uomo e del suo rapporto con il mondo animale e la natura. Giobbe dopo avere atteso a lungo una risposta alle sue domande sulla giustizia divina, riceve una risposta ambigua: Dio stesso gli si manifesta direttamente che esistono creature selvagge, magnifiche per forza e bellezza e che vivono lontano e del tutto indifferenti nei confronti dell’uomo: il falco, l’aquila e il leviatano che può guardare gli arroganti dall’alto in basso, senza alcun timore.
Scrive rav Sonathan Sacks: “Questo è il passaggio più radicalmente non antropocentrico nella Bibbia ebraica. Ci dice che l’uomo non è il centro dell’universo e che noi non siamo la misura di tutte le cose. Alcuni degli aspetti più gloriosi della natura non hanno nulla a che fare con i bisogni umani e hanno a che fare con la creazione divina della diversità.”
Importante sentire cosa dice Rambam in proposito:
Secondo l’insegnamento della Bibbia e i risultati della filosofia, considero la seguente opinione la più corretta, vale a dire che l’universo non esiste per il bene dell’uomo, ma che ogni essere esiste per se stesso, e non per qualche altra cosa. Così crediamo nella Creazione, e tuttavia non abbiamo bisogno di indagare quale scopo è servito da ciascuna specie di cose esistenti, perché presumiamo che Dio abbia creato tutte le parti dell’universo per la Sua volontà; alcuni per il loro bene e alcuni per il bene di altri esseri. . . (Guida per i perplessi, III: 13)…. Considera quanto sono vaste le dimensioni e quanto è grande il numero di questi esseri corporei. Se l’intera terra non costituisse nemmeno la più piccola parte della sfera delle stelle fisse, qual è la relazione della specie umana con tutte queste cose create, e come può qualcuno di noi immaginare che esistano per il suo bene e che sono strumenti a suo vantaggio? (Guida per i perplessi, III: 14)
Rav Kook: Il vegetarianismo è l’ideale della Torà?
Quindi l’uso della carne è in fondo una concessione e ogni essere esiste ed ha senso per se stesso. Vediamo cosa dice Rav Kook nel suo La Visione del vegetarianismo e della pace sul rapporto tra uomini e animali, rapporto che si è deteriorato dopo il diluvio quando fu dato a Noè il permesso di mangiare la carne degli animali (9: 2- 3).
Rav Kook parla della natura paradossale del vegetarianismo ebraico: il cibarsi di carne animale è una concessione che fa il Signore all’uomo, perché è scritto “se avrai desiderio di mangiare carne” (Deuteronomio 12: 20); il motivo per cui l’ebraismo richiede che il sangue dell’animale selvatico macellato debba essere coperto è conseguenza della vergogna che comporta l’aver tolto la vita a un animale. Scrive rav Kook che arriverà il giorno in cui ogni uomo sentirà una naturale repulsione per l’uccisione di un animale e sentirà una grande gentilezza verso gli animali. Questo però non deve essere espresso a spese della gentilezza da usare nei confronti degli esseri umani: l’arena umana deve rimanere il nostro focus primario. Il giorno in cui il genere umano sentirà avversione morale nel versare il sangue di un animale, il mondo si evolverà verso una diversa sensibilità. Tuttavia rav Kook era molto cauto nel riversare la gentilezza verso il mondo animale a scapito di quello umano: egli era sostanzialmente vegetariano, ma si dice che di sabato mangiasse una sottile fettina di carne per simbolizzare che comunque bisognava avere coscienza che non siamo ancora arrivati al livello del vegetarianismo in uso nel Giardino dell’Eden: non bisogna illudersi di avere raggiunto già quel livello morale!
A chi gli chiedeva come avrebbe risolto il problema dei sacrifici così come sono scritti nella Torà, rispondeva che nei tempi messianici le offerte sarebbero state di farina secondo quanto scrive il profeta (Malakhì 3: 4): “L’offerta di farina di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei tempi passati e negli anni antichi”.
In conclusione: il rispetto della natura è parte della missione dell’uomo, perché non tutto è stato creato per essere al servizio dell’uomo. La priorità rimane il rispetto della santità della vita umana, ma di fronte all’orgoglio dell’uomo i Maestri hanno detto che “L’uomo non si deve inorgoglire troppo perché una zanzara è stata creata prima di lui. (……)
Scialom Bahbout
Elie Munk
Elie Munk (1900–1981), fu un rabbino e studioso francese Francese capo della comunità più osservante di Parigi, discendente di una famiglia di rabbini di origine tedesca. Ha scritto diversi libri e tra questi il suo commento alla Torà in cinque libri (La voix de la Torah, tradotto anche in inglese) e una traduzione in francese di Rashi con commenti sul Pentateuco. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo, tradotto parzialmente in italiano, Il Mondo delle preghiere (edito dal DAC – Ucei in italiano).